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Storia "poconormale"del cinema: la questione razziale (3)

Una rilettura non convenzionale della Storia del cinema.
di Pino Farinotti

Tutto cominciò con Via col vento
Hattie McDaniel (Hattie MacDaniel) 10 giugno 1893, Wichita (Kansas - USA) - 26 Ottobre 1952, Los Angeles (California - USA). Interpreta Mamy nel film di Victor Fleming, George Cukor, Sam Wood Via col vento.

venerdì 5 marzo 2010 - Focus

Tutto cominciò con Via col vento
Nel dicembre del 1939 in Atlanta avveniva l'anteprima mondiale di Via col vento. Un evento per molti versi. Prima di tutto il cinema, si trattava del film dei film: con tanti record a cominciare dall'investimento (3 milioni e mezzo... allora) e poi la successiva messe di Oscar, e poi il tykoon Selznick produttore, i grandi interpreti e il bestseller della Mitchell, e molto altro. Insomma già quella prima notte, Via col vento era una leggende preventiva. Ma soprattutto c'era... Hattie McDaniel. Un nome forse non così popolare, ma lo è il personaggio, la mamie di Rossella. Ma c'è ben altro, la McDaniel fu il primo "Oscar di colore" del cinema. Il significato era altissimo. Nel 1939 gli Stati del sud non si erano ancora convinti del tutto dell'Unione, difendevano la propria cultura. E Atlanta era il simbolo più antico di quella cultura. Scegliendo quella sede Hollywood, molto attenta alla politica e soprattutto al marketing, dava un segnale di grande attenzione e stima intatta verso il Sud che era, di fatto, il protagonista del film. E c'è un altra indicazione forte e struggente: in prima fila sedevano, quasi centenari, gli ultimi reduci sudisti della guerra civile, finita tre quarti di secolo prima. In questo quadro naturalmente tutti quanti, autori, produttori e distributori, e governo, dovevamo muoversi con grande diplomazia e circospezione, così, in tanta enfasi sudista ecco l'idea di dare un Oscar al personaggio di una schiava. Va ricordato che quella guerra, dai significati soprattutto economici veniva "venduta" come guerra di liberazione degli schiavi. Insomma un colpo anche ... alla botte (e non c'entra la dimensione di Hattie), e che colpo. In chiave "razziale" quel film, seppure secondo le regole artistiche, sentimentali e mitologiche dello spettacolo, rappresentò molto. Certo era un manifesto, non una soluzione.

Decisivo
Per la "soluzione" occorreva attendere un altro personaggio, davvero decisivo, Sidney Poitier. Poitier è il primo attore di colore che sia stato protagonista di un film. Era talmente bravo e aveva tale appeal che è stato subito accolto da tutto il pubblico, non solo il "suo". Insomma ti identificavi in lui anche se era più scuro di te. Davvero non è poco. La McDaniel aveva ottenuto un Oscar, ma non da protagonista, era un magnifico "carattere", un personaggio di contorno non competitivo. Ma Sidney ebbe il suo Oscar da protagonista (I gigli del campo, 1963) e irruppe pieno di energia, di talento e di voglia di competizione. E divenne il simbolo di un progressismo che aspettava giusto uno come lui. Luther King era seguito e rispettato, ma Sidney piaceva, era un divo ed era un sogno. Le donne, tutte, impazzivano per lui. E avvenne che ne ne conquistasse una una molto rappresentativa. In un film certo, ma che sarebbe diventato un titolo fondamentale del cinema del mondo, Indovina chi viene a cena. (1967).È opportuno produrre la recensione sul Farinotti.
"... il cinema non aveva mai trattato lo spinoso problema dei matrimoni misti. Le difficoltà erano evidenti. Ci pensò un regista attento ai temi sociali come Kramer, con molta cautela. Per far accogliere un argomento del genere agli americani la produzione pensò di agire con tutta la prudenza possibile, affidandosi a due testimoni al di sopra di tutto, anche dei neri: Katharine Hepburn e Spencer Tracy... Sono genitori molto particolari. Matt e Christina Drayton deridono la figlia di ritorno dalla Hawaii. La ragazza, senza tanti preamboli annuncia che sta per sposare un uomo di colore. Va detto subito che la fascia è molto alta, il padre è proprietario di un giornale, la madre possiede una galleria d'arte, l'ambiente è una stupenda casa che guarda sulla baia di San Francisco. Non solo, il promesso sposo è un medico molto importante, con mille titoli accademici, ed è... Sidney Poitier. Per un operaio di colore in una vicenda ambientata in Alabama... doveva passare qualche anno. Comincia la dialettica genitori-figlia, vengono sviscerati tutti i problemi. I genitori naturalmente sono sconvolti, ma sono civili, umani di vedute molto aperte. Meno disponibili sono papà e mamma di Poitier, diffidenti e loro, quasi razzisti. Alla fine naturalmente tutto si conclude bene. Tutti si sono comportati alla perfezione. La storia era dunque dolcemente manierata ma, come detto, inedita nei film... Il codice è quello della tradizione hollywoodiana del lieto fine. Fra una scena e l'altra ci sono momenti di buona adrenalina, come quando la Hepburn maltratta un'amica gretta e razzista. Ed ecco che la più grande attrice del cinema di sempre mostra tutta la sua bravura e rivela le sue autentiche propensioni liberal. La Hepburn ebbe il suo secondo Oscar. Anche Tracy lo avrebbe avuto, ma morì appena terminato il film. Quando uscì "Indovina" ebbe un successo enorme. E determinò un incremento esponenziale di matrimoni misti. Era stato toccato un tabù, con guanti bianchi, ma un tabù."

Rilettura
È interessante la rilettura di questa recensione scritta negli anni ottanta, perché favorisce prospettive diverse. Il medico impersonato da Poitier avrebbe sedotto (quasi) tutte le ragazze, bianche comprese, appunto. La sua intelligenza, il prestigio, il successo, e poi naturalmente l'umanità ne fanno un eroe, e come tale è... senza pelle.
La frase è "bella forza, uno così me lo sposavo anch'io, ma quale razzismo...". Ma come scrissi molti anni fa il tabù andava toccato con circospezione. Se rifacessero "Indovina", il marito potrebbe benissimo essere un generico senza titoli accademici, e di minor charme rispetto a Poitier. Potrebbe essere un meccanico, o magari anche uno che lavora a Wall Street, ma come impiegato, non come agente di borsa. O l'operaio di colore dell'Alabama che ho detto sopra.

Campagna
P oitier si è sempre impegnato politicamente, decennio dopo decennio secondo il momento sociale e politico e secondo il presidente, repubblicano o democratico, che occorreva sostenere in campagna elettorale. Un esempio in questo senso: nel 1974 l'americano Ralph Nelson firmò Il seme dell'odio. La storia è quasi contemporanea del film, il Sudafrica era sull'orlo della guerra civile, Poitier è un rivoluzionario che organizza un movimento combattente. Lo affianca un ingegnere inglese, Michael Caine, che rappresenta la parte progressista della cultura anglosassone e non solo.
Non era più la San Francisco dorata, ma il Sudafrica di Mandela, dall'inizio, quando un poliziotto picchiava un nero col manganello semplicemente perché lo incrociava per strada. E gli sparava se quello si difendeva. Poitier dava se stesso per un segnale preciso: era arrivato il momento dell'azione.
Nell'era contemporanea del cinema sono molti i modelli di colore, ne cito uno, lo straordinario Morgan Freeman che fa Mandela in Invictus, ma Sidney Poitier è stato il primo, ha creato un precedente che sembrava quasi impossibile. La "questione" gli deve molto.

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