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Clinton, Trump e le star che li sostengono

In un quadro di scarso entusiasmo e tiepida partecipazione, anche gli artisti sono scesi in campo con energia minore.
di Pino Farinotti

domenica 31 luglio 2016 - Focus

Come sempre accade durante le elezioni, politiche o amministrative, irrompono le star a schierarsi a favore di questo o quel candidato. Star può significare cineasta, o uomo di spettacolo o di sport. Poi ci sono coloro che hanno un vasto seguito, scrittori, protagonisti dei media, della finanza eccetera. Stiamo sui primi su quelle star. Completo il lemma e dico "artisti". Ecco, la vicinanza, l'assistenza, la propaganda di un artista presenta due facce: può essere utile, ma può anche essere pericolosa. Occorre che il candidato sappia gestire bene quella possibilità. Le variabili sono molte. Donald Trump e Illary Clinton si contenderanno la Casa bianca. C'è il precedente della prima volta di una donna e ce n'è un altro: i due non hanno convinto del tutto gli elettori e i partiti. I repubblicani si sono divisi per Trump, i democratici si sono affidati alla loro rappresentante, ma con delle remore. Quando il 26 luglio è arrivata l'ufficialità della nomina di Illary, il titolo emblematico delle testate americane, mentre presentavano in prima pagina Illary col marito Bill, era: "Ancora quei due". La percezione è che chi andrà a votare non lo farà a favore del proprio candidato, ma contro l'altro. In questo quadro di ... scarso entusiasmo e tiepida partecipazione, anche le star sono scese in campo con energia minore. Non è più il tempo dei momenti che cambiavano la storia, delle passioni forti. Alludo al dopoguerra, alla presa di coscienza dei diritti civili, al Vietnam, quando i divi del cinema, consapevoli e schierati, marciavano nelle manifestazioni. A prevalere erano quasi sempre i democratici, i principi "liberal", la sinistra americana. In testa ai cortei riconoscevi Marlon Brando e Paul Newman, Jane Fonda e Harry Belafonte. E, dall'"altra parte", gente come John Wayne, Charlton Heston e Louis B. Mayer non sfilavano, ma si rapportavano direttamente con l'amministrazione repubblicana. Certo non manca un certo attivismo anche in questa elezione. Un centinaio di attori di Hollywood ha firmato una petizione contro Donald Trump per denunciare la sua "ideologia dell'odio". Fra i firmatari, Julianne Moore, Patricia Arquette, Woody Harrelson e l'immancabile Jane Fonda. A favore della democratica Clinton si sono espressi anche Barbra Streisand, Leonardo DiCaprio e Steven Spielberg. Ma la sensazione è che lo facessero quasi... in automatico. Per il "muscolare" Donald Trump ecco il repubblicano d'onore Clint Eastwood, costante nella sua adesione, e poi, per analogia ecco i "muscolari" Arnold Schwarzenegger, l'ex campione dei massimi Tyson, e Bruce Willis. E ancora, i premi Oscar Matt Damon e Jon Voight. A novembre si tireranno le somme e i candidati potranno ringraziare le loro star, o... maledirle.

Non è più il tempo dei momenti che cambiavano la storia, delle passioni forti.
Pino Farinotti

1981: campagna elettorale americana, il candidato repubblicano è Ronald Reagan. In un programma televisivo arriva James Stewart, massimo eroe del cinema, padre e marito perfetto nei film di Ford e Capra, e generale della riserva, dunque eroe oltre la fiction. Si pone davanti a Reagan, gli fa il saluto militare e gli dice "Ronald, non sei stato un grande attore, ma sarai un grande presidente." E lo divenne, e fu un grande presidente. Alle elezioni presidenziali americane del 2005, quelle che diedero il secondo mandato a Bush jr., l'avversario era il democratico John Kerry, che non era un antagonista di particolare carisma, altrimenti, favorito dalla devastante amministrazione dell'uscente Bush, probabilmente ce l'avrebbe fatta. Partito favorito, Kerry si vide affiancato da Michael Moore, cineasta in grande evidenza, che aveva ridicolizzato Bush col suo Fahrenheit 9/11, superpremiato in tutto il mondo. Nel film Moore attaccava il presidente con argomenti precisi e documentati, ma con un eccesso di faziosità che gli tornò (soprattutto tornò al candidato) come un boomerang. Per di più Moore, fisicamente poco simpatico, si propose e ripropose con invadenza. Insomma non diede nessuno scampo al povero Kerry. Certo, Bush non vinse solo per Moore, c'erano di mezzo le varie lobbie, che all'ultimo momento ribaltarono il risultato, ma il regista ci mise davvero del suo. Sono alcuni momenti della Storia. E la Storia dovrebbe insegnare. Dunque, candidati, occorre molta attenzione. Basta soffermarsi un momento sul concetto "artista", nelle sue accezioni. "È un artista" può significare qualcosa di nobile e affidabile, una grazia toccata a pochi. Ma può anche significare un originale, inaffidabile che non sai dove andrà a parare. Due facce della stessa medaglia. Occorre valutarle con attenzione.


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