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Wim è sempre Wenders

Il regista forse ha voluto, attraverso questa storia, questo singolo micromondo, dirci che è bene astenersi dal macromondo. Al cinema.
di Pino Farinotti

Kôji Yakusho (KôJi Hashimoto) (68 anni) 1 gennaio 1956, Isahaya (Giappone) - Capricorno. Interpreta Hirayama nel film di Wim Wenders Perfect Days.
domenica 14 gennaio 2024 - Focus

Hyrayama è un giapponese sessantenne che indossa una tuta con scritto The Tokyo Toilet. Il suo lavoro è pulire i bagni. Il film racconta la sua giornata. Ma per quale ragione Wim Wenders, nel suo film Perfect days, dedica la sua attenzione e il suo talento a uno così?

Riferimento. Pablo Picasso, quando gli chiedevano il senso delle sue ultime opere, così essenziali e semplici diceva. “Sono stato figurativo, espressionista, con le Demoiselles de Avignon ho inventato il cubismo. Ho dipinto Guernica e per anni ho ricercato nel concettuale. Adesso, da vecchio, dopo aver fatto tutto questo, ho capito che dovevo tornare al principio, all’essenza, a pochi tratti. Lo so, sembrano i disegni di un bambino".

Credo che Wenders abbia raggiunto quello stadio. E conosciamo la sua storia. A volte mi lascio andare agli assoluti, e non si dovrebbe, ma ritengo Wim Wenders uno degli artisti maggiori del cinema, da podio: e sul podio ci stanno in tre. E forse la sua è proprio la medaglia d’oro. E conosciamo il suo statu di artista generale: lauree ad honorem in letteratura, architettura, e altro. Può non essere così improprio omologare il suo percorso, in certi sensi, a Picasso.
Vale la sua giovanile trilogia della strada, Alice nelle città (1973), Falso movimento (1974), Nel corso del tempo (1975). Dove offre una prima indicazione, mantra dellasua poetica: la storia della fatica su un film è la storia della fatica della vita. Il linguaggio, i movimenti della macchina sono anche il viaggio dell’umano il cui compito e il cui destino è sempre in divenire, mai prevedibile e quasi mai amico.
 

Scelgo alcuni titoli fondamentali, pochi purtroppo, per ragioni di spazio. Il cielo sopra Berlino (1987). La città è ancora divisa dal muro. Un angelo vive un amore terreno e decide di diventare umano. Attraverso quell’incantesimo Wenders detta la sua etica e la sua visione della vita. In Lisbon Story (1994) il regista, riprendendo quella città non rinuncia ai suoi discorsi sul senso della vita, sempre tradotto dalla storia di un film nel film, come ama spesso fare. A suggello di questo concetto, Wenders omaggia maestri come Oliveira e FelliniPina (2011) è la fusione incantata della cultura di Wenders con quella di Pina Bausch.
 


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L’arte della Bausch non è raccontabile, nessuna parola, nessuna descrizione sarebbe adeguata. Il suo ballo è pittura, è teatro, è movimento armonico e isterico, che si esprime e poi esplode. Ma la traduzione dei sentimenti di quelle dinamiche è solo sua. E Wim, è l’unico che possa decifrala. Pina evoca la musica, un altro mantra di Wenders. Fa parte della sua anima e del suo cuore. Ecco la musica cubana di Buena vista social club (1999), i Madredeus di Lisbon Story.

E poi: The Soul of a Man (2003) dove l’artista racconta tre dei suoi musicisti preferiti, Blind Willie Johnson, Skip James, J. B. Lenoir. E in Perfect Days la musica non è solo colonna sonora è attrice protagonista. Per cominciare il titolo. Durante lo scorrere dei titoli di testa Lou Reed canta, guarda
caso, Perfect day canzone del 1972. La musica americana degli anni sessanta e settanta accompagna la giornata del pulitore Hyrayama, che possiede una serie di cassette che custodisce come un tesoro.

La vita dell’uomo è una serie di riti. Si sveglia e sistema la camera. Esce e guarda il cielo sorridendo. Prende un caffè a un distributore. Comincia il lavoro. Pulisce il water, il bidè, gli infissi, i rubinetti, il pavimento. Ci mette precisione e diligenza, e passione, è un vero poeta della pulizia.
 


Innaffia le piante abbandonate, mangia un panino a una tavola calda. E poi la fotografia. Possiede una vecchia macchina con pellicole, fotografa le chiome degli alberi. Aiuta un giovane collega che non ha soldi per uscire con la fidanzata. Scambia sguardi con una ragazza seduta su una panchina non lontana. La titolare di un ristorante lo tratta meglio degli altri avventori. È lei a cantare una canzone che ha un senso: House of the rising soon del 1964 dei The Animals. Un vero classico di quell’epoca. Lo canta in giapponese. Gioca una partita a tris su un foglietto, con uno sconosciuto. E poi viaggiando sul furgone ecco le cassette tanato amate, che contengono Patti Smith, Van Morrison, Otis Redding, Nina Simone. Si scopre poi che a casa legge Faulkner e una certa Aya Koda, colpevolmente sconosciuta. Il tutto nello scenario di una città ultraperfetta, nel traffico, nei palazzi, nell’ordine. Vista dall’alto, da 400 metri della strepitosa Tokyo Tower, una Eiffel scippata da Parigi.

E Hyrayama, non parla mai. E poi la notte. E lì, come nella musica, Wenders offre la sua attitudine di artista muovendo la cinepresa secondo Wim. L’uomo nottetempo ripassa nel sogno la sua giornata. Immagini oniriche di sortilegio e poesia, a fuoco e non a fuoco. Wenders, in un contesto estetico tanto semplice, finalmente si diverte. La voce di Hyrayama la sentiamo quando rientrando a casa si trova davanti un’adolescente, Niko, sua nipote. Stenta a riconoscerla perché non la vede da anni. La ospita e nasce un rapporto, nascono parole. Il pulitore parla del suo mondo così diverso, staccato da quello degli altri. Arriva la sorella a recuperare Niko. La donna è accompagnata dall’autista. Famiglia facoltosa dunque. Dalla quale Hyrayama si è sottratto. Affacciato sul Sumida, il fiume che attraversa Tokyo, viene avvicinato da un uomo malato terminale che gli racconta la sua storia. Hyrayama cerca di aiutarlo,
con le parole (!) e poi facendolo giocare con le loro ombre, a schivarle. La fine è un primo piano dell’uomo che ti guarda negli occhi. Passano serenità, coscienza, un po’ di tristezza, e ancora speranza e complicità con te. La sequenza è piuttosto lunga. Non facile da gestire. Ma K?ji Yakusho, l’attore, lo sa fare, tanto da meritarsi il riconoscimento come migliore attore al Festival di Cannes.

Dunque, serve un significato trasmesso da Wenders? Forse ha voluto, attraverso questa storia, questo singolo micromondo, dirci che è bene astenersi dal macromondo, dal globo, con tutto ciò che vi succede in questa epoca. Sappiamo. Trattasi di Wim Wenders. È bene seguirlo.


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