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The Wolfman: attenti al lupo

Joe Johnston "restaura" l'ultimo dei mostri classici creati dalla Universal.
di Marzia Gandolfi

Licantropo e gentiluomo
Benicio Del Toro (Benicio Monserrate Rafael Del Toro Sanchez) (57 anni) 19 febbraio 1967, San Juan (Portorico - USA) - Acquario. Interpreta Lawrence Talbot nel film di Joe Johnston Wolfman.

mercoledì 27 gennaio 2010 - Incontri

Licantropo e gentiluomo
L'uomo lupo è l'ultimo dei mostri classici creati dalla Universal, ispirato dalla mitologia e dal folclore. Diversamente da Dracula e da Frankenstein, il licantropo di George Waggner non ha una fonte letteraria nobile ma nasce negli anni Quaranta dalla penna dello sceneggiatore Curt Siodmak. Settant'anni e incalcolabili lune piene dopo nella stessa brughiera si scatena una battuta di caccia contro il giovane Lawrence Talbot, straniero in patria e in famiglia, condannato dal Fato e dal morso di un mostro a scoprire le zone buie del suo essere. Diretto da Joe Johnston, The Wolfman "restaura" lupo, orrore e ululato, insistendo sui traumi familiari e sulla trasformazione. Il licantropo gentiluomo, vestito da Milena Canonero e invaghito della dolce moglie del defunto fratello, è interpretato con carattere e un (grande) cuore che batte da Benicio Del Toro, attore dalle infinite forme, seducente e ripugnante dentro la vecchia tradizione gotica conciliata col melodramma. A Roma per presentare il film di cui è interprete e produttore, Del Toro ci racconta come si costruisce un mostro e si affronta la paura di sé. Lo accompagna dentro e fuori dallo schermo la grazia di Emily Blunt, che rivela i suoi esordi al cinema e le sfide del mestiere d'attore.

Tradizione e innovazione
Benicio Del Toro: L'idea, girando The Wolfman, era quella di omaggiare la versione del 1941. La nostra sfida, la mia, quella degli sceneggiatori, dei produttori e del regista, era di riuscire a creare sullo schermo una storia fantastica che fosse allo stesso tempo credibile. Abbiamo per questa ragione affrontato la licantropia come una malattia, come una dipendenza incontrollabile. Ci interessava forse meno trattare il tema della bestia, per noi era più importante rappresentare la furia di un uomo senza controllo. Gli sceneggiatori, prendendo spunto dall'Amleto, hanno inserito la relazione padre-figlio, sviluppandola in maniera conflittuale. Differentemente dalla versione scritta negli anni Quaranta da Curt Siodmak, il mio personaggio smette in un certo senso di essere una vittima passiva, il mio Lawrence Talbot agisce e prova a interpretare il proprio destino. Vuole scoprire chi o che cosa ha provocato la morte del fratello, vuole fermare la brutalità paterna, vuole innamorarsi e si innamora. Padre e figlio sono nel film come due spermatozoi che devono trovare la direzione, nessuno dei due in fondo vincerà ma il mio Talbot andrà molto vicino al trionfo.

Mostri
Benicio Del Toro: Sento di avere una certa affinità coi mostri e non è solo una questione di romanticismo. Nella vita mi è capitato spesso di sentirmi diverso e comprendo bene la "mostruosità", in quanto portoricano e in qualità di attore mi è accaduto di sentirmi rifiutato. Credo che al cinema i mostri andranno sempre di moda perché l'uomo ama indagare quello che non conosce. Negli ultimi anni c'è un grande ritorno sul piccolo e grande schermo dei mostri classici, penso ai vampiri, ai lupi mannari, alla creatura di Frankenstein. Ci sono però alcune differenze da rilevare, per esempio i mostri recenti hanno sempre più spesso una coscienza, sono addirittura buoni. Fino agli anni Settanta ricordo che questi personaggi erano creature vulnerabili, che potevano essere abbattute. Ma la saga di Nightmare ha cambiato le carte in tavola, introducendo mostri che continuano a tornare e che sembrano non avere punti deboli. Il mio uomo-lupo appartiene comunque alla vecchia tradizione e naturalmente lo si può freddare con un proiettile d'argento. Mi sono divertito davvero molto ad interpretarlo, adoro partecipare a progetti impegnati ma ogni tanto, come tutti, mi piacciono i dolcetti, mi piace divertirmi e fare qualcosa di decisamente dolce, appunto.

Make-up e costumi
Benicio Del Toro: Una delle cose più entusiasmanti di questo film e di questa esperienza sul set è stata quella di incontrare professionisti come Rick Baker e Milena Canonero, che con la loro arte hanno contribuito a esaltare il risultato finale. Il film ha tratto un indubbio beneficio dal loro lavoro e tutti sul set abbiamo seguito diligentemente le loro direttive. Rick per la mia trasformazione si è ispirato ai film del passato, aggiungendo però un tocco personale, rileggendo il make-up in chiave moderna e fornendomi di grandi denti aguzzi. Ho passato con lui moltissimo tempo, pensate che per trasformarmi in lupo ci volevano dalle tre alle quattro ore al giorno, e altre due per "smascherarmi". Ero sempre l'ultimo a lasciare il set, insomma diventare un licantropo non è esattamente pratico ma lo rifarei, lo giuro.

Mostruosamente bravi
Benicio Del Toro: È probabilmente più complesso creare un personaggio nato da materiale leggendario e un attore deve in qualche modo fare riferimento e trovare le risorse necessarie nella sua esperienza di attore. Per costruire il mio uomo lupo ho guardato e riguardato le performance di miei illustri colleghi, penso a Gary Oldman in Dracula, a Jack Nicholson in Wolf, a Tim Roth nel Pianeta delle scimmie o ancora a Willem Dafoe nell'Ombra del vampiro. Osservando i loro mostri non si può fare a meno di notare l'attore sotto tutto quel trucco, il mestiere che lo eccede e ne rivela l'enorme talento. Grandi suggerimenti poi mi sono arrivati dall'osservare il lavoro di Anthony Hopkins, quando si ha la fortuna di dividere la scena con un attore del suo calibro non si può fare a meno di "studiarlo". Quello che posso dire di avere imparato da lui è la semplicità, ed è esattamente quel livello di naturalità che vorrei raggiungere. Mi è capitato spesso di incantarmi sul set e di smettere di recitare, avrei voluto soltanto starlo a guardare.

Sotto il costume
Emily Blunt: A un attrice inglese prima o poi capita sempre di indossare bustini, pizzi e lunghi abiti, ma in questa occasione è stata davvero un onore potere "abitare" i costumi di Milena Canonero, sono tra i più belli che mi sia mai capitato di vestire. Milena ha impiegato per confezionarli materiali naturali che ben si conciliavano con la natura che circonda tutti i personaggi. Certo non è mai semplice indossare il costume d'epoca e ogni volta che mi capita di farlo vivo l'esperienza come una sfida, perché devo in qualche modo resistere alla bellezza del set, alla ricchezza degli abiti e delle acconciature. Più praticamente poi non è sempre facile abitare fisicamente un abito: correre dentro una vestito lungo e impaludato, scappare via da un lupo feroce mantenendo un'andatura gentile e adatta a una signora. Sento di dover contrastare la formalità del mio personaggio, liberarla dalla rigidità del costume e renderlo fruibile al pubblico.

Damigelle in azione
Emily Blunt: Al momento di leggere il copione ho temuto di dover interpretare una damigella in pericolo, ma dopo poco battute capii che si trattava invece di una donna intrepida che avrebbe dovuto cercare la luce nel buio, il bene nel male. Nel costruirla sono perciò partita dal concetto di una donna vitale che dal lutto, la perdita del marito, tira fuori il coraggio, compreso quello di infrangere i tabù e di innamorarsi di Lawrence, fratello del suo defunto compagno.

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