Titolo originale | Happî awâ |
Anno | 2015 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Giappone |
Durata | 317 minuti |
Regia di | Ryûsuke Hamaguchi |
Attori | Demura Hiromi, Yasunobu Tanabe, Rira Kawamura, Hajime Sakasho, Sachie Tanaka Shuhei Shibata, Tsugumi Kugai, Hiroyuki Miura, Yuichiro Ito, Shoko Fukunaga, Hazuki Kikuchi, Maiko Mihara, Ayaka Shibutani, Reina Shiihashi, Yoshio Shin, Ayumu Tonoi, Yoshitaka Zahana. |
Tag | Da vedere 2015 |
MYmonetro | 3,67 su 2 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 15 marzo 2024
La scomparsa di Jun ai bagni termali di Arima scatena una serie di eventi inaspettati nella vita di tre amiche. Il film è stato premiato al Festival di Locarno, In Italia al Box Office Happy Hour ha incassato 966 .
CONSIGLIATO SÌ
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Jun è disoccupata, Sakurako è una casalinga, Akari è divorziata e Fumi sposata. Sono quattro amiche di Kobe che si avvicinano ai quarant'anni. Separatamente affrontano un'età della vita in cui si pongono grandi quesiti sul futuro sentimentale, insieme trovano il modo di condividere gioie e sofferenze. Dopo aver seguito il seminario del guru Ukai, si pongono dubbi sulle proprie esistenze e la scoperta che Jun ha un amante più giovane ed è in procinto di divorziare cambia le dinamiche del gruppo.
La maledizione che accompagna film come Happy Hour è quella di vederli citati sempre in relazione alla lunghezza.
Che evidentemente, nonostante la tendenza al bingewatching e l'esplosione dell'offerta in ambito di audiovisivo, resta un tabù invincibile. I 317 minuti di durata del film di Ryusuke Hamaguchi rimangono il dato più evidente, incontrovertibile e ingombrante, ma - fuor di ogni retorica - anche il meno significativo.
Happy Hour non potrebbe durare un minuto in meno senza alterare il suo incedere inesorabile e la sua capacità avvolgente di tratteggiare, con dovizia di particolari, ogni personaggio ritratto. Potrebbero forse "I Buddenbrook" racchiudere tutto in un centinaio di pagine? Ryusuke Hamaguchi ci invita a compiere uno sforzo, per compartecipare di un affresco che ha bisogno di un tempo dilatato per rappresentare l'evoluzione di emozioni carsiche, come quelle vissute dalle sue protagoniste in risposta a traumi esistenziali. Il tempo necessario, che richiede la consapevolezza di un nuovo amore, o di una infedeltà; il tempo che richiede la presa di coscienza del nostro ruolo nella famiglia, nella società, o nel cosmo. La sceneggiatura, premiata al Festival di Locarno insieme alle quattro interpreti, è costruita come un continuo confronto tra un testimone che si fa narratore di quanto ha assistito, e un altro personaggio che rimane in ascolto.
Il punto di vista è dinamico e danzante, al contrario di una regia che impone la lentezza routinaria del quotidiano, filtrandola attraverso lievi immagini desaturate, o utilizzando una luce abbagliante per entrare nelle case delle protagoniste e agevolare il loro processo introspettivo.
Ma Happy Hour è anche il racconto di un effetto domino, anzi due. Quello che Ukai, un personaggio a metà tra lo straniero di Teorema e il persuasore di Cure scatena tra le quattro amiche, strappando il velo della convenzione sociale. O quello che attraversa la nuova consapevolezza delle donne giapponesi, pronte a uscire da secoli di vessazioni e anacronistiche costrizioni. In questo senso, e con le dovute cautele, persino gli irriverenti accostamenti a Sex and the City che sono stati avanzati ritrovano un loro peculiare perché.
Happy Hour rivela al mondo occidentale il talento unico di Hamaguchi e prepara il terreno alle opere che verranno, meritatamente ricoperte di premi e attenzioni da parte della critica. Ma nello scorrere infinito di Happy Hour, nella sua incessante avanzata, già si cela una capacità unica di studiare la psicologia umana in un'età di doppia transizione: quella del singolo di fronte alla vita e quella dell'umanità smarrita in un'epoca di incertezze e contraddizioni.
Come tutti i film di questo regista che ho visto, vi sono scene molto lunghe e molto parlate che non sono mai noiose, perché vi è moltissima verità
Sulla carta, la storia del film è lineare. Quattro amiche. Una di loro decide di divorziare. Le altre, di riflesso, iniziano a ripensare le loro relazioni matrimoniali. Una storia semplice. Eppure, da questa traccia domestica, Happy Hour si dilata sino a diventare galassia. Ryûsuke Hamaguchi compone un poema minimalista di quasi cinque ore e 20 minuti, per raccontare i baratri che si spalancano nelle [...] Vai alla recensione »