van dailer
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lunedì 30 gennaio 2012
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un film che non dice nulla, ma che lascia parlare
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La trama del film? La cantava Frank Sinatra: "Queste piccole depressioni cittadine, si stanno dissolvendo qui, ricomincerà da lei, nella vecchia New York". Chi avrà visto il film capirà cosa intendo. A tutti gli altri auguro una buona visione. Il film non è bello, non è nemmeno brutto, ma sicuramente bisogna vederlo. Non tanto per il cast, la trama o la morale, ma perchè è un film esistenzialista che si fa espressione di ognuno di noi nei nostri conflitti interiori più profondi. Tutti si riconosceranno nel protagonista, ma quanti lo ammetteranno? "Vergogna" più che il titolo del film è il sentimento che lascia in comune a tutti gli spettatori, non perchè inorriditi dagli avvenimenti, ma prechè vi si rispecchieranno perfettamente.
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La trama del film? La cantava Frank Sinatra: "Queste piccole depressioni cittadine, si stanno dissolvendo qui, ricomincerà da lei, nella vecchia New York". Chi avrà visto il film capirà cosa intendo. A tutti gli altri auguro una buona visione. Il film non è bello, non è nemmeno brutto, ma sicuramente bisogna vederlo. Non tanto per il cast, la trama o la morale, ma perchè è un film esistenzialista che si fa espressione di ognuno di noi nei nostri conflitti interiori più profondi. Tutti si riconosceranno nel protagonista, ma quanti lo ammetteranno? "Vergogna" più che il titolo del film è il sentimento che lascia in comune a tutti gli spettatori, non perchè inorriditi dagli avvenimenti, ma prechè vi si rispecchieranno perfettamente.
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fabio2
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domenica 29 gennaio 2012
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reale.....
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Bel film... Chissà quanti spettatori e spettatrici si sono riconosciuti in questo abisso in cui Mc Queen ci fa sprofondare. La civiltà del "lusorio" ove si appare brillanti, eleganti, benestanti ma poveri di sentimento, idee, ricchi d'insicurezze, manie fino alla perversione. Fassbender, non si risparmia in questo film e ci fa capire come dietro gli occhi di qualcuno occasionalmente incontrato o incontrata in un metrò o in un pub, c'è la voglia di trasgredire, di fare sesso ad ogni costo, perchè non si ha il coraggio di amare più qualcuno, non si cerca di dialogare.... ci si lascia solo trasportare dall'impulso. Bisogna solo forse toccare il fondo, o aver quasi perso qualcuno a noi vicino per tornare indietro? La conclusione è questa, a noi se ci rispecchiamo in questa trama, frenare prima che sia troppo tardi.
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Bel film... Chissà quanti spettatori e spettatrici si sono riconosciuti in questo abisso in cui Mc Queen ci fa sprofondare. La civiltà del "lusorio" ove si appare brillanti, eleganti, benestanti ma poveri di sentimento, idee, ricchi d'insicurezze, manie fino alla perversione. Fassbender, non si risparmia in questo film e ci fa capire come dietro gli occhi di qualcuno occasionalmente incontrato o incontrata in un metrò o in un pub, c'è la voglia di trasgredire, di fare sesso ad ogni costo, perchè non si ha il coraggio di amare più qualcuno, non si cerca di dialogare.... ci si lascia solo trasportare dall'impulso. Bisogna solo forse toccare il fondo, o aver quasi perso qualcuno a noi vicino per tornare indietro? La conclusione è questa, a noi se ci rispecchiamo in questa trama, frenare prima che sia troppo tardi.
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writer58
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domenica 29 gennaio 2012
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lo straniero
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New Iork, 2011. Brandon è un trentenne affermato, bello, che si muove con disinvoltura nei paesaggi urbani della "Grande Mela". E' un uomo affascinante, che sa di piacere alle donne, ma non riesce a stabilire un rapporto stabile con loro, le "consuma" come fossero aperitivi da 25 dollari l'uno ordinati in un locale elegante. In realtà, i problemi di Brandon (un ottimo Fassbender) non sono solo circoscritti alla sfera del sesso, di cui è dipendente, ma attengono alla sfera delle relazioni, al suo rapporto con la realtà. Come in tutte le dipendenze, lui cerca oggetti sostitutivi per coprire il proprio "mal di vivere", la sua inadeguatezza a stabilire un rapporto soddisfacente con gli investimenti e gli oggetti significativi.
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New Iork, 2011. Brandon è un trentenne affermato, bello, che si muove con disinvoltura nei paesaggi urbani della "Grande Mela". E' un uomo affascinante, che sa di piacere alle donne, ma non riesce a stabilire un rapporto stabile con loro, le "consuma" come fossero aperitivi da 25 dollari l'uno ordinati in un locale elegante. In realtà, i problemi di Brandon (un ottimo Fassbender) non sono solo circoscritti alla sfera del sesso, di cui è dipendente, ma attengono alla sfera delle relazioni, al suo rapporto con la realtà. Come in tutte le dipendenze, lui cerca oggetti sostitutivi per coprire il proprio "mal di vivere", la sua inadeguatezza a stabilire un rapporto soddisfacente con gli investimenti e gli oggetti significativi. Sua sorella Sissy, che lo raggiunge e s'installa nel suo appartamento a Manhattan, costituisce un po' il suo negativo fotografico. E' dipendente dai rapporti affettivi che instaura, anche quelli occasionali ed effimeri, è incapace di vivere la solitudine senza provare sensazioni di abbandono e di perdita devastanti. La città, in qualche modo, alimenta le loro patologie: i rapporti si estinguono nello spazio di una serata, dalla conoscenza in un bar al frettoloso amplesso consumato a ridosso di un muro o in un'anonima stanza di hotel; la richiesta di prestazioni sessuali (a pagamento o gratuite) sostituisce il piacere (e la fatica) degli investimenti affettivi; la disponibilità a fare sesso procede di pari passo con lo svuotamento di contenuti e di senso delle relazioni.
"Shame" narra la discesa dei due fratelli verso il purgatorio della compulsione con un linguaggio elegante e, a tratti, ispirato. Le scene sono accurate e i dialoghi non banali. La fotografia appare molto curata e la scelta dei colori è adeguata all'inverno atmosferico e psicologico della città e dei protagonisti.
Tuttavia, anche se la caduta di Brandon è rappresentata efficacemente (anche con primi piani del suo volto che manifesta angoscia e sgomento durante un amplesso), il film risente di un approccio moralistico che lo appesantisce nel finale. Brandon viene picchiato in un bar dal compagno di una donna che aveva "avvicinato", si concede un fugace rapporto omosessuale in un ritrovo di gay e la sorella tenta il suicidio. Sembra quasi che il regista abbia voluto suggerire che la perversione debbe essere necessarianente essere accompagnata da una punizione e che la vergogna ("shame") sia il destino di chi evita di affrontare i propri conflitti interiori. Messaggio che stride con la diffusione planetaria delle dipendenze, diffusione che pare integrarsi alla perfezione con lo stile di vita e le aspettative sociali di questa fase storica dell'occidente.
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nipporampante
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sabato 28 gennaio 2012
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sesso meccanico e disperato
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Il film di McQueen riesce a commuovere nonostante la rudezza dell'argomento, il carattere spinto delle immagini, la volontà del regista di non fermarsi quasi davanti a nulla. Non si tratta solo della dipendenza dal sesso, ma del racconto di un disagio più grande: la solitudine senza rimedio che opprime il protagonista Brandon come pure la sorella Sissy, anime tristi in quell'enorme contenitore di anime che è New York, talmente grande e affollato che restare soli potrebbe sembrare assurdo. E in effetti questo si può definire un film che narra di una tristezza infinita. Appunto la tristezza e la solitudine di Brandon ( "solitudine metropolitana", per riprendere un'espressione abusata) forse contano più dell'argomento dichiarato, una delle manifestazioni negative dello stile di vita per cui si può avere tutto a portata di mano, e gli stimoli sessuali sono insistentemente presenti.
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Il film di McQueen riesce a commuovere nonostante la rudezza dell'argomento, il carattere spinto delle immagini, la volontà del regista di non fermarsi quasi davanti a nulla. Non si tratta solo della dipendenza dal sesso, ma del racconto di un disagio più grande: la solitudine senza rimedio che opprime il protagonista Brandon come pure la sorella Sissy, anime tristi in quell'enorme contenitore di anime che è New York, talmente grande e affollato che restare soli potrebbe sembrare assurdo. E in effetti questo si può definire un film che narra di una tristezza infinita. Appunto la tristezza e la solitudine di Brandon ( "solitudine metropolitana", per riprendere un'espressione abusata) forse contano più dell'argomento dichiarato, una delle manifestazioni negative dello stile di vita per cui si può avere tutto a portata di mano, e gli stimoli sessuali sono insistentemente presenti. La struttura non è tradizionalmente lineare, ma ciononostante rigorosa e funzionale: mostra il protagonista all'insistente ricerca di facili incontri sessuali, nella pratica di un sesso meccanico e disperato, nei rapporti tesi e ambigui con la sorella, altrettanto fragile quanto lui, ma in modo esattamente opposto. Ma sono tante le qualità che si devono apprezzare: l'abilità di McQueen nell'accostare lo scabroso alla ricercatezza estetica e alla musica di Bach, nel dilatare i tempi senza rendere il film interminabile, come nella scena splendida in cui la luminosa Carey Mulligan canta (lentamente, molto lentamente) New York, New York; e poi la capacità di tracciare, in modo impersonale e non ideologico, la figura di un uomo esteriormente squallido e inaffettivo quanto profondamente fragile: per questo l'interpretazione "estrema" di Michael Fassbender non può che andare a segno. Infine, il coraggio nel rifiutare l'amore come soluzione e redenzione. In questo senso, vanno citate la scena in cui Brandon non riesce ad eccitarsi in una situazione di incontro "regolare" e il finale, speculare alla sequenza d'apertura. Unico appunto: il rischio inevitabile, nelle scene di sesso, del compiacimento e della ricerca della provocazione ad ogni costo. Ma questo nulla toglie ad un film fortemente emozionante ed ottimo sotto numerosi punti di vista.
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icutino
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sabato 28 gennaio 2012
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il dramma di un uomo prigioniero del sesso.
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"Shame" seconda regia di Steve McQueen è un film cupo e introspettivo sul dramma di un uomo malato di bulimia sessuale. Ambientato in una New York notturna e anonima , il regista lascia da parte facili giudizi e tratteggia quasi come in un documentario,la storia di Brandon, interpretato da un bravo Fassbender. Il risultato è un film complesso e sfaccettato, giocato sugli sguardi e sulla duplicità di quest'uomo tormentato da una vera e propria dipendenza. Il film è orientato verso un raggiungimento di consapevolezza e un tentativo di guarigione del protagonista che va di pari passo con una maggiore comunicazione e emotività soprattutto nei confronti della sorella, unico rapporto affettivo di Brandon.
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"Shame" seconda regia di Steve McQueen è un film cupo e introspettivo sul dramma di un uomo malato di bulimia sessuale. Ambientato in una New York notturna e anonima , il regista lascia da parte facili giudizi e tratteggia quasi come in un documentario,la storia di Brandon, interpretato da un bravo Fassbender. Il risultato è un film complesso e sfaccettato, giocato sugli sguardi e sulla duplicità di quest'uomo tormentato da una vera e propria dipendenza. Il film è orientato verso un raggiungimento di consapevolezza e un tentativo di guarigione del protagonista che va di pari passo con una maggiore comunicazione e emotività soprattutto nei confronti della sorella, unico rapporto affettivo di Brandon.
Tuttavia il regista McQueen non lascia intravedere una risolvimento definitivo della vicenda che rimane sospesa trovando una chiave di senso forse nell'ambiguità dello sguardo e nella psicologia del protagonista.
Ottima fotografia
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airin1975
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mercoledì 25 gennaio 2012
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meraviglioso
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Film fantastico, non ho altre parole. Regia di classe, attori magnifici, grande fotografia, musica coinvolgente. E' un film devastante che parla di noi più di quanto siamo disposti a credere e forse per questo c'è chi reagisce con fastidio. E' una reazione di paura, probabilmente. Resta la maestria di chi nel film ha lavorato senza risparmiarsi, senza nascondersi, senza mentire. Il film più bello degli ultimi dieci anni, l'interpretazione maschile migliore degli ultimi venti anni.
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liver
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mercoledì 25 gennaio 2012
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celebrazione della decadenza
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Film triste ma utile. La colonna sonora accentua la drammaticità di alcune riprese, così come indugiare su alcune scene costringe a riflessioni non banali. Il finale ambiguo celebra la nausea di una sessualità fine a se stessa.
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beffer
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martedì 24 gennaio 2012
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anche no
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Che dire di questo film, partiamo dall’interpretazione maschile, che dicesi candidata all’oscar, per metà film ha un espressione tipo Kermit la rana dei Muppet , con la differenza che non parla, mono-espressivo che un Clint Estwood prima maniera sembrerebbe un mimo, non ha caso la scena madre del film lo vede di schiena mentre la sorella che è un po’ piu’ brava si merita il profilo, a onor del ...vero alla fine si riscatta e piange, soffre, si dispera e gode come un attore vero. Consigliato ad pubblico femminile moderno che non vuole tante beghe, quelle insomma che se gli si presenta un uomo, affabile, che le faccia ridere, intelligente e premuroso gli rispondono “anche no”.
Gli interni e i dialoghi sono asettici come il marmo bianco cimiteriale dell’ aeroporto di Dubai.
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Che dire di questo film, partiamo dall’interpretazione maschile, che dicesi candidata all’oscar, per metà film ha un espressione tipo Kermit la rana dei Muppet , con la differenza che non parla, mono-espressivo che un Clint Estwood prima maniera sembrerebbe un mimo, non ha caso la scena madre del film lo vede di schiena mentre la sorella che è un po’ piu’ brava si merita il profilo, a onor del ...vero alla fine si riscatta e piange, soffre, si dispera e gode come un attore vero. Consigliato ad pubblico femminile moderno che non vuole tante beghe, quelle insomma che se gli si presenta un uomo, affabile, che le faccia ridere, intelligente e premuroso gli rispondono “anche no”.
Gli interni e i dialoghi sono asettici come il marmo bianco cimiteriale dell’ aeroporto di Dubai. Per gli amanti del genere, ce pappa e bumbo, uomini con donne, donne con donne e uomini con uomini, sesso a pagamento, sesso virtuale, masturbazioni, e i soliti bar americani dove si rimorchiano sempre strafiche(anche questo fa parte del sogno americano) immancabile finale aperto, anche perche’ non se ne sarebbe venuti a capo decentemente. Comunque Il film ha il merito di farti sorgere domande e osservazioni sui grandi temi esistenziali Tipo:
Quando gli americani fanno pipi non alzano mai la tavoletta?, al ristorante di lusso bevono acqua del rubinetto, mentre gli servono vino in porzioni che nemmeno una nostra bettola si sognerebbe?, e il menu gli viene debitamente posato sul piatto?, ma la domanda che mi ha sconvolto la nottata è stata dove ha trovato quel capottino che io è tre anni che me lo voglio fare?
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likemist
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martedì 24 gennaio 2012
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uno zoom preciso e potente ma freddo
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Cosa succede quando la generale condizione umana dell'uomo d'oggi, fatta di solitudine e incomunicabilità, viene vista con un potente zoom che la estirpa dal normale contesto, la ingigantisce e la rende protagonista assoluta, sfuocando tutto il resto del mondo intorno? succede quello che ha fatto questo regista dal nome impegnativo. E cioè che si viene a raccontare, senza censure nè secondi fini, la storia della grande sofferenza di un piccolo uomo (e di una piccola donna). Fassbender presta in modo magistrale il suo splendido fisico e la sua irresistibile faccia a un personaggio che non lascia indifferenti, la cui sofferenza nasce proprio dalla sua consapevolezza di quanto arida sia la vita che conduce e quanto poche possibilità abbia di cambiarla, trascinato come è da una unica pulsione.
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Cosa succede quando la generale condizione umana dell'uomo d'oggi, fatta di solitudine e incomunicabilità, viene vista con un potente zoom che la estirpa dal normale contesto, la ingigantisce e la rende protagonista assoluta, sfuocando tutto il resto del mondo intorno? succede quello che ha fatto questo regista dal nome impegnativo. E cioè che si viene a raccontare, senza censure nè secondi fini, la storia della grande sofferenza di un piccolo uomo (e di una piccola donna). Fassbender presta in modo magistrale il suo splendido fisico e la sua irresistibile faccia a un personaggio che non lascia indifferenti, la cui sofferenza nasce proprio dalla sua consapevolezza di quanto arida sia la vita che conduce e quanto poche possibilità abbia di cambiarla, trascinato come è da una unica pulsione. Una pulsione che, in quanto tale, non lascia mai appagati nè mai liberi.
La fragilità della sorella, le sue dipendenze affettive, sono solo l'abito femminile della stessa sofferenza. Ma per lei forse una speranza c'è, è l'immedesimazione in un personaggio altro da sè, la costruzione di un mondo fantastico, i travestimenti.... l'arte. Intensa e coerente nella sua stridente diversità (per un momento anche i colori della pellicola abbandonano i grigi e i blu cupi per accendersi di oro e rosso) la scena di una New York New York cantata in modo struggente.
Pochi i dialoghi, perlopiù sincopati, che esplicitano, se mai ce ne fosse bisogno, la totale incapacità di una qualunque comunicazione, fosse anche solo ordinare la cena al ristorante. Al contrario lunghissime e lente inquadrature, spesso completamente sfuocate, che raccontano l'estraniazione: la corsa notturna per le strade cittadine, i cartoni animati b/n alla tv. Niente è lasciato al caso, forse neanche la citazione sull'uomo di Neanderthal, che dà una chiave di lettura della sequenza hot del finale, dove il volto del protagonista si trasfigura da essere umano a bestia e viceversa, nell'estasi del piacere, nella fatica della prestazione, nel disgusto della consapevolezza.
Tuttavia mi sembra che il film strizzi un po' troppo l'occhio al voyerismo imperante, esplicitando in lunghe sequenze una corposa carrellata di carne tremula di tutti i generi. Tutto resta poi un po' freddo, fin troppo coerentemente con l'incomunicabilità che il film vuole comunicare, perchè i protagonisti sono autoreferenziati in modo a volte irritante, senza alla fine regalare al pubblico nè una storia (da dove vengono i loro problemi?) nè una chiusura. Di fatto i personaggi intorno sono una carellata di facce, corpi e caratteri abbastanza insignificanti, perchè tutto sommato ognuno vive il proprio film, ognuno è perso nella sua storia, nella sua propria bolla, e questa è la bolla dei fratelli Brandon e Sissy.
Interessante, ma avrebbe potuto essere più incisiva, la tecnica di montaggio in back-forward ripetitivi che via via si compongono a raccontare come sono andate le cose, adottata nelle sequenze iniziali del risveglio e in quella finale dei rientro in metropolitana.
Infine inutile qualche depistaggio che non aggiunge nè tensione nè spiegazioni come la sconosciuta inseguita che si perde tra la folla e la metropolitana che si blocca facendo presumere che qualcuno si sia buttato.
Forse non ci riconosceremo in questa storia di drammi estremi ma se ne esce almeno riflettendo, anche se non del tutto emozionati, perchè tutti siamo stati a volte tremendamente soli, o incapaci di comunicare, o di dare e ricevere affetto.
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paperinik
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lunedì 23 gennaio 2012
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shame on you
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Ma come si fa a definire anche solo decente un film del genere?
Insulso, vuoto, sciatto.
Da salvare giusto le riprese delle scene di sesso, girate con una certa maestria.
Come buttare alle ortiche due ore.
Solo a Venezia potevano dar un premio.
Povero Steve: chissà come si rivolta nella tomba, considerato l'omonimo...
ps: recensione di MM davvero incomprensibile
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