nylonhair
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domenica 7 gennaio 2018
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un film formalmente perfetto ma algido
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Dopo l'ottimo Hunger, Mac Queen dirige un film di grande rigore e perfezione formale, ma algido e retto da una scrittura scarna e asettica che fatica a far emergere con efficacia le contraddizioni del protagonista. Ottima, come sempre, l'interpretazione di Fassbender.
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giorpost
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martedì 21 giugno 2016
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un'opera d'atmosfera e di una dirompente bellezza
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Nella New York dei giorni nostri (e dove, altrimenti?) Brandon è un impiegato dall'alto tenore di vita, originario dell'Irlanda, che vive tutto solo in un appartamento di lusso con vista su Manhattan; trascorre le giornate tra l'ufficio, un giro in metro e vari amplessi, sia da solo che in compagnia di belle donne che, visto il suo aspetto, gli riesce facile conquistare; l'unico amico che frequenta è David, il suo capo, un uomo sposato e con prole, ma estremamente superficiale e fedifrago, oltre che ubriacone all'occorrenza.
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Nella New York dei giorni nostri (e dove, altrimenti?) Brandon è un impiegato dall'alto tenore di vita, originario dell'Irlanda, che vive tutto solo in un appartamento di lusso con vista su Manhattan; trascorre le giornate tra l'ufficio, un giro in metro e vari amplessi, sia da solo che in compagnia di belle donne che, visto il suo aspetto, gli riesce facile conquistare; l'unico amico che frequenta è David, il suo capo, un uomo sposato e con prole, ma estremamente superficiale e fedifrago, oltre che ubriacone all'occorrenza. Dopo numerose telefonate senza risposta, irrompe nella vita del protagonista Sissy, la sorella che non vede da tempo: il loro rapporto è sempre stato, e si conferma, conflittuale, ma tra i due è senz'altro lei a provare un sincero affetto per quel fratello burbero e poco avvezzo ai sentimentalismi. Una sera, in un bel ristorante panoramico, Sissy si esibisce come vocalist in una strepitosa versione di New York, New York che lascia Brandon senza parole, mentre scatena in David un'ondata di attrazione nei confronti della ragazza che (appena uscita da una storia tormentata) ricambia senza troppi tentennamenti. Il rapporto sessuale che David e Sissy consumeranno di lì a poco nel letto di Brandon porterà quest'ultimo in una spirale di autocommiserazione che avrà effetti devastanti sulla sua psiche e che lo porterà a scoprire, in un lasso di tempo relativamente breve, di essere fondamentalmente solo e senza punti di riferimento, a parte il sesso compulsivo consumato ovunque e con chiunque. Saprà trovare la strada dell'equilibrio? Riuscirà a stringere una relazione, per così dire, convenzionale?
Michael Fassbender recita in un -quasi- one man show cucitogli addosso dal suo mentore, il regista britannico Steve McQueen; la performance dell'attore raggiunge livelli altissimi all'interno di un'opera che colpisce soprattutto per l'atmosfera, mai sopra le righe, e la musicalità, mai troppo “voluminosa”; le immagini di una metropoli sempre uguale a se stessa, ma almeno più rilassata del solito, rendono il lavoro certamente degno di attenzione, vista anche la bellissima fotografia e nonostante un soggetto piuttosto semplice e dei dialoghi non certo sofisticati. Ammetto che c'è qualche amplesso di troppo, e non si capisce la sequenza del locale ove Brandon ha un rapporto gay visto che subito dopo paga due prostitute incontrate in un hotel, ma il suo disagio e la sua psicologia ridotta a poco più di un mendicante in cerca di soldi (sostituiti, in questo caso, dal sesso) risulta comprensibile, evidentemente, solo in questo modo. L'opera, a mio avviso, è molto più utile ed efficace di altre che trattano argomentazioni vagamente simili (tipo Don Jon) perché, in questo caso, McQueen ci descrive in maniera accurata ma senza giudicare una parte della società di oggi: uomini o donne soli, dediti alla carriera e pronti a tutto ma, sempre più spesso, poco avvezzi o addirittura spaventati nel provare ad allacciare relazioni durature. La scena del rapporto incompleto con la collega Marianne, con la quale sembrava avere interessi in comune ed una certa affinità, dice praticamente tutto, così come dicono molto i giochi di sguardi nei vagoni della metropolitana, luogo di solitudine per eccellenza.
Davvero un bel film questo Shame (UK, USA, 2011) che per atmosfere ricorda Lost in translation, ma nel quale a lasciare il segno è soprattutto Fassbender, uno dei migliori interpreti della sua generazione. Poco altro da aggiungere, se non consigliare chi legge di correre a comprare il DVD.
Voto: 9
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gabriella
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martedì 16 febbraio 2016
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a single man
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La dipendenza di Brandon, affascinane trentenne, ha origini lontane e rimangono fumose per tutto il film. Il suo costante e reiterato bisogno di sesso, che non ha difficoltà a esercitare nei vari incontri in metropolitana o nei pub, chat erotiche , onanismo nel bagno di casa e dell’ufficio , è ossessivo e non gli produce nessun benessere o appagamento. Nessuna complicazione sentimentale nella sua vita, nessun affetto, fino a che gli piomba in casa la sorella minore Sissy, ragazza problematica e depressa, alla ricerca dell’uomo giusto che puntualmente si rivela sbagliato. La convivenza tra i due destabilizza l’equilibrio del fratello, costretto a confrontarsi con la sua parte nascosta, tanto lui è ermetico, tanto lei esterna il suo disagio anche se in maniera disordinata e confusa, così che i sentimenti esplodono in dissolvenze incrociate, la ricerca di armonia di lei e lacerazione della vita per lui che sembra essere condannato alla chiusura e al solipismo , una catena irreversibile e circolare che lo conduce sempre al punto di partenza.
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La dipendenza di Brandon, affascinane trentenne, ha origini lontane e rimangono fumose per tutto il film. Il suo costante e reiterato bisogno di sesso, che non ha difficoltà a esercitare nei vari incontri in metropolitana o nei pub, chat erotiche , onanismo nel bagno di casa e dell’ufficio , è ossessivo e non gli produce nessun benessere o appagamento. Nessuna complicazione sentimentale nella sua vita, nessun affetto, fino a che gli piomba in casa la sorella minore Sissy, ragazza problematica e depressa, alla ricerca dell’uomo giusto che puntualmente si rivela sbagliato. La convivenza tra i due destabilizza l’equilibrio del fratello, costretto a confrontarsi con la sua parte nascosta, tanto lui è ermetico, tanto lei esterna il suo disagio anche se in maniera disordinata e confusa, così che i sentimenti esplodono in dissolvenze incrociate, la ricerca di armonia di lei e lacerazione della vita per lui che sembra essere condannato alla chiusura e al solipismo , una catena irreversibile e circolare che lo conduce sempre al punto di partenza.
Il film di Steve Mc Quenn è un’opera intensa e ben realizzata con degli ottimi interpreti e una potente colonna sonora, ricco di lunghi e splendidi piani sequenza su Brandon con una telecamera sempre puntata,
che lo spia, lo pedina nei suoi movimenti, irrompe nei suoi spazi geometrici di relazione, lo insegue nel suo girovagare notturno in una New York di dolente bellezza immersa in un blu prussiano, una New York sussurrata ( come l’omonima canzone di Sissy al night club, che sembra non finire mai nella sua struggente bellezza, ma anche di disperato bisogno) ), con la verticalità dello skyline nel vuoto urbano delle sue notti solitarie. La stessa telecamera che si mette in disparte, incapace d’indagare, di approfondire quando Brandon è con la sorella, i dialoghi tra i due sono sempre presi di spalle, figure condensate nella loro immobilità al riverbero di un’antica sofferenza. Così come di spalle sono sempre i contatti fisici tra loro, Sissy che salta sulla schiena del fratello, che entra nel suo letto e lo abbraccia da dietro ( si insinua ma non si svela un rapporto ambiguo), ma il trascorso tra i due non è preso in esame. Mc Queen non intende analizzare Brandon e tantomeno suggerirgli una qualche terapia, non lo giudica né lo giustifica, si limita a osservarlo nel suo spingersi al massimo del vuoto, fino all’esplosiva e implosiva frenetica scena nel prefinale, un ottundimento e un torpore desolante e inquietante. Il film si chiude con una moltitudine di forse, nel suo finale sospeso che però non dà nessuna garanzia di sopravvivenza, solo una vaga speranza di una presa di coscienza che sembra raggiungerlo là, dove batte il cuore.
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dario
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sabato 2 gennaio 2016
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inconcludente
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La sceneggiatura non funziona, fa mancare lo sviluppo alla storia. Così c'è la costrizione di un continuo ripetersi di scene concatenate a forza senza una vera ragione, se non una morale sotterranea e convenzionale. Meglio la prima parte dove, per lo meno, tutto è sospeso, in attesa di qualcosa, mentre la seconda è una banale discesa all'inferno con tanto di disperazione programmata. Il fatto è che la dipendenza del protagonista vuole avere valenze esistenzialistiche, ma delle stesse si ha un sentito dire e si mostra una presunzione, magari innocente, da new age, ovviamente inadatta. Bravi gli interpreti. Fassbendere è una garanzia.
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La sceneggiatura non funziona, fa mancare lo sviluppo alla storia. Così c'è la costrizione di un continuo ripetersi di scene concatenate a forza senza una vera ragione, se non una morale sotterranea e convenzionale. Meglio la prima parte dove, per lo meno, tutto è sospeso, in attesa di qualcosa, mentre la seconda è una banale discesa all'inferno con tanto di disperazione programmata. Il fatto è che la dipendenza del protagonista vuole avere valenze esistenzialistiche, ma delle stesse si ha un sentito dire e si mostra una presunzione, magari innocente, da new age, ovviamente inadatta. Bravi gli interpreti. Fassbendere è una garanzia. Regia volonterosa aiutata dalla scenografia. Sbandamenti e superficialità. Momenti intensi fini a se stessi.
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homer52
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domenica 15 marzo 2015
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non c'è vergogna nella solitudine del cuore
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Un ottimo film, ben interpretato e diretto, sulla tematica della sessualità intesa come relazione con l'altro. Il protagonista del film (uno straordinario Fassbender), bene interpreta la solitudine dell'uomo, eternamente sospeso fra il desiderio ed il timore del rapporto che neppure il tentato suicidio della sorella riesce a scuotere e a ravvedere. Un film che, grazie alla potenza delle immagini e alla bravura di interpreti e regista, potrebbe pure essere visto togliendo l'audio, come fosse muto. Una favola moderna dove il principe azzurro rimarrà sempre un rospo, e nessuna principessa potrà mai redimerlo.
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angelo umana
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venerdì 31 ottobre 2014
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bello ricco emigrato new york
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‘Bello, ricco, emigrato…’ a New York dall’Irlanda avrebbe bisogno di una famiglia o di qualcuno di cui prendersi cura, ma non ne è ancora consapevole. Brandon vive solo in un bell’appartamento, è visitato da donne pagate e non, sta fuori quanto vuole e approfitta appena può di “scopate senza cerniera” (citazione da 'Paura di volare' di Erica Jong). La sua più lunga relazione è durata 4 mesi, confessa ad una collega d’ufficio che cercherebbe con lui una relazione stabile. Del resto Brandon non vede nessun attrattivo nelle coppie, basta osservarle sedute al ristorante dove i due si trovano: neanche si parlano, non hanno niente da dirsi e non può essere vero chesi capiscono anche senza parlare, come dice l’amica.
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‘Bello, ricco, emigrato…’ a New York dall’Irlanda avrebbe bisogno di una famiglia o di qualcuno di cui prendersi cura, ma non ne è ancora consapevole. Brandon vive solo in un bell’appartamento, è visitato da donne pagate e non, sta fuori quanto vuole e approfitta appena può di “scopate senza cerniera” (citazione da 'Paura di volare' di Erica Jong). La sua più lunga relazione è durata 4 mesi, confessa ad una collega d’ufficio che cercherebbe con lui una relazione stabile. Del resto Brandon non vede nessun attrattivo nelle coppie, basta osservarle sedute al ristorante dove i due si trovano: neanche si parlano, non hanno niente da dirsi e non può essere vero chesi capiscono anche senza parlare, come dice l’amica.
La famiglia a cui approderà è quella con Sissy, la sua giovane sorella un po’ sbandata, che canta in un locale notturno (perfetta e accorata una sua interpretazione di ‘New York New York’), che si è piazzata nella casa del single ed è da lui mal sopportata. Brandon evade, continua la sua ricerca di sesso, la cerca pure in ambienti omosessuali, così, perché non sa più dove trovar pace. Eppure è Sissy, paziente e disperata, che lo richiamerà a sé con l’ennesimo tentativo di suicidio. Gli aveva detto: Tu sei mio fratello, siamo una famiglia. Sempre arrabbiato, nessuno che ti ami. Se me ne andassi non ti faresti più sentire, non è una cosa triste?
E’ un film molto semplice che crea la continua attesa di un epilogo o almeno di uno sviluppo. A Hunger Michael Fassbender aveva prestato la faccia, ed era una storia di maggior peso. Anche qui però il suo viso osserva come da un angolino la realtà che lo attornia, una realtà on demand che costa cara, basta ordinarla e la si ottiene.
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dandy
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mercoledì 8 ottobre 2014
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il sesso...
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Al suo secondo film dopo "Hunger",McQueen tratteggia il ritratto gelido e scabroso di uomo che si compiace di essere schiavo delle proprie pulsioni,sebbene sia conscio di non trarne alcun piacere.Il sesso,alla pari della compulsione del protagonista,è esibito in modo ostentato ma meccanico,freddo,senza passione né gioia.Con uno sguardo distaccato che ricorda per certi versi Michael Haneke.Fassbender(Coppa Volpi a Venezia come miglior attore)offre un'interpretazione fantastica.Peccato che il personaggio della sorella sbandata con tendenze suicide sia decisamente più stereotipato,e che il classico finale con tragedia sfiorata finisca per offuscare quel senso di vuoto e disagio che contraddistingue la prima parte.
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Al suo secondo film dopo "Hunger",McQueen tratteggia il ritratto gelido e scabroso di uomo che si compiace di essere schiavo delle proprie pulsioni,sebbene sia conscio di non trarne alcun piacere.Il sesso,alla pari della compulsione del protagonista,è esibito in modo ostentato ma meccanico,freddo,senza passione né gioia.Con uno sguardo distaccato che ricorda per certi versi Michael Haneke.Fassbender(Coppa Volpi a Venezia come miglior attore)offre un'interpretazione fantastica.Peccato che il personaggio della sorella sbandata con tendenze suicide sia decisamente più stereotipato,e che il classico finale con tragedia sfiorata finisca per offuscare quel senso di vuoto e disagio che contraddistingue la prima parte.Ma è azzeccata e ambigua l'ultima scena(che rimanda a quella iniziale),lasciata in sospeso.Bella colonna sonora(John Coltrane,Blondie,Chet Baker e una toccante interpretazione di "New York New York"di Carey Mulligan).Non per tutti i gusti di certo.Ma dolente e profondo,genuino come deve essere il vero cinema.
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stefanocapasso
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martedì 11 marzo 2014
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un esplosione di dolore
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Shame è un film molto duro, narrato con cruda chiarezza anche nel suo dettaglio fotografico e che ci porta lentamente all’interno del dramma del protagonista. Insieme a lui cominciamo lentamente ad acquisire consapevolezza di quanto sia grande il disagio che vive. Al principio Brandon è un uomo solitario, che soddisfa parte dei suoi bisogni con la pornografia e la masturbazione, in modo quasi compulsivo. Apparentemente gestisce la sua vita in modo equilibrato. Ha una sorella, Sissy con un forte disagio da dipendenza affettiva, evidentemente entrambi legati da una storia infantile complessa, e con la quale ha un rapporto perlomeno difficile. Nello svolgersi del racconto le conferme della sua impossibilità di stabilire una relazione affettiva con l ‘altro in senso generale definisce chiara ed implacabile la natura del suo disagio.
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Shame è un film molto duro, narrato con cruda chiarezza anche nel suo dettaglio fotografico e che ci porta lentamente all’interno del dramma del protagonista. Insieme a lui cominciamo lentamente ad acquisire consapevolezza di quanto sia grande il disagio che vive. Al principio Brandon è un uomo solitario, che soddisfa parte dei suoi bisogni con la pornografia e la masturbazione, in modo quasi compulsivo. Apparentemente gestisce la sua vita in modo equilibrato. Ha una sorella, Sissy con un forte disagio da dipendenza affettiva, evidentemente entrambi legati da una storia infantile complessa, e con la quale ha un rapporto perlomeno difficile. Nello svolgersi del racconto le conferme della sua impossibilità di stabilire una relazione affettiva con l ‘altro in senso generale definisce chiara ed implacabile la natura del suo disagio. E’ assolutamente incapace di amare, e la compulsione sessuale è un sostituto sempre meno efficace.
Quando gli eventi dolorosi rendono definitivamente chiaro a lui e a noi spettatori questo aspetto, l’esplosione di dolore data da questa nuova consapevolezza è drammaticamente reale.
Difficile da definire bello un film che suscita emozioni cosi dolorose, certamente è capace di indagare in maniera chirurgica e asettica, con una fotografia poetica, sulla natura di alcuni dei disagi dell’uomo.
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andrea giostra
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martedì 4 marzo 2014
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triste, angosciante e claustrofobico.
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La “Sexual addiction” sembra essere solo il pretesto che Steve McQueen utilizza in questo film per raccontare la prigionia mentale di un giovane uomo newyorkese, attraente e ricco, vittima delle sue angoscianti compulsioni comportamentali finalizzate all’atto sessuale meccanico e soffocante al contempo. Non c’è alcun piacere, né fisico né mentale, nel rincorrere compulsive e incontrollabili eccitazioni e copulazioni depersonalizzate. Solo tormento e solitudine inconfessabili, anche a se stessi, che conducono inesorabilmente Michael Fassbender verso un altrettanto terribile e schizofrenico sdoppiamento di personalità divisa tra una fragile intimità che anela apatica affetto sincero, e un robotico porno-agire che gli svuota l’anima e la vita sociale e familiare.
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La “Sexual addiction” sembra essere solo il pretesto che Steve McQueen utilizza in questo film per raccontare la prigionia mentale di un giovane uomo newyorkese, attraente e ricco, vittima delle sue angoscianti compulsioni comportamentali finalizzate all’atto sessuale meccanico e soffocante al contempo. Non c’è alcun piacere, né fisico né mentale, nel rincorrere compulsive e incontrollabili eccitazioni e copulazioni depersonalizzate. Solo tormento e solitudine inconfessabili, anche a se stessi, che conducono inesorabilmente Michael Fassbender verso un altrettanto terribile e schizofrenico sdoppiamento di personalità divisa tra una fragile intimità che anela apatica affetto sincero, e un robotico porno-agire che gli svuota l’anima e la vita sociale e familiare. Il film è come la storia narrata: triste, angosciante e claustrofobico. E se questo è l’obiettivo di McQueen, allora il prodotto è ottimamente servito.
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cizeta
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giovedì 13 febbraio 2014
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deludente
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"Embhè..." tipica espressione che potrà scaturire questo film...
Una consequenzialità di avvenimenti, silenzi, espressioni, musiche totalmente scollegate tra di loro che non suscitano nulla. Il classico mid level manager della benestante NY schiavo del porno e del sesso dal quale non trova alcun piacere... una sorella al quale sembra legato in maniera passionale che è sull'orlo dell'oblio mentale... stop, null'altro!
Sinceramente ci sono tanti siti open per vedere scene di sesso e nudi, McQueen non aveva bisogno di farne un lungometraggio. Anche la metrica mi appare eccessiva, probabilmente in un corto si sarebbe apprezzato di più.
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"Embhè..." tipica espressione che potrà scaturire questo film...
Una consequenzialità di avvenimenti, silenzi, espressioni, musiche totalmente scollegate tra di loro che non suscitano nulla. Il classico mid level manager della benestante NY schiavo del porno e del sesso dal quale non trova alcun piacere... una sorella al quale sembra legato in maniera passionale che è sull'orlo dell'oblio mentale... stop, null'altro!
Sinceramente ci sono tanti siti open per vedere scene di sesso e nudi, McQueen non aveva bisogno di farne un lungometraggio. Anche la metrica mi appare eccessiva, probabilmente in un corto si sarebbe apprezzato di più....
Voto personale: 4
Bocciato in tutto per tutto... un'ora e mezza attendendo qualcosa ma poco o nulla
PS: nota di merito solamente alla bella performance di Fassbender e della Mulligan
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