annu83
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martedì 21 febbraio 2012
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erotomane per vocazione....
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Giuro che non volevo scrivere nulla, la mia voleva essere una visione disinteressata di questo film che alcuni spacciavano per interessante e molto valido. Tuttavia trovo giusto spendere due parole per una pellicola nemmeno troppo pubblicizzata in Italia, paese, notoriamente, della "gran censura".
Un film "semimuto", vietato ai minori di 14 anni (ma in America hanno fatto peggio), in cui il protagonista è un uomo giovane e piacente, che nasconde un lato oscuro piuttosto "colorito". Erotomane per vocazione, cocainomane per assuefazione, monoespressivo per copione, Brandon è un personaggio triste, che vive la sua vita sottovoce e che incarna per intero tutta la pochezza del film e della sua trama (e chiamarla trama è già un riconoscimento eccessivo).
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Giuro che non volevo scrivere nulla, la mia voleva essere una visione disinteressata di questo film che alcuni spacciavano per interessante e molto valido. Tuttavia trovo giusto spendere due parole per una pellicola nemmeno troppo pubblicizzata in Italia, paese, notoriamente, della "gran censura".
Un film "semimuto", vietato ai minori di 14 anni (ma in America hanno fatto peggio), in cui il protagonista è un uomo giovane e piacente, che nasconde un lato oscuro piuttosto "colorito". Erotomane per vocazione, cocainomane per assuefazione, monoespressivo per copione, Brandon è un personaggio triste, che vive la sua vita sottovoce e che incarna per intero tutta la pochezza del film e della sua trama (e chiamarla trama è già un riconoscimento eccessivo).
La pellicola infatti fatica a prendere quota, anzi, non la prende mai. Dopo un'ora di noia straziante sembra finalmente che il ritmo possa cambiare con l'intervento di un nuovo personaggio, ma è un flebile e passeggero fuocherello alimentato da pagliuzze umide. E allora via, si torna a gingillarsi, a collezionare puttane (oops, escort, non me ne voglia il nostro ex presidente) e a collezionare lunghi silenzi imbarazzanti, inutili e noiosi senza sapere perchè. Sì, noiosi da far paura. Perché ci sono silenzi e silenzi, ma questi sono quei silenzi che rompono le palle e che ti spingono a pigiare sul tasto "scan" per mandare avanti, sperando che poi sia meglio. La delusione è totale quando ti accorgi il meglio non arriva mai, e la rottura di palle è lunga un'interminabile ora e mezzo.
E non bastano un paio di scene di nudo integrale da film di quarta classe per attempati "sognatori" a farmi credere che questo film andava davvero fatto così. E non bastano nemmeno i premi che Fassbender si è portato a casa da Venezia e dal BIFA 2011.
Cupo, soffuso al limite dello sfocato, poco aggraziato, troppo lento anche per un film lento. A un certo punto, per esempio, ti trovi a chiederti se era davvero necessario girare una scena di jogging che dura 2 interi minuti e che non serve a un c.... pardon, a niente. Oppure una scena, ovviamente fine a sé stessa e che sa tanto di riempitivo, in un pub in cui la coprotagonista canta per 5 minuti una canzone (bella, per carità) che poi non servirà a nulla nell'economia del film.
Una pellicola intrisa di un'angoscia inspiegata e quindi inspiegabile, che è in grado solo di generare compassione e ribrezzo per il protagonista. Se lo scopo era quello... scusate ma fatico a considerarla una virtù.
Superficiale poi la caratterizzazione del personaggio interpretato da Fassbender, del quale si notano solo i numerosi problemi senza accennarne spiegazioni alcune. Ma io dico, Brendon non ha un background? Non ha una storia da raccontare? Ancora peggiore, se possibile, il modo in cui viene presentata la sorella del protagonista, che compare dal nulla con una passera al vento e per 40 minuti resta anonima e piangente, prima di compiere un gesto folle e privo di senso in relazione al dipanarsi di quel pochissimo di trama del film.
In tutto questo, però, una cosa positiva però c'è: il fatto che non ci siano nomination agli Oscar. Sarebbero state a discapito di altre pellicole sicuramente più valide.
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boffese
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lunedì 20 febbraio 2012
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"vergogna"
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SHAME
“VERGOGNA”
Dopo Hunger penso che il regista Steve McQueen abbia dato conferme di grande talento.
Porta sullo schermo una New York molto poco cinematografica e tratta un argomento difficile in modo diretto e realistico , portandoci sullo schermo non tanto il sesso o l'erotismo , ma la malattia e la solitudine dei personaggi.
Ottimi dialoghi, supportati da una portentosa colonna sonora che batte i ritmi del film .
Ovviamente ,un applauso fragoroso va alla bravissima Mulligan (stupenda nella canzone New York New York) e standing ovation per Fassbender ,capace di mettersi a nudo non solo fisicamente.
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SHAME
“VERGOGNA”
Dopo Hunger penso che il regista Steve McQueen abbia dato conferme di grande talento.
Porta sullo schermo una New York molto poco cinematografica e tratta un argomento difficile in modo diretto e realistico , portandoci sullo schermo non tanto il sesso o l'erotismo , ma la malattia e la solitudine dei personaggi.
Ottimi dialoghi, supportati da una portentosa colonna sonora che batte i ritmi del film .
Ovviamente ,un applauso fragoroso va alla bravissima Mulligan (stupenda nella canzone New York New York) e standing ovation per Fassbender ,capace di mettersi a nudo non solo fisicamente.
Personalmente mi ha ricordato (non per la storia) per la psicologia dei personaggi e la caratterizzazione degli ambienti , la pellicola Biutiful di Inarritu.
Consiglio vivamente di andare a recuperare Hunger, l’opera prima del regista purtroppo non distribuito in italia ma rintracciabile con sottotitoli.
Se nel primo , la perdita di liberta’ era dettata dalla prigionia , in shame la troppa liberta’ diventa prigionia per la persona
Sicuramente e' uno dei film piu' belli di quest'anno.
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pepito1948
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lunedì 20 febbraio 2012
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deludente e banale
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“ Volevo riflettere sul fatto che tutta la libertà di oggi talvolta si trasforma in una vera e propria prigione”. McQueen riassume così l’idea di fondo del film: la nostra libertà di azione spesso ci spinge a rinchiuderci dentro un recinto da cui resta difficile uscire, si chiami anaffettività o disperato bisogno di calore umano. Ogni dipendenza è una prigione, anche se tentiamo di venirne fuori sbattendo freneticamente contro le pareti come una mosca contro il vetro di una finestra. Il film si snoda su un doppio binario tematico, la sessomania di Brandon e la disperata carenza affettiva di Sissi. Naturalmente si tratta di “convergenze parallele” perché i due temi interagiscono in un contesto familiare.
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“ Volevo riflettere sul fatto che tutta la libertà di oggi talvolta si trasforma in una vera e propria prigione”. McQueen riassume così l’idea di fondo del film: la nostra libertà di azione spesso ci spinge a rinchiuderci dentro un recinto da cui resta difficile uscire, si chiami anaffettività o disperato bisogno di calore umano. Ogni dipendenza è una prigione, anche se tentiamo di venirne fuori sbattendo freneticamente contro le pareti come una mosca contro il vetro di una finestra. Il film si snoda su un doppio binario tematico, la sessomania di Brandon e la disperata carenza affettiva di Sissi. Naturalmente si tratta di “convergenze parallele” perché i due temi interagiscono in un contesto familiare. Brandon e Sissi sono fratelli, ed il loro incontro improvviso si trasforma in un lacerante conflitto. La domanda di sentimenti, di attenzioni, di interesse per la propria vita (con annessi ricatti) dell’una non trova riscontro nell’offerta pressoché inesistente dell’altro. Brandon è malato di sesso,e in quanto tale è privo di sensibilità emotiva, non “vede” le donne pur compiacenti se non come oggetto di sfogo dei sensi, e pertanto anche la sorella, in quanto donna, è più un elemento di disturbo che di arricchimento interiore. I movimenti dei due contendenti sono però inversi: se Brandon tende a lasciarsi cadere verso l’inferno del più totale degrado, Sissi cerca di elevarsi dal deserto emotivo del suo io nello spasmodico tentativo di aggrapparsi ad un rapporto che non promette sviluppi evolutivi. Solo un evento estremo ridarà un’identità rigenerativa ad entrambi. Bisogna riconoscere a Steve McQeen il merito di aver costruito una confezione raffinata, che si esprime in immagini impeccabili nella descrizione sia degli interni sia di una città fredda e vitrea come il protagonista. Ma questo non basta a compensare i limiti di un prodotto largamente imperfetto che non emoziona e non trascina. Il tema della dipendenza di Brandon è sviluppato attraverso un armamentario scontato di rapporti fugaci, masturbazioni, pornografia via internet, agganci in metropolitana e quant’altro, senza un approfondimento psicologico adeguato che la gravità della malattia, ormai quasi una piaga sociale, meriterebbe. Né aiutano i dialoghi, spesso poveri e banali, come nel rapporto con la ragazza di colore, così come è prevedibile il finale fin dalla prima scena (l’uomo che, ravvedendosi, rifiuta l’ultima tentazione). Qualche briciolo di pathos (per il resto grande assente) regala invece lo scontro tra i due fratelli, la cui dinamica a tinte forti attira più che le performance di sesso a perdere; ma il cinema è pieno di storie di scontri familiari tra richieste e rifiuti di amore o affetti, anche se per lo più confinati nei rapporti tra genitori e figli. Quindi anche qui niente di nuovo sotto il sole. Restano alcuni frammenti apprezzabili, come la struggente interpretazione di New York,new York da parte di Sissi, ma sono isolate palline di vetro colorato tra tante biglie opache di plastica. Riguardo infine alla coppa Volpi di Fassbender, belloccio assai ma attore appena discreto, viene da chiedersi: quale riconoscimento per confronto avrebbero dovuto assegnare ai vari Hopkins, De Niro, Penn, Streep per le loro migliori interpretazioni se non una torre Eiffel d’oro massiccio? Insomma un film deludente di un regista emergente e certamente interessante, da cui è lecito tuttavia aspettarsi ben altre prove all’altezza del suo talento.
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hidalgo
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domenica 19 febbraio 2012
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un uomo disperato
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Sullo sfondo di una New York grigia, Fassbender è lo strepitoso protagonista di un film estremo e disperato, terribilmente reale e realistico nelle scene e nel linguaggio, diretto magistralmente da un McQueen talmente maniacale nelle inquadrature che non ci sarebbe nemmeno bisogno dei dialoghi per capire pensieri e stati d'animo dei vari personaggi. I primi piani, specialmente quelli di Fassbender, trasmettono ansia, inquietudine e pietà per un uomo malato di sesso, incapace di fare l'amore e per questo schiavo della pornografia sia online che reale. Un film duro, curato nei minimi particolari, dove anche le musiche hanno un ruolo fondamentale e i personaggi sono ben definiti.
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Sullo sfondo di una New York grigia, Fassbender è lo strepitoso protagonista di un film estremo e disperato, terribilmente reale e realistico nelle scene e nel linguaggio, diretto magistralmente da un McQueen talmente maniacale nelle inquadrature che non ci sarebbe nemmeno bisogno dei dialoghi per capire pensieri e stati d'animo dei vari personaggi. I primi piani, specialmente quelli di Fassbender, trasmettono ansia, inquietudine e pietà per un uomo malato di sesso, incapace di fare l'amore e per questo schiavo della pornografia sia online che reale. Un film duro, curato nei minimi particolari, dove anche le musiche hanno un ruolo fondamentale e i personaggi sono ben definiti. Fassbender è un uomo solo con i suoi problemi, vive una vita "segreta" in cui non c'è spazio per i sentimenti ma solo per il sesso che consuma avidamente con una bionda conosciuta (?) in un locale, mentre non riesce ad avere un rapporto "normale" con la ragazza di colore con la quale sembrava potesse nascere qualcosa. L'unica che a suo modo prova, o crede di provare, a stargli vicino è la sorella, ma anche lei è una vittima della vita, una ragazza disperata e carica di problemi ben più gravi di quelli del fratello. McQueen non da "risposte" allo spettatore, racconta la tragedia umana e psicologica di un uomo consapevolo del suo stato, consapevole del fatto che nessuno può capirlo ma solo giudicarlo, che desidera, che brama la donna come un predatore affamato. E alla fame non si comanda. La fine è come l'inizo: stessa scena, stesso primo piano che vale più di mille parole, stesso sguardo fisso sulla stessa donna. La storia continua.
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erice
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sabato 18 febbraio 2012
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un film patetico
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un film patetico, lento, noioso e scontato.
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vany74
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mercoledì 15 febbraio 2012
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solitudine assordante
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Shame è dedicato ed è maggiormente fruibile dai newyorkesi o da coloro che ci sono stati per viverci. Rappresenta New york dove tutto è a portata di mano come in un fast food. Ottime le immagini. Ma godibile da coloro che hanno percepito la solitudine della grande mela. La grande mela dove tutto è veloce anzi velocissimo e si finisce quasi subito a letto. Purtroppo gli affetti sono pressochè inesistenti e si sente una solitudine assordante.
Anche una sorella può essere ingombrante quando sei abituato ad una vita scandita dall'anaffettività.
Brandon esiste, è reale. In una società dove ci sono moltissimi gay e la pecentuale è altissima. Se fosse nato in italia Brandon sarebbe stato cosi'? Me lo chiedevo mentre guardavo il film.
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Shame è dedicato ed è maggiormente fruibile dai newyorkesi o da coloro che ci sono stati per viverci. Rappresenta New york dove tutto è a portata di mano come in un fast food. Ottime le immagini. Ma godibile da coloro che hanno percepito la solitudine della grande mela. La grande mela dove tutto è veloce anzi velocissimo e si finisce quasi subito a letto. Purtroppo gli affetti sono pressochè inesistenti e si sente una solitudine assordante.
Anche una sorella può essere ingombrante quando sei abituato ad una vita scandita dall'anaffettività.
Brandon esiste, è reale. In una società dove ci sono moltissimi gay e la pecentuale è altissima. Se fosse nato in italia Brandon sarebbe stato cosi'? Me lo chiedevo mentre guardavo il film.
Io comunque che ho abitato là mi ci sono identificata appieno. Bravo il regista che mi ha fatto rivivere il vuoto degli affetti che sente un single laggiu'. Altro che sex and the city!!!Quella è pura fantasia!!Io lo consiglio....
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pepito1948
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martedì 14 febbraio 2012
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una "vergogna" deludente
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“ Volevo riflettere sul fatto che tutta la libertà di oggi talvolta si trasforma in una vera e propria prigione”. McQueen riassume così l’idea di fondo del film: la nostra libertà di azione spesso ci spinge a rinchiuderci dentro un recinto da cui resta difficile uscire, si chiami anaffettività o disperato bisogno di calore umano. Ogni dipendenza è una prigione, anche se tentiamo di venirne fuori sbattendo freneticamente contro le pareti come una mosca contro il vetro di una finestra. Il film si snoda su un doppio binario tematico, la sessomania di Brandon e la disperata carenza affettiva di Sissi. Naturalmente si tratta di “convergenze parallele” perché i due temi interagiscono in un contesto familiare.
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“ Volevo riflettere sul fatto che tutta la libertà di oggi talvolta si trasforma in una vera e propria prigione”. McQueen riassume così l’idea di fondo del film: la nostra libertà di azione spesso ci spinge a rinchiuderci dentro un recinto da cui resta difficile uscire, si chiami anaffettività o disperato bisogno di calore umano. Ogni dipendenza è una prigione, anche se tentiamo di venirne fuori sbattendo freneticamente contro le pareti come una mosca contro il vetro di una finestra. Il film si snoda su un doppio binario tematico, la sessomania di Brandon e la disperata carenza affettiva di Sissi. Naturalmente si tratta di “convergenze parallele” perché i due temi interagiscono in un contesto familiare. Brandon e Sissi sono fratelli, ed il loro incontro improvviso si trasforma in un lacerante conflitto. La domanda di sentimenti, di attenzioni, di interesse per la propria vita (con annessi ricatti) dell’una non trova riscontro nell’offerta pressoché inesistente dell’altro. Brandon è malato di sesso,e in quanto tale è privo di sensibilità emotiva, non “vede” le donne pur compiacenti se non come oggetto di sfogo dei sensi, e pertanto anche la sorella, in quanto donna, è più un elemento di disturbo che di arricchimento interiore. I movimenti dei due contendenti sono però inversi: se Brandon tende a lasciarsi cadere verso l’inferno del più totale degrado, Sissi cerca di elevarsi dal deserto emotivo del suo io nello spasmodico tentativo di aggrapparsi ad un rapporto che non promette sviluppi evolutivi. Solo grazie ad suo gesto estremo ma risolutore, Brandon dirà basta alla sua corsa autodistruttiva e scoprirà una nuova dimensione identitaria che sta oltre il confine dei sensi. Bisogna riconoscere a Steve McQeen il merito di aver costruito una confezione raffinata, che si esprime in immagini impeccabili nella descrizione sia degli interni sia di una città fredda e vitrea come il protagonista. Ma questo non basta a compensare i limiti di un prodotto largamente imperfetto che non emoziona e non trascina. Il tema della dipendenza di Brandon è sviluppato attraverso un armamentario scontato di rapporti fugaci, masturbazioni, pornografia via internet, agganci in metropolitana e quant’altro, senza un approfondimento psicologico adeguato che la gravità della malattia, ormai quasi una piaga sociale, meriterebbe. Né aiutano i dialoghi, spesso poveri e banali, come nel rapporto (con relativa defaillance) con la ragazza di colore, francamente irritante. La figura dell’amico-capo padre giudizioso e fedifrago è un ritornello ricorrente nel cinema tanto quanto il finale è prevedibile fin dalla prima scena (l’uomo che, ravvedendosi, rifiuta l’ultima tentazione). Qualche briciolo di pathos (per il resto grande assente) regala invece lo scontro tra i due fratelli, la cui dinamica a tinte forti attira più che le performance di sesso a perdere; ma il cinema è pieno di storie di scontri familiari tra richieste e rifiuti di amore o affetti, anche se per lo più confinati nei rapporti tra genitori e figli. Quindi anche qui niente di nuovo sotto il sole. Restano alcuni frammenti apprezzabili, come la struggente interpretazione di New York,new York da parte di Sissi, ma sono isolate palline di vetro colorato tra tante biglie opache di plastica. Riguardo infine alla coppa Volpi di Fassbender, belloccio assai ma attore appena discreto, viene da chiedersi: quale riconoscimento per confronto avrebbero dovuto assegnare ai vari Hopkins, De Niro, Penn, Streep per le loro migliori interpretazioni se non una torre Eiffel d’oro massiccio? Insomma un film deludente di un regista emergente e certamente interessante, da cui è lecito tuttavia aspettarsi ben altre prove all’altezza del suo talento.
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albet
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sabato 11 febbraio 2012
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corto-.circuito
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McQueen prima di essere un regista è un artista visivo e da qui io partirei nell'interpretazione critica di questo film. I dialoghi sono scarni ed essenziali proprio perchè Shame è un film sulla solitudine e la fatica di vivere; sono le immagini che avvolgono e sostengono tutto l'apparato concettuale del film. E' una storia di persone, fratello e sorella,in forte difficoltà sul piano dei sentimenti che si rifugiano costruendosi una parvenza di vita sociale, con più o meno successo dal punto di vista materiale, cercando di aggirare l'inespresso dolore attraverso la pornografia e la sessualità compulsiva per il fratello, figura centrale della trama, ed anche negli illusori stereotipi urbani, come la vita bohemien nella grande metropoli, per la sorella.
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McQueen prima di essere un regista è un artista visivo e da qui io partirei nell'interpretazione critica di questo film. I dialoghi sono scarni ed essenziali proprio perchè Shame è un film sulla solitudine e la fatica di vivere; sono le immagini che avvolgono e sostengono tutto l'apparato concettuale del film. E' una storia di persone, fratello e sorella,in forte difficoltà sul piano dei sentimenti che si rifugiano costruendosi una parvenza di vita sociale, con più o meno successo dal punto di vista materiale, cercando di aggirare l'inespresso dolore attraverso la pornografia e la sessualità compulsiva per il fratello, figura centrale della trama, ed anche negli illusori stereotipi urbani, come la vita bohemien nella grande metropoli, per la sorella. Guarda caso il clamore e le aspettative per le scene di sesso esplicito fiondano direttamente lo spettaotre dentro il mondo del protagonista maschile: la ricerca di un immaginario sessuale ipertrofico.La fotografia nitida e iper-reale rende benissimo l'idea del mondo fittizio che il protagonista si crea per mimetizzarsi nel caos esistenziale in cui vive. Una rappresentazione concettuale molto raffinata che cerca di portare al disvelamento di conflitti esistenziali molto profondi, molto laceranti ma assolutamente negati ufficialmente da tutti, o quasi..., nel mondo della felicità e dell'io ipertrofico che ci sta schiacciando au jour d'hui. A mio parere il lavoro del regista è un po' più ampio di quello che si può credere, è una specie di corto-circuito , un ribaltamento di prospettiva, non è lo spettatore che guarda, è il regista che gli mostra chi lui è e perchè ha pagato il prezzo del biglietto........e va dritto dritto al nocciolo della questione.
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numenoreano
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sabato 11 febbraio 2012
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voyeurismo kafkiano
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Non è solo la storia di un erotomane cronico, ma è anche il manifesto dell'inquietudine dell'uomo contemporaneo. Un moderno personaggio kafkiano (un ottimo Fassbender) il quale, nascosto nel suo personale usbergo (il suo appartamento) in difesa della sua voyeuristica intimità, come un'automa riceve stimoli freddi dal mondo facile di internet e, senza rendersene conto, alimenta un vortice di egoismo e solitudine.
La sua sconosciuta vita precedente lo ha portato a vivere distaccato la monotonia di ogni cosa, rapporti interpersonali e lavoro, come se fossero anonime figure uscite da un quadro di Magritte che fanno da evanescente contorno alla sua dipendenza; dipendenza da soddisfare ovunque ed in ogni modo.
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Non è solo la storia di un erotomane cronico, ma è anche il manifesto dell'inquietudine dell'uomo contemporaneo. Un moderno personaggio kafkiano (un ottimo Fassbender) il quale, nascosto nel suo personale usbergo (il suo appartamento) in difesa della sua voyeuristica intimità, come un'automa riceve stimoli freddi dal mondo facile di internet e, senza rendersene conto, alimenta un vortice di egoismo e solitudine.
La sua sconosciuta vita precedente lo ha portato a vivere distaccato la monotonia di ogni cosa, rapporti interpersonali e lavoro, come se fossero anonime figure uscite da un quadro di Magritte che fanno da evanescente contorno alla sua dipendenza; dipendenza da soddisfare ovunque ed in ogni modo.
Invece di giocare con ossessive inquadrature come farebbe il miglior Polanski, questo omonimo regista del più celebre McQueen trasmette ossessione con un ottimo studio del sonoro, con una fotografia fredda come un coltello, liscia e vagamente patinata. Ancora di più con una messa in scena blasé del sesso, come se i fornicanti fossero robot o insetti senz'anima ed il ritmo martellante ed insistente dell'amplesso fosse il ticchettio di un freddo orologio. Si può guarire? Non è detto che lo si voglia. Comunque nessuna certezza, di scampo e di finale. Un film coraggioso che vale, senza standing ovation finale, il prezzo del biglietto.
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leonardo malaguti
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sabato 11 febbraio 2012
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troppa arte e poco cinema
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Brandon, yuppie newyorkese rispettabile e di bell’aspetto convive segretamente (o quasi) con una patologica dipendenza dal sesso che gli impedisce di avere una vera vita. Un giorno gli piomba in casa la sorella, cantante complessata e tremendamente bisognosa di attenzioni che scombina completamente lo schematico scorrere della sua vita.
Steve McQueen prima di passare alla regia cinematografica era un video artista e si nota: tutto il film è montato su immagini evocative e figurativamente bellissime, curate nel minimo dettaglio, visivamente impressionanti (letteralmente). Troppo spesso però a ciò e ciò soltanto sembra ridursi. Il risultato è un film lento, manierato, la cui ricerca del momento scioccante e dell’inquadratura suggestiva, invece di rafforzare il crudo realismo che vorrebbe mettere in scena, lo indebolisce, lo edulcora involontariamente limitandolo ad una sequenza di monotone sebben brutali scene di sesso.
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Brandon, yuppie newyorkese rispettabile e di bell’aspetto convive segretamente (o quasi) con una patologica dipendenza dal sesso che gli impedisce di avere una vera vita. Un giorno gli piomba in casa la sorella, cantante complessata e tremendamente bisognosa di attenzioni che scombina completamente lo schematico scorrere della sua vita.
Steve McQueen prima di passare alla regia cinematografica era un video artista e si nota: tutto il film è montato su immagini evocative e figurativamente bellissime, curate nel minimo dettaglio, visivamente impressionanti (letteralmente). Troppo spesso però a ciò e ciò soltanto sembra ridursi. Il risultato è un film lento, manierato, la cui ricerca del momento scioccante e dell’inquadratura suggestiva, invece di rafforzare il crudo realismo che vorrebbe mettere in scena, lo indebolisce, lo edulcora involontariamente limitandolo ad una sequenza di monotone sebben brutali scene di sesso. In Shame c’è troppa arte e poco cinema e McQueen è troppo artista e poco regista. Manca una concezione cinematografica dell’opera, non ce n’è la tempistica né la metodologia di narrazione organica della vicenda. La sceneggiatura sfiora solamente le tematiche trattate, si avverte spesso la mancanza di profondità nello scavo psicologico dei personaggi, come si avverte la debolezza dell’intreccio, che ingrana pianissimo, sembra a un certo punto raggiungere finalmente un climax per poi invece scemare nuovamente.
A coprire le falle però interviene Fassbender. La sua interpretazione è semplicemente sublime, quasi perfetta nella sua commistione di rabbia, dolore feroce, battaglia interiore, il suo Brandon è un fascio di nervi, una bomba a orologeria repressa dietro un fragile muro di irreprensibilità. A tutto ciò che manca del personaggio nella sceneggiatura Fassbender ovvia con il suo viso, con il suo corpo, con un’espressività sorprendente e, a differenza della regia, sotto le righe, per nulla manierata. Anche Carey Mulligan, nel ruolo di Sissy, spicca per credibilità e intensità e la sintonia tra i due attori è tangibile.
Un film discreto che poteva essere un ottimo film, ma che probabilmente è solo l’esordio di un regista promettente ma non ancora del tutto capace, valido soprattutto per le struggenti interpretazioni dei protagonisti.
Voto **1/2
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[+] bravo
(di lem10)
[ - ] bravo
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