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Mangia Prega Ama: tre comandamenti per una nuova vita

Julia Roberts e Javier Bardem tornano nella capitale del "mangia".
di Edoardo Becattini

Corpo e spirito
Julia Roberts (Julie Fiona Roberts) (56 anni) 28 ottobre 1967, Smyrna (Georgia - USA) - Scorpione. Interpreta Elizabeth Gilbert nel film di Ryan Murphy Mangia Prega Ama.

venerdì 17 settembre 2010 - Incontri

Corpo e spirito
Dimenticate le quarantenni tutte edonismo e gioia di vivere di Sex & The City. Alle nuove scrittrici newyorkesi di successo non bastano le avventure con giovani attori off Broadway e una sessione di chiacchiere a colazione per superare una crisi esistenziale. La nuova terapia prevede invece un viaggio intorno al mondo alla riscoperta di se stessi e del piacere legato ai bisogni primari del corpo, dello spirito e del cuore. Mangia Prega Ama sono i tre comandamenti che si è imposta la scrittrice americana Elizabeth Gilbert per trovare la propria identità smarrita in seguito a una crisi di matrimonio. Attraverso il cibo italiano, la spiritualità induista e un amore inatteso a Bali, Gilbert ha trovato non solo se stessa ma anche un grande successo letterario che è poi diventato un film con Julia Roberts, Javier Bardem e Richard Jenkins. I tre protagonisti più il regista Ryan Murphy (Correndo con le forbici in mano, più vari episodi delle serie Glee e Nip/Tuck) sono tornati su uno dei luoghi del "delitto" per presentare la loro visione un po' d'antan dell'italianità, dell'induismo e della società indonesiana al pubblico romano. Il quale, fra corsi di espressioni gestuali e filosofia del "dolce far niente", ne esce davvero come il popolo del "magna".

Terza volta a Roma in cinque anni. Qual è il rapporto con la città?
Julia Roberts: Dopo le riprese di Ocean's Twelve e Duplicity, ormai per me questa città non conserva più il mistero e le curiosità di quando mi ci sono addentrata la prima volta. Tuttavia, in questo film assume un ruolo particolare, diventando il luogo del piacere e della riscoperta dei sapori del percorso di Liz Gilbert. D'altronde il vostro cibo squisito è senza dubbio uno dei protagonisti del film e, anche se non ho preso così tanti chili da potermi definire "cinematograficamente" grassa, ero molto sollevata all'idea che in India avremmo indossato abiti e tuniche larghe. Non posso dire però di conoscere altrettanto bene Napoli, dove abbiamo effettuato il viaggio più veloce della storia: siamo arrivati, mi sono mangiata circa sette pizze e poi siamo ripartiti.

Cosa ha visto nel libro di Elizabeth Gilbert?
Julia Roberts: Lo lessi subito, appena uscito e lo trovai una fantastica lettura fantastica. Leggendolo si impara davvero ad apprezzare gli aspetti umani di questa donna, l'accettazione delle proprie frustrazioni e il coraggio di una scelta radicale che la porta a imbarcarsi in un viaggio di un anno da sola. Il mio coinvolgimento nel film è dovuto a queste emozioni, a una bellissima sceneggiatura all'idea che avremmo girato nei veri luoghi del racconto. È una scelta sempre più rara a Hollywood, ma era assolutamente fondamentale per descrivere realisticamente tutte le emozioni del percorso della protagonista.

Si è immedesimata completamente nella vita della protagonista?
Julia Roberts: Non posso dire di aver vissuto una crisi simile a quella di Liz Gilbert. Ho la fortuna di fare un mestiere che ti permette di essere sempre qualcun altro, di interpretare varie persone e differenti stati d'animo, quindi è davvero difficile stancarsi e perdere passione per questo. Tuttavia ci sono delle tappe nella vita in cui tutti arriviamo a un punto cieco e a porci delle domande esistenziali. Come la fine del percorso di studi, o il momento in cui si compiono trent'anni. Sono momenti in cui viene spontaneo tirare un bilancio, cercare di capire un po' se stessi e intraprendere una sfida esistenziale.
Posso dire però che anche la mia vita si costruita di grandi incontri. Oltre agli incontri personali, ho vissuto di grandi amicizie professionali. Senza dubbio fra queste c'è Garry Marshall, con il quale ormai si è creato un grande rapporto d'affetto. Poi c'è Steven Soderbergh, un grande talento, una persona dotata di una straordinaria sensibilità artistica. Poi senza dubbio direi anche Mike Nichols, uno dei più grandi registi viventi.

A Hollywood esiste davvero una crisi dei quarant'anni?
Julia Roberts: Si dice che dopo i quarant'anni gli studios non ti permettano più di lavorare. La verità è che le più grandi attrici hanno tutte più di quarant'anni come Annette Bening, Meryl Streep o Frances McDormand. Al contrario, è piuttosto difficile vedere una ventenne proporre l'interpretazione della vita a una così giovane età. Per questo non mi preoccupo troppo dell'età, continuo a girare film e non mi piego a questo trucchetto maschilista.

Cosa ti ha attirato di questo personaggio?
Javier Bardem: Ho adorato da subito il fatto che sia costruito su una persona reale, un uomo che ha vissuto delle difficoltà e che ha cercato di superare i suoi fantasmi con una nuova vita e un nuovo lavoro. Mi piace molto il fatto che sia un uomo con un lato comico e uno drammatico, è ciò che lo rende vivo, una persona reale, che è per me un aspetto che va al di là dei confini di genere e della commedia. Non è poi un personaggio così diverso da quelli che interpreto di solito e non è la prima commedia che giro. Certo, in il mio personaggio in Vicky Cristina Barcelona era come un bambino bisognoso di affetto, mentre Felipe è un uomo in crisi che ha bisogno di tornare a credere nelle persone. Ha una particolare profondità, e se mi hanno dato questa parte è perché non volevano un attore frivolo sicuramente ma qualcuno che mettesse della personalità in quello che c'era nella sceneggiatura.

Com'è stato lavorare con Julia Roberts?
Javier Bardem: L'idea di lavorare con lei mi rendeva un po' nervoso inizialmente. Mi sentivo come un ragazzino appena arrivato in una nuova città. Tuttavia già dal primo incontro ho trovato una persona molto aperta, molto solare, con cui è stato facile entrare in contatto. Julia mi ha permesso di rendere la recitazione con lei un ballo ed è stato bello lasciarsi andare da subito.

Da attore europeo, non trovi che la visione americana sia vittima di qualche stereotipo?
Javier Bardem: Dobbiamo ricordare che la matrice originaria è un libro che ha l'aspetto di un diario e che è quindi totalmente costruito su di un punto di vista. Lo sguardo su Roma e l'Italia è quello di una turista americana che va all'estero e che va volontariamente alla ricerca degli aspetti più turistici di una città. Bisogna poi ricordare che il film è una commedia e che non ha velleità storiche e sociali. Ogni caricatura ha alla base una componente di verità e la visione degli europei che hanno gli americani mostra comunque un grande rispetto e forse anche con una punta di invidia per la grandezza della storia e della tradizione europea.

Come è stata la sua esperienza sul set indiano?
Richard Jenkins: Quando si gira un film si diventa una piccola famiglia, si mangia tutti assieme, si condividono molte esperienze. Ciò è vero in modo particolare per un film dalla lunga e complessa lavorazione come questo. Ero già stato in India prima di girare il film. Era il 1981 e devo dire che molte cose sono cambiate da quella volta. Per una persona che vive negli Stati Uniti e che è abituata ai grandi spazi di una nazione isolata e circondata dall'acqua, arrivare in un paese dove invece gli spazi appaiono molto stretti e dove migliaia di persone vivono a strettissimo e continuo contatto mi ha profondamente colpito. Mi ha fatto pensare che noi americani abbiamo una concezione del mondo e di ciò che "globale" molto accentrata su noi stessi.

Quali sono le differenze principali fra girare un film indipendente e uno ad alto budget?
Richard Jenkins: A parte il budget? Il budget! Davvero, penso che la più grande differenza sia relativa esclusivamente ai soldi investiti. A volte ho fatto film indipendenti che sembravano grandi produzioni e a volte ho fatto produzioni hollywoodiane dal carattere molto indie. Dipende dalle occasioni e soprattutto dal regista con cui lavori. Da molto tempo ormai, nel cinema americano questa linea è sempre molto meno nitida di quanto si possa credere.

La candidatura all'Oscar ha cambiato la sua carriera?
Richard Jenkins: Sicuramente la candidatura per L'ospite inatteso ha apportato dei cambiamenti nella mia vita. Ma è anche vero che a 63 anni non basta certo un Oscar per ringiovanire all'improvviso. L'ospite inatteso è stato un grande regalo, ma mi considero sempre un caratterista più che un protagonista e amo ogni singolo momento della mia carriera cominciata più di quarant'anni fa a teatro. La cosa divertente a proposito dell'Oscar è che Sean Penn, quando ha saputo della candidatura, mi ha detto: "Ok, Richard, adesso hai due settimane di tempo per fare i soldi!"

Cosa rappresenta per lei il libro di Elizabeth Gilbert?
Ryan Murphy: Il libro rappresenta per me un'esperienza molto particolare. Quando l'ho letto venivo da un periodo molto difficile e da una crisi simile a quella vissuta da Liz Gilbert. Leggere quindi e poi filmare questa storia ha significato qualcosa di davvero importante, una sorta di terapia personale. Siamo stati molto vicini alla fonte letteraria in fase di sceneggiatura dal momento che sapevamo di confrontarci con una storia molto popolare, amata da tutti. Per le varie parti della storia, abbiamo voluto elaborare uno stile differente, tanto nella composizione che nei colori, per rendere al meglio il passare delle stagioni e l'evoluzione del percorso emotivo di Liz.

Che ruolo ha la capitale italiana nel film?
Ryan Murphy: Abbiamo voluto raccontare Roma soprattutto secondo la prospettiva dell'autrice del romanzo. D'altronde, io non ero mai stato né a Roma, né in India né a Bali prima di girare questo film e quindi ho cercato di rimanere il più vicino possibile al testo, inserendo delle aggiunte personali laddove ho pensato che uno sguardo inedito potesse apportare qualcosa di più fresco. Fra i tre luoghi del percorso di rinnovamento spirituale, Roma rappresenta un po' l'aspetto bello e triste della vita, la gioia di vivere e la malinconia del passato. L'Italia ha un grande stile. Arrivare qui mi ha permesso di avere a che fare con persone molto liberali, molto permissive, aperte ad ogni tipo di discussione. Siamo stati accolti davvero bene qui, forse perfino troppo, se consideriamo la presenza dei paparazzi...

Come ha lavorato con un'attrice come Julia Roberts?
Ryan Murphy: Ci ha fatto incontrare il nostro agente quando ha scoperto che eravamo entrambi fan del libro. Julia è davvero formidabile ed è nata da subito una grande sintonia. Nella sua carriera, ha girato 35 film, mentre per me questo era solo il secondo. Ho cercato perciò di attingere dalla sua esperienza con i set: mi è stata vicino sia nella composizione delle inquadrature che nella scelta del casting, tanto che la si potrebbe definire la mio co-regista...

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