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Crescere in un mondo d'amore

Silvio Muccino presenta la sua seconda opera come regista.
di Edoardo Becattini

Isabella Ragonese, Silvio Muccino e Maya Sansa al photocall del film Un altro mondo.
Silvio Muccino (42 anni) 14 aprile 1982, Roma (Italia) - Ariete. Regista del film Un altro mondo.

lunedì 20 dicembre 2010 - Incontri

Maturità professionale e ambizioni in crescita per Muccino "il giovane". Alla sua seconda opera come regista, il giovane attore continua a parlare d'amore ma allarga il senso della definizione, cercando di abbracciare un mondo "altro" che unisca romanzo di formazione e impegno civile, critica al giovanilismo effimero e manifesto per un'etica umanitaria. Un altro mondo è quello che cerca Andrea, neo-ventottenne che vive ovattato in un mondo fatto di lusso, festini e assegni in bianco, dal quale comincerà a emergere solo in seguito ad un viaggio in Kenya alla ricerca di un padre scomparso e di un fratello ignoto.
A parlare in conferenza stampa, oltre al giovane autore pariolino, anche i co-protagonisti Isabella Ragonese, Maya Sansa, Flavio Parenti e Michael Rainey Jr., la scrittrice Carla Vangelista (già sceneggiatrice di Parlami d'amore) e il dottor Gianfranco Morino, chirurgo che da anni lavora in Africa per realizzare un ospedale a Nairobi.

Come definiresti questa opera seconda?
Silvio Muccino: Ogni volta che me lo chiedono lo definisco come una specie di About a Boy ai tempi di Obama. La verità è che questo film è una fotografia della nostra società attuale che mette in campo tanto l'Italia quanto il Kenya, che proprio di Obama è il paese di origine. Un altro mondo è la storia di un rapporto fra un ragazzo italiano e un bambino di colore kenyota. Una storia che nasce dal romanzo di Carla Vangelista, che devo davvero ringraziare per avermi permesso di esplorare e di raccontare l'Africa, ma anche di interpretare un ruolo che non di frequente mi capita di poter leggere su una sceneggiatura. Personalmente, non mi sento né un regista né un attore. Mi sento solo una persona profondamente innamorata del cinema e delle storie che solo il cinema sa raccontare. Si tratta del mio secondo film ma non penso ci siano grandi rapporti con il primo, Parlami d'amore, così come non voglio che i miei prossimi film riutilizzino questa formula: sono continuamente alla ricerca di storie che mi diano nuovi stimoli.

Sono passati tre anni dal tuo primo film.
S.M.: Tre anni sono un tempo lungo ma non poi così tanto. Ci metto molto amore nel mio mestiere e mi ritengo davvero molto fortunato. Per come sono fatto, non riesco a entrare e uscire dai progetti, li seguo li faccio miei dall'inizio alla fine. Il tempo deriva anche dal fatto che sicuramente sento la responsabilità e l'esigenza di volermi trasformare, di volermi meritare una credibilità professionale che non passi solo attraverso fortunati exploit di incassi, ma anche attraverso determinate scelte artistiche. C'era in effetti il rischio di deragliare. Il mio personaggio è molto diverso da me, forse il più diverso di tutti i personaggi che ho interpretato finora. Sapevo inoltre di dover dirigere un bambino e la cosa poteva rivelarsi complessa. Invece questo film mi ha insegnato che recitare con un bambino significa lasciare aperta la porta dell'improvvisazione. Rispetto a Parlami d'amore ho cercato di lasciare entrare maggiormente la vita, stimolare una reazione vera e lasciare che la scena partisse da sé. Il che mi ha portato in più occasioni a sentirmi più spalla che protagonista degli altri attori. È stata davvero una grande esperienza.

Quali sono le differenze con la tua opera prima?
S.M.: Mi interessa raccontare il processo di crescita. Sia in Parlami d'amore che in Un altro mondo parlo di persone che crescono, della paura di crescere, delle difficoltà del crescere, e di tutte quelle persone che ci aiutano a farlo. Parlare di "esistenzialismo" lo fa sembrare molto importante ma in sostanza è solo un processo di formazione, in cui peraltro inserisco principalmente riferimenti molto pop. Oltre ad About a Boy, posso citare infatti anche Gente comune o Magnolia: film che non si vergognano di parlare di emozioni e di quel particolare passaggio da un passato a un futuro che rappresenta ogni crescita.

Oltre che di crescita, nel film si parla anche di integrazione.
S.M.: Non credo di dire qualcosa di scioccante se affermo che l'Italia è un paese in cui l'integrazione non è avvenuta. È molto importante in un periodo in cui esistono delle forze politiche che tendono a rimandare indietro i flussi migratori che in Italia si parli di accettazione. Parlo di accettazione ancor prima che di integrazione perché ritengo che Un altro mondo racconti proprio questo: l'accettazione di tutto ciò che ci fa paura guardare. Charlie è una figura che mostra e rivela i limiti e le fragilità di tutti: è colui che sbatte in faccia ad Andrea e a Livia il fatto di esser stati privati della loro infanzia e che li obbliga a fare i conti con i traumi del loro passato.

È più difficile lavorare con un attore bambino?
S.M.: Michael è un talento, è un bambino che ha una facilità di espressione meravigliosa, anche senza il bisogno di esprimerla con la parola. È capitato che eravamo alla disperata ricerca di Charlie e lo abbiamo visto in un video di Tiziano Ferro, con un sorriso e due occhi che illuminavano tutta New York. Durante il suo provino gli abbiamo solo chiesto di memorizzare il suono delle parole che doveva ripetere e il senso che usciva da quella strana cantilena recitata a memoria ci ha stregato. Michael Rainey è uno di quei prodigi come Dakota Fanning, quelli che ti capitano once in a lifetime.

Come vivi questa competizione natalizia?
S.M.: In realtà mai avrei immaginato un'uscita natalizia. Per certi versi lo sento un film molto coraggioso e impegnato e mi pareva assurdo vederlo accanto all'ilarità dei cinepanettoni. Secondo i distributori si trattava invece di un vero film natalizio, non nel senso di un film che percorre una filone di successi comici e commerciali, ma di una tradizione "natalizia" alla Frank Capra, come La vita è meravigliosa. Il più bel complimento è stato sentirli dire che fosse un film di qualità capace di scaldare il cuore di chi lo guarda. Diciamo così che rientra in un altro tipo di Natale, ma la cosa non mi mette affatto a disagio.

Quali sono le differenze rispetto al suo libro?
Carla Vangelista: Scrivere un libro ti lascia grande libertà d'azione e ti permette di dare ai personaggi femminili quella grande forza che spesso il cinema "maschile" non gli permette di avere. In una storia come questa i personaggi di Livia e Cristina sono fondamentali al percorso di Andrea e penso sarebbero rimaste le stesse anche se fosse nata prima la sceneggiatura. Raccontare l'evoluzione di un personaggio maschile non significa relegare le figure femminili a ruoli deboli e unidimensionali. Rispetto al libro abbiamo deciso di togliere attenzione a Tommaso e dare più importanza al rapporto fra Charlie e Andrea. L'adattamento è frutto di un processo davvero molto lungo, più di un anno e mezzo, durante il quale non ci sono stati comunque spargimenti di sangue e abbiamo litigato solo qualche volta.

La parola agli altri attori.
Isabella Ragonese: Per me era una grande occasione interpretare un personaggio come Livia perché è molto diversa dagli altri personaggi che ho fatto finora, ha tutta un'altra energia. Il discorso per me non riguarda essere più o meno protagonista di un film, ma poter segnare il percorso del mio personaggio. Livia viene presentata con un'energia molto negativa: è sempre tesa, sempre contrariata, ma poi trova una bellissima apertura. Certo, anche in questo caso sono "la fidanzata di", ma trovare una figura femminile così ben scritta e con un tale spessore è sempre divertente e soprattutto è un occasione da cogliere al volo.
Maya Sansa: Anche il mio è un bellissimo ruolo. Non ne conosciamo il percorso, non ne apprendiamo l'evoluzione, ma sappiamo che Sara è una donna che ha già capito molte cose, che ha preso una posizione netta nella vita e ha così deciso di andare a lavorare in Africa. Prima ancora di conoscere il personaggio, Silvio mi ha proposto di partire in Africa con lui e di fargli scoprire il Kenya, scoprire Nairobi, di diventare per lui il personaggio che gli fa conoscere le bidonville e che gli apre un nuovo percorso, imponendogli di assumersi una responsabilità enorme con grande ironia e leggerezza.
Flavio Parenti: Con Silvio c'è un grande rapporto di collaborazione, una fiducia tale che mi ha portato a catapultarmi in una dimensione lontanissima da me. A me piace molto trasformarmi e questa è stata un'occasione d'oro. Non mi importa se il personaggio di Tommaso nel romanzo aveva più spazio, anzi più un personaggio viene smussato e più un attore ha l'occasione di potergli dare un'impronta digitale forte.
Michael Rainey Jr.: Ho portato indietro un sacco di amore, un sacco di cose. Cose che non avevo mai visto prima, cose davvero bellissime: leoni, facoceri, giraffe.

Il lato umanitario de Un altro mondo
Silvio Muccino: L'incontro con il dottor Morino mi ha cambiato più del viaggio in sé. Ero preparato a vedere un certo tipo di miseria, di povertà, di durezza e di violenza, ma non ero assolutamente preparato a vedere uomini in giacca e cravatta e donne in tailleur entrare e uscire con quella dignità da una bidonville. In quel momento ho capito che dovevo cambiare tutto quello che avevo immaginato. Non è un aspetto meramente registico: è come se mi fossi risvegliato. Nella mia vita non sono mai stato particolarmente sensibile alla beneficenza ma una volta che entri in contatto con quella realtà non puoi più voltare la testa. Abbiamo deciso così assieme a Carla di restituire all'Africa quello che ci aveva dato. Una domenica ci siamo dati un appuntamento con Gianfranco Morino ai bordi dello slum dove sta cercando di far sorgere una struttura ospedaliera completamente gratuita per i suoi pazienti e abbiamo deciso di dargli una mano a portarla a termine.
Carla Vangelista: Gianfranco si sta occupando anche della formazione del personale medico, seguendo il principio sacrosanto che l'Africa ha molto bisogno di carità ma di autonomia. Da questi intenti è nato il libro per bambini dedicato alla figura di Fish N'Chips che è lo sviluppo del pupazzo che Charlie si porta dietro per tutto il film. È la storia di un piccolo dinosauro e per me rappresenta la mia prima (e sofferta) incursione nella letteratura per bambini. È stato molto difficile ma è importante che tutti i proventi vengano devoluti all'associazione del dottor Morino, "Amici del Mondo-World Friends".
Gianfranco Morino: Ringrazio moltissimo Carla e Silvio. In questi tempi freddi e bui di ideali, questo film riscalda davvero il cuore. Quando l'ho visto, mi è tornato alla mente un detto della popolazione sudafricana cui appartiene anche Nelson Mandela: "una persona è una persona solo attraverso le altre persone". Il concetto di comunità è stato perduto in Africa, soprattutto nelle persone che vivono nelle baraccopoli. La "World Friends" è un'associazione nata in Africa, in luoghi dove i bambini vivono fra cartoni, lamiere e rifiuti. Colgo l'occasione per informarvi che fino a domenica 26 dicembre potete contribuire con una donazione di 1 euro attraverso un sms al 45593.

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