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2012: la scelta di Roland

Emmerich, il regista del disastro, racconta 2012.
di Marianna Cappi

Un tripudio di effetti speciali e umanità
John Cusack (John Paul Cusack) (58 anni) 28 giugno 1966, Evanston (Illinois - USA) - Cancro. Interpreta Jackson Curtis nel film di Roland Emmerich 2012.

lunedì 12 ottobre 2009 - Incontri

Un tripudio di effetti speciali
La fine del mondo si avvicina e con essa la chimera di veder spazzata via una civiltà con mille problemi per far posto ad una nuova cultura, ad un nuovo mondo, all'ideale di un uomo nuovo. Aggrappandosi alla misteriosa configurazione del calendario maya, che raggiunge la conclusione del suo tredicesimo ciclo il 21 novembre 2012 senza prevedere un seguito, e alla proliferazione di profezie apocalittiche che astrologi, numerologi e geologi hanno ricamato su di essa, Roland Emmerich, il "regista del disastro", si è sbizzarrito a pilotare terremoti di forza 10.5, diluvi assolutamente universali, colate chilometriche di lava. Una produzione colossale che scommette su un cast tutt'altro che scontato, con al centro due attori fino ad ora immuni alle lusinghe del blockbuster, John Cusack e Chiwetel Ejiofor, affiancati da Amanda Peet, Thandie Newton, Woody Harrelson.
Cusack è Jackson Curtis, uno scrittore senza seguito che non ha mai smesso di amare i figli e l'ex moglie e per loro intraprende un viaggio letteralmente disperato, oltre le proprie possibilità ma non di riscatto; Ejiofor fa parte dello staff del presidente degli Stati Uniti d'America, sa che le alte sfere stanno pensando a salvare i pochi (che se lo possono permettere) ma è determinato a fare il possibile per i tanti, il maggior numero di persone possibile. I due interpreti e il regista sono stati a Roma per annunciare il loro 2012, un tripudio di effetti speciali che, tra un'acrobazia per terra e l'altra per mare, parla di morale e di politica, di sentimento e di giustizia, ricordando l'importanza di saper scegliere, presto e bene.

Per quale ragione il pubblico ama questo genere di film?
Roland Emmerich: Per prima cosa credo che le persone si riconoscano in personaggi come questi, dunque si mette in moto un fenomeno catartico, e poi credo che occorra guardare agli ingredienti, al mix riuscito tra le nostre visioni più grandi e i momenti più intimi.

Si tratta di puro intrattenimento o c'è dell'altro?
Qualsiasi film è politico, a suo modo. Solo decidere di voler "esclusivamente" intrattenere il pubblico vuol dire fare una scelta politica. Ma io procedo per immagini: mi sono sempre chiesto cosa accade nei summit del G8 e la prima immagine che mi è venuta alla mente è quella del presidente che caccia via tutti e parla solo ai suoi pari. In generale sono piuttosto sospettoso nei confronti dei politici.

Anche quelli italiani?
Non c'è dubbio che, in un caso come quello del film, il vostro primo ministro sarebbe il primo a correre in Cina per salire sull'arca di Noè. Per dirla tutta, ha già comprato un posto. Nel mio film, invece, nella sequenza di Roma, il vostro leader prega: non è Berlusconi.

Il 2012 segna l'ingresso in una nuova era. Sarà un mondo più unito, senza religioni, senza lacerazioni? Sono sempre stato dell'opinione che un disastro planetario ci unirebbe per un tempo breve. Qui si ipotizza che si salvino 3/400.000 persone e si pone la domanda: è giusto? È morale che coloro che sanno prima degli altri non lo comunichino a chi ancora non sa nulla? Questo dilemma ha dato vita, drammaturgicamente, a due personaggi, uno più conservatore e uno più liberale (il personaggio di Chiwetel Ejiofor), che discutono per tutto il tempo del film sul da farsi. Ma è un film di fantascienza, perché alla fine vincono i liberali.

Ha mai avuto l'impressione di stare girando un documentario su quello che avverrà?
Ho avuto questa sensazione con un solo mio film, The Day After Tomorrow, ma non con questo.

Come mai avete escluso l'utilizzo della tecnologia 3D? Innanzitutto per una questione di tempi. Volevamo uscire col film in estate, poi ho chiesto agli studios di poter rimandare l'uscita. Ma non sono un grande fan del 3D. Mi spiego meglio: come professionista, mi incuriosisce, vorrei girare in 3D, ma come spettatore mi distrae troppo. Forse la nuova generazione che crescerà abituata fin dalle prime visioni non si distrarrà come capita a noi.

. Come è nato produttivamente il progetto 2012? Ho lavorato come faccio sempre. Ero a Londra, sul set di un altro film, ho avuto un'idea e ho detto con Harald (Kloser, lo sceneggiatore. Ndr): appena torniamo ci lavoriamo, scriviamo un trattamento in due settimane e vediamo se funziona. In questo caso, però, dopo soli cinque giorni di lavoro, a Los Angeles, avevamo già in mano 35 pagine ed ero così contento di esse che gli ho detto: vado in vacanza, in Thailandia, poi ti chiamo, mi raggiungi e scriviamo. L'abbiamo ultimato in tempo record, quindi l'abbiamo proposto agli studios e la Sony se lo è accaparrato.

Nel film compare un inserto di animazione. Come nasce l'idea di questo tocco originale? I fatti andavano raccontati ma volevo evitare lo scienziato che fa uno "spiegone". Ci è venuta l'idea di un dj un po' folle – il personaggio di Woody Harrelson, uno che potrebbe fare una cosa del genere. Sono soddisfatto, è un espediente molto originale.

Quanto è costato il film?
Poco più di 200 milioni di dollari. Ma tenete presente che più un film costa e più "costa" se va male; il prezzo che si paga, in quel caso, è direttamente proporzionale.

È noto per preparare ogni cosa nei minimi dettagli prima di cominciare le riprese, ha cambiato qualcosa in corso d'opera?
In realtà mi tengo sempre un margine per dei cambiamenti ma ci sono dei momenti-chiave – a livello di immagini, intendo - che non potrei mai sostituire, sono quelli per cui ho fatto il film. In questo caso, era la visione dell'acqua che sommerge l'Himalaya.

Non teme che l'attore venga schiacciato da storie come queste?
Sono consapevole di questo pericolo e per scongiurarlo ho costruito per questo film delle scene totalmente imperniate sull'attore. Questo, credo, ci ha fatto ottenere il sì dei grandi attori che compongono il cast di 2012. Inoltre, poiché ho il final cut, anche se mi fanno tagliare (perché i miei film sono sempre troppo lunghi...) posso garantire loro che non taglierò quelle scene.

Dove scapperebbe con la sua famiglia nel caso di un'apocalisse come quella ipotizzata nel film?
John Cusack: Credo che andrei ai Caraibi. Mi piacerebbe. O forse a Roma, perché no? È una città che mi piace così tanto.

Lo scenario del film è talmente apocalittico da spingere a riflettere sul concetto di sopravvivenza. Cosa significa per lei?
Io non so se vorrei sopravvivere ma so che per il mio personaggio, che è un padre, sopravvivere significa ingannare il tempo, strappare al destino 60 minuti e poi 30 e così via.

La sua partecipazione ad un film di questo genere e proporzioni è insolita. Quanto è stato un lavoro tradizionale e quanto invece hanno pesato gli effetti speciali?
Il più delle volte il set era tradizionale ma prevedeva sullo sfondo un blue screen o un green screen. Era tutto più o meno come al solito, solo più grande, con tanto di aeroplani fissati su piattaforme idrauliche; forse il film più grande che sia mai stato realizzato, ma l'impatto sulla recitazione non ne risente, perché più il film diventa grande e più la storia si fa piccola, intima.

Crede che il film dica la verità?
Penso che rifletta lo spirito del tempo, non una reale profezia. Credo che dovremmo sopportarci ancora a lungo, non credo proprio che il mondo finirà nel 2012. In questo senso sono un ottimista, come il mio personaggio.

Come evolve il suo personaggio?
All'inizio gli preme soltanto portare la sua famiglia lontano da Los Angeles, verso una delle navi che porteranno in salvo i pochi e potenti fortunati. Cerca, dunque, in qualche modo, di saldare i debiti del passato, di ottemperare alle promesse fatte. Il fascino di questi miti sulla fine del mondo è che spingono a chiedersi come impiegare il tempo che rimane. Se arriveremo ad un disastro globale come quello del film, a quel punto, credo che saremo tutti sulla stessa barca, che ci sarà un livellamento naturale, le guerre perderanno di senso e cesseranno, le persone daranno il meglio di sé. Almeno spero. Anche in questo senso, me ne rendo conto, sono ottimista.

Il suo Jackson Curtis è uno scrittore di talento, sfortunato commercialmente, o un vero incapace?
Ha scritto un libro che è stato un insuccesso tale da rovinare il suo matrimonio. Eppure Adrian, il responsabile dei consiglieri scientifici del presidente degli Stati Uniti, è uno dei pochissimi ad averlo letto e proprio il ricordo di quel libro lo aiuterà a riflettere, nel momento della decisione più importante.

Crede che Obama si comporterebbe come il presidente del film? Crede che privileggerebbe le élites?
Quando gli autori del film erano ancora in fase di scrittura avevano due possibilità nel delineare il personaggio del presidente: potevano ipotizzare la presenza di un uomo di colore o di una donna bianca di mezza età. Ci hanno preso. Quello che posso dire è che, di certo, se ci fosse stata l'amministrazione Bush, noi non saremmo saliti sulle navi. Detto questo, il film mira al puro intrattenimento e non ha un esplicito intento politico ma si può controbattere che tutto è politico e io posso aggiungere, perché l'ho conosciuta, che Roland ha in sé una vena sovversiva, quasi punk-rock.

Sei un appassionato del genere catastrofico?
Da ragazzo, negli anni Settanta, li guardavo ma ammetto che mi affascinava di più il concetto della fine del mondo. Da cattolico non particolarmente osservante quale sono subivo l'impatto dell'idea del disastro e l'idea che i paesi dovessero dialogare necessariamente tra loro per capire cosa fare. Mi auguro davvero che sarà così.

Il suo è un volto del cinema indipendente qui prestato ad un blockbuster. Quali differenze ha sperimentato?
Potrei dire che a volte bisogna fare dei blockbusters per poter fare gli altri film, ma non è questo il caso per me. Questo era un bel film, con un bel copione e un regista esperto: chiunque avrebbe accettato. Per il resto, non ho sperimentato grandi differenze, a parte che su una grande produzione come questa si mangia meglio.

Che effetto fa avere la responsabilità di predire la fine del mondo?
Chewetel Ejiofor: È una responsabilità pesante. Il mio personaggio è posto di fronte ad un doppio dilemma morale: ha delle informazioni preziose che deve decidere se elargire o meno e, allo stesso tempo, decidere di farlo vorrebbe dire contrastare le decisioni del suo governo. In un film di queste dimensioni, un personaggio così solido è importante, porta un gran contributo narrativo.

Cosa sapeva delle profezie sull'anno 2012 prima di leggere lo script?
Sapevo che il calendario Maya finisce nel dicembre 2012 e che questa data segnava per loro la fine del mondo come lo conosciamo ora. Ma non è detto che ciò avverrà solo tramite morte e distruzione, potrebbe anche risorgere un nuovo fattore umano, il passaggio potrebbe avvenire gentilmente.

Ha lavorato soprattutto in teatro e nel cinema d'autore, cosa le ha insegnato l'esperienza della partecipazione ad un blockbuster?
È stato interessante lavorare su un progetto di scala tanto ampia, con un regista che è prima di tutto un visionario e ragiona per immagini. Volevo capire che ruolo avevano i personaggi e gli attori in un contesto come questo e devo dire che lo sceneggiatore è stato molto abile: è riuscito a mettere insieme il disastro globale e l'aspetto umano, le sue conseguenze sull'uomo.

Ha ripensato all'esperienza con Cuaròn per questo film? Trova che "Figli degli uomini" sia un film in qualche modo affine a questo?
No, trovo i due film molto diversi tra loro; possiedono entrambi una qualità epica ma la visione di Alfonso era molto più oscura, e oltretutto là interpretavo un cattivo. 2012, nonostante tratti di una tragedia "finale", lo fa in modo più leggero, parla al contempo di speranza e di come l'essere umano è spinto dal caso limite a cercare il meglio dentro di sé.

Il suo Adrian è un personaggio-ponte tra i due mondi: lavora per i potenti ma non è un vero potente. Da che parte starebbe Chewetel Ejiofor, nella vita?
È vero. Una delle cose che più mi è piaciuta del personaggio è che la sua questione morale non ha una risposta facile. Dispone di informazioni che, se divulgate, potrebbero facilmente provocare un pandemonio, generare isteria collettiva, però non crede nemmeno che sia giusto salvare solo i potenti... Credo che io mi schiererei dalla parte di Adrian: sceglierei di dare le informazioni alla gente e di fronteggiare le conseguenze. Non è facile ma lo trovo moralmente corretto.

Vorrebbe sopravvivere alla fine del mondo?
Sopravvivere in casi come questi non è facile, per il carico che ci si porta dietro, per le perdite indescrivibili. Ma io sì, penso che ne valga sempre la pena.

Si fida di più della politica o della scienza?
Senza dubbio della scienza. Da sempre gli scienziati lottano per non venire manipolati dalla politica; è un conflitto classico, che il film solleva nuovamente perché non smette di interessare e di coinvolgere tutti, almeno da quando gli scienziati hanno reso possibile la costruzione di armi di distruzione di massa.

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