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TIFF, un'edizione che eleva ancora più in alto il profilo del festival

A Tokyo anche tre titoli italiani, storicamente amati dal pubblico del grande evento. 
di Tommaso Tocci

lunedì 4 ottobre 2021 - Festival

Dopo le Olimpiadi, la capitale giapponese continua il processo di ritorno ai grandi eventi che la contraddistinguono con la trentaquattresima edizione del Tokyo International Film Festival, da sempre uno degli appuntamenti cardine sul versante orientale del circuito festivaliero. Dopo l’edizione ridotta del 2020, dal 30 ottobre all’8 novembre il festival riapre al pubblico e agli ospiti - non completamente e sempre con circospezione - in mezzo a molti cambiamenti, avendo traslocato dalla sede tradizionale di Roppongi per spostarsi nel centralissimo distretto di Ginza, tra i più esclusivi e glamour della capitale. 

Con un nuovo direttore (Shozo Ichiyama, produttore dei film di Jia Zhangke) e un rinnovato impegno sul versante dei diritti sociali (è stata finalmente firmata la carta per la parità di genere, sempre più diffusa sul circuito occidentale ma per la prima volta introdotta nei festival asiatici), l’edizione 2021 si annuncia come un ulteriore step per realizzare l’ambiziosa visione del presidente Hiroyasu Ando, deciso ad elevare ancor più in alto il profilo del festival di Tokyo.
 

Tre saranno i film italiani, che a Tokyo storicamente hanno sempre riscosso un buon successo e che si dividono equamente in tre sezioni. Nel concorso principale ci sarà Californie di Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman, reduce dal debutto alle Giornate degli autori di Venezia. Tra le proiezioni di gala c’è spazio per un nome altisonante come Paolo Sorrentino, che inizierà il lungo viaggio internazionale di È stata la mano di Dio. Nella sezione World Focus si va a inserire poi il cinema ricercato di Michelangelo Frammartino, che con Il buco va a fare a compagnia tra gli altri al vincitore di Locarno Edwin (Vengeance is mine, all others pay cash) e al Leone d’oro 2015 Lorenzo Vigas, visto a Venezia con The box.

Apertura e chiusura saranno entrambi di matrice statunitense, con Clint Eastwood e il suo Cry Macho e Dear Evan Hansen, così come tra le proiezioni di gala si vedranno The French Dispatch di Wes Anderson e il superbo The Power of the Dog di Jane Campion. Il resto, però, è giustamente dedicato all’Asia: in Asian Future si guarda alla nuova generazione abbracciando la diversità e la commistione, che va dallo Sri Lanka di Sanjeewa Pushpakumara (Asu) alla regista taiwanese-americana Fiona Roan (American Girl), passando per l’Iran (World, Northern Hemisphere di Hossein Tehrani e When Pomegranates Howl di Granaz Moussavi, ambientato in Afghanistan).


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