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The Store, il canto del cigno di una società (quella scandinava) in rapida e costante involuzione

Un po' alla Ken Loach, un po' alla Dardenne, e perché no, anche con una punta di Kaurismaki, l'astro nascente svedese Ami-Ro Sköld si addentra con coraggio nei meandri del cinema sociale per mostrarci con notevole eclettismo stilistico l'altro volto del turbo capitalismo nordeuropeo. Dal 31 agosto al cinema.
di Archimede Favini

lunedì 28 agosto 2023 - Focus

Nuovo lungometraggio dell'astro nascente del cinema svedese Ami-Ro Sköld, The Store si presenta come un complesso dramma dall'anima genuinamente umanista, che riesce a unire in maniera composita e originale live action e stop motion e che riflette in maniera politica e sociale sulla Svezia di oggi, forse indebitamente considerata modello europeo di welfare e integrazione.

Un po' alla Ken Loach, un po' alla Dardenne, e perché no, anche con una punta di Kaurismäki, Ami-Ro Sköld si addentra con coraggio nei meandri del cinema sociale per mostrarci l'altro volto del turbo capitalismo scandinavo. Si concentra dunque sulle persone, quelle rimaste indietro, tutte quelle piccole individualità che finiscono per essere considerate solo come numeri, come ingranaggi incastrati in una catena di montaggio.

Ami-Ro Sköld non ha paura di avvicinarsi a queste piccole individualità, per mostrarci i mondi che queste persone custodiscono, con tutti I loro dubbi, speranze sogni e difficoltà.
The Store è il canto del cigno di una società in cui il gap tra ricchi e poveri aumenta a dismisura e le apparenze contano molto più dell’effettivo benessere delle persone.

A questo proposito The Store è un film in un certo senso “vero”, animato da personaggi veri, alle prese con problemi reali.

Per quanto la nozione di verità sia da sempre un territorio sdrucciolevole, almeno sul piano filosofico, non possiamo però non apprezzare il tentativo di Ami-Ro Sköld di raccontare la sua propria verità. Tutto ciò viene fatto in maniera asciutta, sapiente e consapevole, senza mistificazioni o manierismi registici, dando vita a un’opera che sa bilanciare squisitamente forma e contenuto.

Sul piano attoriale poi, va fatto un plauso per le interessantissime interpretazioni a partire da un cast interamente svedese e forse del tutto inedito per il pubblico italiano; eccezion fatta per Isabelle Grill, che abbiamo avuto modo di vedere e apprezzare in Midsommar - Il villaggio dei dannati (guarda la video recensione), del pluripremiato Ari Aster.

Originale e pregevoli anche le sequenze in stop motion, che sembrano mischiare l’anima dark di Tim Burton (Frankenweenie, La sposa cadavere) con la missione coloristica del Wes Anderson animatore (Fantastic mr Fox, L'Isola dei cani). Queste sezioni sanno essere infatti allo stesso tempo farsesche, grazie soprattutto alla palette di colori e lo stile un po’ po’ fuori dalle righe con cui sono realizzati i pupazzetti, ma anche crude, per la gravità del materiale narrato e per le rughe e le cicatrici scavate sui volti dei personaggi.


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