nalipa
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venerdì 10 febbraio 2012
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steve ncqueen chi?
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Ok con l'attore non c'entra.
E' il suo secondo film il primo dal titolo Hunger sulla vita di BObby Sands in Italia non é uscito.
In Shame é la vita di un bel newyorjese dipendente dal sesso che il regista cerca di raccontare dicendo poco, pochissimo ma mostrando molto, moltissimo, specialmente del bellissimo corpo dell'interprete.
Si capisce sia un essere profondamento turbato e triste per qualcosa di vecchio e famigliare, in quanto il delicato equilibrio della sua miserabile vita si sgretola e completamente quando la sorella, altrettando fragile, decide di stabilirsi a casa sua.
Certo Fassbender é bravo ma mi sembra che si veda in troppi film, incomincia a sturafarmi, bravissima anche la Nulligan nella parte della sorella Sissy.
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Ok con l'attore non c'entra.
E' il suo secondo film il primo dal titolo Hunger sulla vita di BObby Sands in Italia non é uscito.
In Shame é la vita di un bel newyorjese dipendente dal sesso che il regista cerca di raccontare dicendo poco, pochissimo ma mostrando molto, moltissimo, specialmente del bellissimo corpo dell'interprete.
Si capisce sia un essere profondamento turbato e triste per qualcosa di vecchio e famigliare, in quanto il delicato equilibrio della sua miserabile vita si sgretola e completamente quando la sorella, altrettando fragile, decide di stabilirsi a casa sua.
Certo Fassbender é bravo ma mi sembra che si veda in troppi film, incomincia a sturafarmi, bravissima anche la Nulligan nella parte della sorella Sissy.
Salvo completamente la colonna sonora: STUPENDA!!!!!!
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filippo gini
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venerdì 10 febbraio 2012
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un'esteta, senza dubbio!
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Questo che forse non é esattamente un regista di film.
Bellissime inquadrature supportate dalla una stupenda colonna sonora, ma la sceneggiatura .....sarà anche voluto ...(dire e non dire... lasciare al pubblico l'interpretazione...) .forse dirigere un film é un'altra cosa?
Bravissimi sia Fassbender che la Mulligan,
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faniel
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martedì 7 febbraio 2012
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toccante
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francesco2
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martedì 7 febbraio 2012
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bramare senza amare
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E' un film su cui si è già detto e scritto tanto, ma non per questo vogliamo rinunciare ad apportare un nostro contributo.
Se non ho capito male, pur essendo stato sottolineato l'(Auto?)isolamento (an)affettivo del personaggio, nessuno ha sottolineato una contraddizione ancora più tragica del personaggio: br-amare senza amare.
La storia ha infatti inizio con il protagonista che fissa una donna su una metropolitana: un'inquadratura fissa che, riflettendoci meglio, racchiude molto il senso stesso del film. Nel suo protrarsi VERSO ma non PER gli altri, ed è detto senza sfumature dolciastre o moralistiche, Brandon è un egocentrico il cui pensiero è fisso ed immutabile, pur nella sua grandissima (Apparente)mutevolezza (Ha scritto benissimo, come sempre, la Cappi quando ha parlato di società "On demand").
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E' un film su cui si è già detto e scritto tanto, ma non per questo vogliamo rinunciare ad apportare un nostro contributo.
Se non ho capito male, pur essendo stato sottolineato l'(Auto?)isolamento (an)affettivo del personaggio, nessuno ha sottolineato una contraddizione ancora più tragica del personaggio: br-amare senza amare.
La storia ha infatti inizio con il protagonista che fissa una donna su una metropolitana: un'inquadratura fissa che, riflettendoci meglio, racchiude molto il senso stesso del film. Nel suo protrarsi VERSO ma non PER gli altri, ed è detto senza sfumature dolciastre o moralistiche, Brandon è un egocentrico il cui pensiero è fisso ed immutabile, pur nella sua grandissima (Apparente)mutevolezza (Ha scritto benissimo, come sempre, la Cappi quando ha parlato di società "On demand").
Ma il personaggio è incapace di amare pur bramando: forse anche per questo non riesce a farlo con la sorella, in un raporto esplorato magari non benissimo. Perché al di là della modalità incestuosa che alcuni hanno letto, lì bisognerebbe d(on)area ffetto, non bramosia. Il protagonista, invece, colleziona una serie di corpi come fossero figurine: e lo esprime meglio la seconda parte, che ricorda il miglior Cronenberg, più della prima, forse un pò troppo autocompiaciuta. In certi "letti" condivisi si respira il miglior "Crash": l'uomo è" troppo" uomo, selvaggio, spregiudicato, ma al contempo si è trasformato in una macchina, atavica e priva di emozioni. In certi dialoghi intellettuali o pseudo-intellettuali scorgiamo il bellissimo "Sesso, bugie e videotape", considerato un film indipendente troppo sopravvalutato: tante parole intellettuali(?) in una profondità che viene sfiorata, ma senza afferrarla veramente. Come Brandon, in fondo: sfiora, sì, ma i suoi sentimenti non acquisiscono mai una vera profondità.
Come gli rinfaccerà la sorella, nel finale: quasi il protagonista, pur in un gesto estremo, non riuscisse mai ad amare nessuno, fuorché (forse) sé stesso. E la scena finale è qualcosa di già visto: fisso, immutabile. Appunto.
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goldy
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lunedì 6 febbraio 2012
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pretestuoso
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Se il dramma dell'uomo è di tipo patologico che condanna a una disperazione intollerabile allora si ricorra a cure adeguate. Se invece vuole essere profetico e sostenere la desertificazione totale dei sentimenti che caratterizzerà le generazioni future allora il film spaventa e mostra inequivocabilmente che senza illusioni non si può vivere. Il film non decolla mai perchè il punto di vista del regista rimane insondato. Non c' nessun tentativo introspettivo e nessuna volontà di guardarsi dentro per tentare di capire qualcosa di sè. Senza la strategia della parola il film diventa raffinato esibizionismo e una scusa per fare del sensazionalismo sessuale che non emoziona mai.
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Se il dramma dell'uomo è di tipo patologico che condanna a una disperazione intollerabile allora si ricorra a cure adeguate. Se invece vuole essere profetico e sostenere la desertificazione totale dei sentimenti che caratterizzerà le generazioni future allora il film spaventa e mostra inequivocabilmente che senza illusioni non si può vivere. Il film non decolla mai perchè il punto di vista del regista rimane insondato. Non c' nessun tentativo introspettivo e nessuna volontà di guardarsi dentro per tentare di capire qualcosa di sè. Senza la strategia della parola il film diventa raffinato esibizionismo e una scusa per fare del sensazionalismo sessuale che non emoziona mai. L'unico momento che mi ha preso è l'interpretazione della sorella di New York New York. Criticabile ìè anche l'uso dei brani musicali. Le Variazioni Goldberg e i Preludi di Bach sono più adatti a sottolineare la bellezza della casa ma non certo adatti a sottolineare il dramma dell'uomo
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[+] forse è vero
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(di laszlo)
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salvatore venuleo
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sabato 4 febbraio 2012
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la paura che non vogliamo vedere
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Un film che divide, con tutta evidenza. Non per la regia,non per la fotografia, non per la colonna sonora, non per gli attori, cose tutte apprezzate. In sintesi non apprezzano il film quelli che vi leggono la storia di una dipendenza da sesso. Questa parte del pubblico si affatica a cercare una spiegazione dell'origine della "malattia" e così evita di vedere quello che siamo. Un trauma infantile? Un incesto? Cos'altro? Niente, direi, ovvero tutto. Il protagonista è solo l'avanguardia di una umanità vicina all'abisso. La "malattia" (l'anomalia) è nella storia delle illusioni che abbiamo alle spalle: l'amore, la famiglia, la patria, la politica, etc.. Quando le illusioni cadono resta la solitudine davanti all'incubo della cosa impensabile e impronunciabile: la morte.
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Un film che divide, con tutta evidenza. Non per la regia,non per la fotografia, non per la colonna sonora, non per gli attori, cose tutte apprezzate. In sintesi non apprezzano il film quelli che vi leggono la storia di una dipendenza da sesso. Questa parte del pubblico si affatica a cercare una spiegazione dell'origine della "malattia" e così evita di vedere quello che siamo. Un trauma infantile? Un incesto? Cos'altro? Niente, direi, ovvero tutto. Il protagonista è solo l'avanguardia di una umanità vicina all'abisso. La "malattia" (l'anomalia) è nella storia delle illusioni che abbiamo alle spalle: l'amore, la famiglia, la patria, la politica, etc.. Quando le illusioni cadono resta la solitudine davanti all'incubo della cosa impensabile e impronunciabile: la morte. Solo l'orgasmo - la piccola morte, la petite mort dei francesi - può farla dimenticare: per l'intensità anestetica del sesso, replicabile più di altre pratiche anestetiche, nelle innumerevoli formi possibili, dell'accoppiamento etero, omo, multiplo/orgiastico, dell'onanismo. La vita però -ahimè - non può essere riempita da un orgasmo ininterrotto. Il protagonista, dopo aver raschiato il fondo nella splendida scena dell'orgia conclusa coi singhiozzi disperati, smette di cercare lo stordimento e l'oblio. Cos'altro troverà l'autore non dice. L'alternativa l'aveva già mostrata nel suicidio della sorella: anticipare la morte andandole incontro.
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marco michielis
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venerdì 3 febbraio 2012
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mcqueen troppo presuntuoso
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Condannare una dipendenza dal sesso che si sviluppa ai giorni nostri non si rivela compito facile per McQueen: Shame non decolla in alcun momento e non riesce a coinvolgere lo spettatore. Quei rari attimi, quelle poche scene che davvero potrebbero toccare le corde del nostro burbero cuore sono trattate sommariamente dal regista inglese; la canzone di Sissy, per quanto bella e delicata, viene rappresentata mediante un piano sequenza lunghissimo ed estenuante, con un'inquadratura in primo piano della bravissima e oramai non più una sorpresa Carey Mulligan: alla fine della canzone, gli occhi ti cominciano a girare e ad incrociarsi, così come capita durante la discussione dei due fratelli davanti alla televisione, propostaci nel medesimo modo e altrettanto stancante.
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Condannare una dipendenza dal sesso che si sviluppa ai giorni nostri non si rivela compito facile per McQueen: Shame non decolla in alcun momento e non riesce a coinvolgere lo spettatore. Quei rari attimi, quelle poche scene che davvero potrebbero toccare le corde del nostro burbero cuore sono trattate sommariamente dal regista inglese; la canzone di Sissy, per quanto bella e delicata, viene rappresentata mediante un piano sequenza lunghissimo ed estenuante, con un'inquadratura in primo piano della bravissima e oramai non più una sorpresa Carey Mulligan: alla fine della canzone, gli occhi ti cominciano a girare e ad incrociarsi, così come capita durante la discussione dei due fratelli davanti alla televisione, propostaci nel medesimo modo e altrettanto stancante. Sembra che McQueen abbia deciso di affidarsi, in quei dati frangenti, unicamente alla bravura degli interpreti, che è indubbia, ma che non basta a compensare un'evidente mancanza di invenzione stilistica e di una sceneggiatura efficace. Già, a proposito della sceneggiatura: scarna e a tratti inconsistente è la pecca più evidente della pellicola, non supportando minimamente lo svolgersi della vicenda e soprattutto facendo mancare dialoghi e battute nei momenti in cui, per la comprensione del messaggio del film (che, alla fine, infatti rimarrà pressochè oscuro e ambiguo), si sarebbero rivelati più necessari. Ad esempio, cosa pensa Brandon mentre passeggia per le strade di New York da solo o in compagnia? McQueen si rivela eccessivamente ambizioso, ritenendo di riuscire a confezionare un'opera definita e solida con il solo uso della sua abilità registica, dei suo attori e della musica; quest'ultima, in particolare, prova invano a conferire un certo grado di drammaticità alla trama, che però non ci permette di provare nei confronti di Brandon alcuna empatia, che è sempre vitale in ogni film che si rispetti. La (presunta) superbia del regista inglese raggiunge picchi clamorosi quando addirittura non ci viene rivelata, neanche in minima parte, la storia passata della famiglia dei due protagonisti, impedendoci di godere di una visione chiara e d'insieme della pellicola e, al tempo stesso, fornendoci una così ampia gamma di interpretazioni possibili che paradossalmente risulta impresa disperata darne una qualsiasi, a proposito di questo lavoro.
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gioinga
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mercoledì 1 febbraio 2012
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un film sul desiderio sessuale compulsivo
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Il regista ha scelto di fare un film su una malattia che gli psicologi definiscono desiderio sessuale compulsivo. Il malato ha in mente una e una cosa sola: fare sesso. Si masturba spesso sia al lavoro sia a casa, va con prostitute, non si sa controllare mettendosi in situazioni difficili (subisce un pestaggio) e si sente triste ed emarginato. Basterebbe andare da uno psicologo, non si tratta infatti di un comportamento giusto o sbagliato, ma semplicemente di una malattia, come può esserlo la depressione, la paranoia, la sindrome di persecuzione etc. Nel film non vengono né indagate le cause, né proposte soluzioni, si vede in pratica solo il protagonista che ha rapporti sessuali da solo o con altri, con lunghe scene che potrebbero essere tratte da un film porno, e che soffre per la sua condizione.
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Il regista ha scelto di fare un film su una malattia che gli psicologi definiscono desiderio sessuale compulsivo. Il malato ha in mente una e una cosa sola: fare sesso. Si masturba spesso sia al lavoro sia a casa, va con prostitute, non si sa controllare mettendosi in situazioni difficili (subisce un pestaggio) e si sente triste ed emarginato. Basterebbe andare da uno psicologo, non si tratta infatti di un comportamento giusto o sbagliato, ma semplicemente di una malattia, come può esserlo la depressione, la paranoia, la sindrome di persecuzione etc. Nel film non vengono né indagate le cause, né proposte soluzioni, si vede in pratica solo il protagonista che ha rapporti sessuali da solo o con altri, con lunghe scene che potrebbero essere tratte da un film porno, e che soffre per la sua condizione. Ripeto, Basterebbe andare da uno psicologo, ma non è quello che interessa al signor McQueen, che forse pensa che basti concentrarsi su una malattia per fare un film impegnato. Ma il fatto è che qui non si parla di un comportamento sociale, qui si parla di un malato. Punto. Niente di più. Un film senza senso.
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sassolino
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lunedì 30 gennaio 2012
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la vergogna nel basso ventre
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New York, mille luci notturne e mille tentatrici nella testa e negli istinti di Brian, 40 enne dalla carriera avviata che a un'emotività "normale" proprio non vuole arrendersi. Le cose scivolano ancor più nel basso ventre con l'arrivo della sorella Sissi, nottambula cantante di night clubs e compulsiva quanto un riccio delle Asturie! Il passato tutto irlandese dei due fratelli fallici nasconde forse qualche fitta trama incestuosa ma in Shame conta la visione, il ritmo tutto metropolitano (quasi un fuori orario delle nostre nevrosi), la forsennata pulsione al sesso che sembra sempre più distaccarci dall'amore, dalla naturale lentezza del vivere una vera storia affettiva. Esemplare la scena allo Standard Hotel dove l'approccio più sentimentale che sessuale della nera e conturbante collega blocca tutti gli appetiti perversi di Brian.
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New York, mille luci notturne e mille tentatrici nella testa e negli istinti di Brian, 40 enne dalla carriera avviata che a un'emotività "normale" proprio non vuole arrendersi. Le cose scivolano ancor più nel basso ventre con l'arrivo della sorella Sissi, nottambula cantante di night clubs e compulsiva quanto un riccio delle Asturie! Il passato tutto irlandese dei due fratelli fallici nasconde forse qualche fitta trama incestuosa ma in Shame conta la visione, il ritmo tutto metropolitano (quasi un fuori orario delle nostre nevrosi), la forsennata pulsione al sesso che sembra sempre più distaccarci dall'amore, dalla naturale lentezza del vivere una vera storia affettiva. Esemplare la scena allo Standard Hotel dove l'approccio più sentimentale che sessuale della nera e conturbante collega blocca tutti gli appetiti perversi di Brian.
Un film che con la potenza plastica del videoclip ci precipita in un Videodrome di masturbazioni interiori, uno spaccato lucido e tirato sull'incapacità di vivere bene quel che resta dell'amore e anche un piccolo saggio di incomunicabilità; nei gesti, negli spazi, nelle luci sempre soffuse, nella stessa videotelefonata del capo di Brian al figlio regna la solitudine che puo' risolversi solo autodistruggendosi, in un turbine vorace di sesso e compulsione.
Bravo Fassbender, capace di rendere tutta l'ambiguità del personaggio, la cupa disperazione che lo avvolge e soprattutto l'impotenza a lasciarsi vivere. Per chi spera in un finale incestuoso... piccola delusione.
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molenga
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lunedì 30 gennaio 2012
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a picco
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Brandon è un manager, vive a new york in un bell' appartamento ed è single...anche se forse non è "single" la patrola giusta per definirlo: brandon è un erotomane, mastuebatore compulsivo ed internauta pornografico, non riesce ad avere relazioni che comportino un lato sentimentale; per lui il sesso è necessario e anestetico: se prova ad andare oltre fa cilecca; Brandon( che è magistralmente interpretato da Fassbender) ha una sorella che si sdà ai maschi che incontra( lei è la prezzemolina carey mulligan), una ragazza senz'arte né parte, cantante incompiuta, donna mai cominciata. Insieme vivono un k-hole sul passato nel new jersey, entrambi sono lacrime e disperazione, in gabbia per sempre, corpi che si dimenano mentre affondano.
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Brandon è un manager, vive a new york in un bell' appartamento ed è single...anche se forse non è "single" la patrola giusta per definirlo: brandon è un erotomane, mastuebatore compulsivo ed internauta pornografico, non riesce ad avere relazioni che comportino un lato sentimentale; per lui il sesso è necessario e anestetico: se prova ad andare oltre fa cilecca; Brandon( che è magistralmente interpretato da Fassbender) ha una sorella che si sdà ai maschi che incontra( lei è la prezzemolina carey mulligan), una ragazza senz'arte né parte, cantante incompiuta, donna mai cominciata. Insieme vivono un k-hole sul passato nel new jersey, entrambi sono lacrime e disperazione, in gabbia per sempre, corpi che si dimenano mentre affondano.
Altra grande prova di McQueen che dipinge un affresco sulla solitudine e l'incapacità di vivere, la continua ricerca di compagnia di chi può vivere solo morendo. Fotografia e luci da Oscar, grandissimo Fassbender: la Mulligan è brava ma c'è un'inflazione della sua uimmagine: film da non perdere
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