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Storia "poconormale" del cinema: puntata 121

Una rilettura non convenzionale della storia del cinema. Di Pino Farinotti.
di Pino Farinotti

In foto una scena del film Il gattopardo
Burt Lancaster (Burton Stephen Lancaster) Altri nomi: (Hecht-Hill-Lancaster / Lancaster ) 2 novembre 1913, New York City (New York - USA) - 20 Ottobre 1994, Century City (California - USA). Interpreta Don Fabrizio, il principe di Salina nel film di Luchino Visconti Il gattopardo.

venerdì 1 luglio 2011 - Focus

I grandi titoli
Con Il boom Sordi crea un carattere italiano aderente a quel momento. Poi ci mette naturalmente del suo, che è certamente molto. Sul piano popolare Sordi va a occupare molti spazi attraverso altrettanti ruoli. Nel decennio Sessanta Alberto è semplicemente la Storia. Trasmettendo quella sua immagine anche in chiave comica compie un'azione benemerita. Il sorriso esorcizza la vita reale e Alberto diventa un compagno di viaggio opportuno e gradevole. Sta come noi, o magari anche peggio di noi, ma se la cava. In quegli anni Sordi domina. Ogni suo film è un'indicazione. Nella Grande Guerra, di Monicelli, con Gassman riesce persino ad essere transfuga dal suo personaggio furbastro e sempre in difesa con un ultimo, impensabile atto di eroismo. In Tutti a casa di Comencini, è l'ufficiale che l'8 settembre si ritrova solo, con l'alleato di un'ora prima che diventa nemico. Decide di rompere le righe e di tornare a casa. Ma a Napoli, anche questa volta trova lo spunto per reagire, rischiando la vita. È un militare, sa come usare le armi. L'ultima sequenza lo vede sparare con una mitragliatrice, contro i tedeschi che ancora occupano la città. In Mafioso, di Lattuada, è un tecnico siciliano che lavora a Milano, efficiente "come uno del nord", perfettamente integrato. Torna i Sicilia per le vacanze e si ritrova in quella cultura. Certi "uomini d'onore" lo useranno come killer, con un viaggio in America, andata e ritorno in poche ore, giusto il tempo di una partita di caccia. Ma il romano non è soltanto e sempre quel modello, è anche attore e nel Maestro di Vigevano, di Petri, tratto dal bestseller di Mastronardi, entra in un registro diverso: sempre Sordi, ma capace di altri esercizi. L'ultima citazione è forse la più completa e importante: Una vita difficile, di Dino Risi. Alcuni episodi del film sono nel grande libro del cinema italiano, e della vita degli italiani: la cena in casa dei principi proprio al momento dell'annuncio che il re ha perso il referendum; Sordi che cerca di dare, disastrosamente, un esame di ingegneria, oppure ubriaco, a Viareggio, che sputa alle macchine che gli passano vicino; e ancora la scena finale del solenne schiaffo dato al commendatore che finisce in piscina.

Storia
Mentre il cinema racconta e interpreta la Storia, c'è un altro cinema, non semplicemente film ma opera, che prosegue il precorso artistico che ci ha visti protagonisti in precedenza. Le opere del realismo, più volte citate, dei soliti maestri-inventori, De Sica, Rossellini, Visconti, Fellini, si evolvono, cercano altre rappresentazioni ed altre poetiche. Dopo La dolce vita, con tutto ciò che ha rappresentato, Fellini, nel '63 firma un titolo di arte generale che è un unicum nella storia del cinema, 8 e mezzo.

"....Gli episodi reali e quelli della memoria si alternano in una vetrina di caratteri che davvero non si possono dimenticare: il papà nel sogno, l'amico con l'amante giovane, la maga che gli legge nel pensiero la formula "asa nisi masa". Infine ecco il grande girotondo da fiera, con tutti i personaggi che si tengono per mano, che gli girano intorno: tutto continua ed è vitale, ed è inutile drammatizzare sul grande palcoscenico della vita. Otto e mezzo è da molti ritenuto la più alta espressione di Fellini, più ancora della Dolce vita. Qui tutto si compie, tutti i misteri vengono identificati. Il mondo del regista si evolve da (più o meno) reale che era, sale di dimensione per diventare tutto. Tutto incredibilmente nella sua "prima persona", come una sorta di paradiso e inferno efficacissimi, onnicomprensivi: il cinema di Fellini è complice, misterioso e ruffiano, blasfemo e religioso, è puttaniere e crea disagio, è eroico e vigliacco, è uomo e donna, qualunquista, apolitico, periferico, olimpico e provinciale. Ma la soglia di fantasia, magia e sortilegio è altissima, raggiungibile solo da Fellini. Premio Oscar"

. Sontuoso
8 e mezzo è un riferimento sontuoso del cinema universale. Fellini non è il cineasta, ma l'artista italiano più popolare del mondo. C'è un codice per "misurare" un film, per definirne l'essenza e la chimica. Ci sono film che non possono essere che film, hanno quell'identità precisa: non sono derivazioni da altre discipline o da altro spettacolo. 8 e mezzo non è desunto da un libro, da un'idea di racconto, è semplicemente se stesso, un sogno disordinato e non catturabile. Il film si traduce nel grumo di "asa nisi masa" citato sopra. 8 e mezzo: anni Sessanta. Il percorso artistico del cinema vale per un altro regista che si afferma in quel decennio. Michelangelo Antonioni è l'autore dei sentimenti borghesi. Il cinema delle stagioni precedenti aveva altre... precedenze. La ricostruzione morale e materiale. Poco spazio per vizi e incomunicabilità. Roba per altre società. Ma i Sessanta, come detto più volte, sono gli anni dell'evoluzione. Ci sono altre vie da esplorare. In quel senso Antonioni, ferrarese, si ritaglia un suo spazio esclusivo. Il regista non è amato da tutti ma lo è da chi conta, molto, i francesi. In due anni, fra il '60 e il '62 firma tre titoli che formano un unico complesso, L'avventura, La notte e L'eclisse. Il vuoto, l'infelicità, l'inutilità, una certa noia. Il tutto innescato, quasi sempre, da un amore finito. E tutto molto lento. È l'identità di un artista italiano, riconosciuto altrove, che ha dato il meglio in quel decennio.

Eroe
Ma il titolo che forse identifica meglio quelle stagioni, insieme a 8 e mezzo appartiene a un altro eroe, legislatore, maestro massimo. Luchino Visconti, che nel '63 traduce in un film uno dei più importanti romanzi del Novecento. Giovandosi di artisti assoluti, a cominciare dallo scrittore Lampedusa, proseguendo con Suso Cecchi d'Amico (e altri) alla sceneggiatura, Rotunno alle immagini, Rota (e Verdi) alla musica, Tosi ai costumi, compone un'opera di racconto e di pittura che fa parte del cinema del mondo, Il gattopardo. Non è un film-solo-film come 8 e mezzo. È l'insieme che ho detto. Una storia, una grande storia. E non mancavano i semidei, come Lancaster e Delon. Puoi chiacchierare e dibattere, ma nei film i divi ci stanno bene.
Erano gli anni Sessanta. Appunto. Noi eravamo così.

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