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La politica degli autori: Steven Soderbergh

Il più rappresentativo autore del cinema Usa degli ultimi vent'anni.
di Mauro Gervasini

In foto Steven Soderbergh.
Steven Soderbergh (61 anni) 14 gennaio 1963, Atlanta (Georgia - USA) - Capricorno. Regista del film Dietro i candelabri.

mercoledì 4 dicembre 2013 - Approfondimenti

Wladziu Valentino Liberace è stato un artista, pianista, musicista, intrattenitore, showmen tra i più stupefacenti della storia americana. Era omosessuale ma non poteva dichiararlo, perché la società dello spettacolo non glielo avrebbe perdonato. La sua storia, ispirata al libro dello storico amante Scott Thorson, è alla base del film Dietro i candelabri, sceneggiato da Richard LaGravenese. Soprattutto, diretto da Steven Soderbergh, che nonostante abbia firmato blockbuster come Out of Sight (1998), Erin Brockovich - Forte come la verità (2000) e Ocean's Eleven - Fate il vostro gioco (2001) lo ha dovuto realizzare per la cable tv e non per il grande schermo perché l'argomento è ancora "scabroso". Incredibile. Anche perché dimostra come l'autorialità valga a Hollywood meno di un dollaro bucato (del resto lo stesso Steven Spielberg ha dichiarato di recente di avere fatto fatica a trovare sale che ospitassero Lincoln, considerato troppo "intellettuale"!). Nonostante questo, Soderbergh, classe 1963, è forse il più rappresentativo autore del cinema Usa degli ultimi vent'anni, capace com'è di mimetizzarsi tra i generi commerciali e le velleità d'autore con risultati a volte discutibili ma spesso apprezzati da critica e pubblico.

Il Nostro viene miracolato nel 1989 dalla Palma d'oro per Sesso, bugie e videotape voluta dal presidente di giuria Wim Wenders. Titolo profetico di un'era cinematografica autoreferenziale, della quale Soderbergh si pone sin da questo suo esordio come orgoglioso alfiere. Forse per ragioni alimentari, dopo un paio di sonori insuccessi (Torbide ossessioni, 1996, e l'inguardabile Schizopolis, 1997), accetta di dirigere Out of Sight da un romanzo di Elmore Leonard, con George Clooney e Jennifer Lopez, privilegiando il registro del "giallo rosa" rispetto a quello noir più consono allo scrittore. Di un anno prima Jackie Brown di Quentin Tarantino, sempre ispirato a Leonard ma con ben altra sapienza. La produzione rende ancora più impietoso il paragone facendo interpretare il personaggio di Ray Nicolette, presente in entrambe le storie, dallo stesso attore, Michael Keaton. Il primo colpo d'ala arriva con un altro noir, questa volta di nome e di fatto: L'inglese - The Limey (1999) dove l'autoreferenzialità cinefila si rivela valore aggiunto. Il protagonista Terence Stamp, infatti, costretto a viaggiare dall'Inghilterra a Los Angeles per vendicare la figlia, arriva non solo da un altro luogo ma da un'altra epoca (gli anni 60) e un altro cinema (lo si rivede giovane in frammenti di Poor Cow di Ken Loach). Il film, come remake sotto mentite spoglie di Get Carter (1971), funziona.

Gli anni Zero coincidono con il successo di Traffic (2000), che vince ben quattro Oscar (regia, montaggio, sceneggiatura e migliore non protagonista Benicio Del Toro) e rappresenta per l'autore (anche direttore della fotografia sotto pseudonimo) uno sforzo creativo notevolissimo. La narrazione stessa trova infatti ragione d'essere nei formati, nei viraggi (ad ogni episodio corrisponde un "colore" diverso), nell'utilizzo di tecniche di ripresa particolari (con e senza otturatore veloce). Ricchissimo visivamente fino a stordire, Traffic mette in rilievo il principale difetto del cinema di Soderbergh: il disequilibrio tra la sua magniloquenza e il racconto. Con Full Frontal (2002), sorta di manifesto in digitale dove si raccolgono tutte le ossessioni dell'autore (soprattutto cinefile), Soderbergh rischia di perdersi come un Mike Figgis qualsiasi, né lo aiuta l'amico Clooney produttore e interprete di Solaris (2002), remake di Tarkovskij. È invece con il dittico su Guevara (Che - Guerriglia, 2008, e Che - L'argentino, 2008) che il regista azzecca la sua opera più compiuta, dove la magniloquenza (per certi versi non lontana da Traffic) è funzionale a un'idea forte. Relativizzare il mito del rivoluzionario per antonomasia attraverso una rappresentazione di volta in volta epica (il cinemascope) e minimale (la camera stylo). Se il dittico di Che è da un punto di vista critico e analitico indubbiamente interessante, il nostro guilty pleasure soderberghiano è più recente e marginale: Knockout - Resa dei conti con Gina Carano, variazione sul tema "Bourne" intelligente e rispettosa dell'action e delle arti marziali.

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