L'ultimo metrò

Film 1980 | Drammatico +16 130 min.

Titolo originaleLe dernier métro
Anno1980
GenereDrammatico
ProduzioneFrancia
Durata130 minuti
Regia diFrançois Truffaut
AttoriCatherine Deneuve, Gérard Depardieu, Jean Piret, Andréa Ferréol, Richard Bohringer, Jean Poiret Paulette Dubost, Maurice Risch, László Szabó, Christian Baltauss, Heinz Bennent, Jean-Louis Richard, Sabine Hadepin, Jean-Pierre Klein, Franck Pasquier, Renata, Jean-José Richer, Martine Simonet, Hénia Ziv, Jessica Zucman, Alain Tasma, René Dupré (II), Pierre Belòt, Jacob Weizbluth, Rose Thierry, Marcel Berbert, Jean-Paul Belmondo, Sabine Haudepin.
TagDa vedere 1980
RatingConsigli per la visione di bambini e ragazzi: +16
MYmonetro 3,77 su 6 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

Regia di François Truffaut. Un film Da vedere 1980 con Catherine Deneuve, Gérard Depardieu, Jean Piret, Andréa Ferréol, Richard Bohringer, Jean Poiret. Cast completo Titolo originale: Le dernier métro. Genere Drammatico - Francia, 1980, durata 130 minuti. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +16 - MYmonetro 3,77 su 6 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento lunedì 11 dicembre 2017

A Parigi durante l'occupazione tedesca, un'attrice famosa, moglie di un capocomico ebreo, manda avanti il teatro, dopo la fuga del marito. Il film ha ottenuto 1 candidatura a Premi Oscar, ha vinto un premio ai David di Donatello, 1 candidatura a Golden Globes,

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Consigliato assolutamente sì!
3,77/5
MYMOVIES 4,00
CRITICA
PUBBLICO 3,55
CONSIGLIATO SÌ
Cinema del passato e personale nell'ultima fase del lavoro di Truffaut.
Recensione di Giancarlo Zappoli
Recensione di Giancarlo Zappoli

1942. Parigi occupata dai nazisti. L'ultimo metrò è il mezzo che i parigini debbono prendere per tornare a casa in sicurezza dopo essere stati a teatro. Proprio di un teatro e di chi lo fa continuare ad esistere che il film si occupa. Marion Steiner è la prima attrice del Théâtre Montmatre che si è caricata sulle spalle l'impresa di fare andare avanti la compagnia dopo che il marito, il regista ebreo Lucas, è fuggito per evitare l'arresto. In realtà l'uomo è nascosto nella cantina dell'edificio e da lì, con l'aiuto della consorte, continua a dirigere. Lo spettacolo che si sta provando è di un autore danese e s'intitola "La scomparsa". Per il ruolo di primo attore viene ingaggiato il giovane e irruente Bernard Granger che proviene dal Grand Guignol. Bernard, all'insaputa dei colleghi, fa anche parte della rete clandestina della Resistenza.

Truffaut apre una nuova (e purtroppo ultima) fase del suo cinema che gli consente di affrontare una dimensione al contempo più distesa dal punto di vista delle passioni che lo attraversano e anche più vicina a un cinema del passato.

È proprio il passato (quello della sua infanzia in tempo di guerra) quello che vuole ricostruire in un film che si sviluppa su più livelli. A partire proprio da un episodio del tutto personale: il bambino a cui la mamma lava la testa, subito dopo che un nazista gliel'ha accarezzata, è il piccolo François (a farlo non fu la madre ma la nonna).
C'è poi l'amore (sempre vivo) per il farsi di uno spettacolo (in Effetto notte il mondo del cinema e qui quello della rappresentazione teatrale) che, in tempo di guerra, coagula un microcosmo di persone all'interno del quale l'equilibrio tra finzione è realtà è più che mai instabile e in cui il pubblico sperimenta quel calore (anche fisico) che le abitazioni e il mondo esterno non sono più in grado di offrire.

Truffaut trova anche il modo di togliersi non dei sassolini bensì dei macigni dalle scarpe tratteggiando nel modo più disonorevole possibile la figura del critico pronto a qualsiasi bassezza pur di servire i potenti. Non dimentica però, pur delineando con rigore filologico un periodo storico particolarmente complesso per la Francia, il tema a lui sempre vicino della complessità dei sentimenti.

Conosciamo Bernard in strada, mentre cerca di abbordare una sconosciuta che lo respinge ma che poi lui ritroverà in teatro.
Apprezziamo i rischi che Marion corre per salvare la vita al marito ma siamo anche testimoni dei suoi quasi impercettibili slittamenti del cuore che il regista di Jules e Jim sa cogliere con la raffinatezza e la partecipazione emotiva che sono stati uno dei tratti essenziali del suo cinema.

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Guida alla visione.
Marzia Gandolfi
giovedì 9 aprile 2020

Dopo Effetto notte (1972), dedicato al mondo del cinema, è sul palcoscenico che François Truffaut accende i riflettori, descrivendo la vita febbrile di un teatro parigino che lotta per sopravvivere negli anni bui dell'occupazione nazista.

Se il teatro è al cuore del film, Truffaut non trascura i piccoli dettagli della vita quotidiana che gli suggeriscono (anche) il titolo. Alle 23 passava l'ultimo metrò, cominciava il coprifuoco, dormivano i traffici di prosciutto o di sapone nascosto nella custodia di un violoncello, si accendeva il bisogno di distrazione dei parigini, si disegnavano le righe nere sulle gambe delle donne, covava la diffidenza verso i propri vicini, si denunciavano gli ebrei, si nascondevano gli ebrei. Ma col colore dell'Occupazione, scrupolosamente ricostruita, Truffaut riflette sull'illusione scenica e la verità umana.

L'intimo è dappertutto nel film ma pudicamente rivestito dalla perfezione della fattura. Il triangolo amoroso è ancora una volta la figura del suo cinema. Marion Steiner (Catherine Deneuve) è la proprietaria di un teatro che nasconde il marito ebreo (Heinz Bennent) e i sentimenti per il suo attore (Gérard Depardieu). D'altronde, l'occupazione tedesca, il teatro e l'amore hanno in comune la necessità della dissimulazione. Almeno fino a quando qualcuno non urla: "più luce". Catherine Deneuve stringe la mano a entrambi nel gran finale e converte la sua freddezza naturale in qualcosa di ardente, nel dolore cocente che si prova a contatto col ghiaccio. Insieme a I quattrocento colpi, è il più grande successo commerciale dell'autore.

Recensione di Stefano Lo Verme

Parigi, 1942. La famosa attrice Marion Steiner, proprietaria del teatro Montmartre, deve mettere in scena il nuovo spettacolo della compagnia, e nel frattempo tiene nascosto nei sotterranei dell'edificio suo marito, il regista Lucas, ricercato dai nazisti perché ebreo. La situazione si complica quando alla compagnia si unisce il volitivo attore Bernard Granger, che ben presto si innamora di Marion.
Scritto e diretto da François Truffaut nel 1980, L'ultimo metrò è uno dei maggiori capolavori nella carriera del celebre regista francese, autore anche della sceneggiatura insieme alla sua fedele collaboratrice Suzanne Schiffman. Miscelando abilmente elementi del dramma e della commedia, narrazione storica e sentimenti privati, Truffaut ha realizzato una delle sue opere più armoniose e perfette, nella quale racconta la vita quotidiana in Francia durante l'occupazione nazista e la costante atmosfera di sospetto e di paura dei cittadini, ben sottolineata dalle ambientazioni in prevalenza notturne della pellicola. Accolto da un grande successo di critica e di pubblico, L'ultimo metrò ha ottenuto dieci premi César, inclusi quelli per il miglior film, la regia e i due protagonisti, Catherine Deneuve e Gérard Depardieu.
Dotato di un'impeccabile ricostruzione scenica, il film si avvale della suggestiva fotografia di Néstor Almendros e di una magnifica colonna sonora di Georges Delerue, oltre che di un eccezionale cast di attori. La splendida Catherine Deneuve, alla sua seconda collaborazione con Truffaut dopo La mia droga si chiama Julie (dal quale, fra l'altro, è tratto il dialogo finale della commedia messa in scena dai personaggi), dà un'interpretazione straordinaria nel ruolo di Marion Steiner, attrice ed impresaria teatrale che dietro la sua apparente freddezza nasconde un indecifrabile conflitto interiore, destinato ad esplodere quando la donna si troverà divisa tra l'affetto per il marito Lucas (Heinz Bennent) e l'amore per il nuovo arrivato, Bernard Granger (un formidabile Gérard Depardieu, all'epoca astro nascente del cinema francese). Superlativi anche gli attori di contorno, inclusi Jean Poiret (il regista che aiuta Marion nella gestione del teatro Montmartre) e Andréa Ferréol (la fascinosa scenografa lesbica corteggiata da Bernard).
Pensato inizialmente come il secondo capitolo di un ideale trittico - dopo il precedente Effetto notte (1973) - sul mondo dello spettacolo, L'ultimo metrò non è soltanto un dramma storico su uno dei periodi più cupi mai attraversati dalla Francia, ma è soprattutto una celebrazione della magia del teatro e della dedizione delle persone che vi contribuiscono giorno per giorno con il proprio lavoro. Come in molti altri film di Truffaut, anche qui è il potere della fantasia e della creazione artistica (dei quali il teatro è appunto una delle massime espressioni) l'unica fonte di speranza - e di sopravvivenza - nei momenti di difficoltà; e non a caso è proprio su un palcoscenico, dopo la fine dell'occupazione, che avrà luogo l'epilogo della storia, con l'emblematica riunione fra Marion e i due uomini della sua vita. Il titolo della pellicola si riferisce al passaggio dell'ultimo metrò della giornata, che in tempo di guerra segnava l'orario del coprifuoco.

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PUBBLICO
RECENSIONI DALLA PARTE DEL PUBBLICO
venerdì 10 giugno 2011
a17540

Siamo a Parigi nel 1942 nella Francia occupata. Al teatro Montmartre Marion Steiner (Catherine Deneuve), celebre attrice, s’improvvisa capocomico al posto del marito Lucas, ebreo, ricercato dai nazisti, apparentemente fuggito ma che in realtà vive nascosto nei sotterranei del teatro. Alla compagnia, che tra mille difficoltà cerca di mettere in scena La scomparsa, dramma immaginario [...] Vai alla recensione »

sabato 12 novembre 2011
dounia

La storia del film presenta un gruppo di attori e attrici che lavorano al Teatre Mormatre di Parigi nel 1942, quando esiste il dominio dell'invasione nazista. Tante persone vanno a teatro sia per scaldarsi e a casa diventa difficile, sia perché il teatro piace molto alla gente. Per farlo non devono perdere l'ultimo metrò delle 20.30. L'équipe di attori mette in scena una commedia che ottiene il successo. [...] Vai alla recensione »

venerdì 16 dicembre 2011
fedeleto

Durante la seconda guerra mondiale ,una donna(catheirne denueve) dirige un teatro e nasconde un ebreo (suo marito) nella cantina.La recita continua (come la recita che la donna effettua nela vita nascondendo il marito),fino a quando non finira' la guerra.Anche se forse la donna e' innamorata di un attore (gerard depardieu).Tra il cinema e teatro ,l'ultimo metro si svolge in modo lineare [...] Vai alla recensione »

mercoledì 16 novembre 2011
Luca Scialo

Nella Parigi degli anni dell'occupazione nazista, un noto sceneggiatore teatrale è costretto a vivere in una cantina perché ebreo. Il suo teatro è gestito dalla moglie Marion e malgrado le difficoltà stanno preparando una commedia: La scomparsa, dramma immaginario della norvegese Karen Karenberg di cui quest'ultima è protagonista.

lunedì 20 giugno 2011
Gwynplaine

Figo.

lunedì 27 giugno 2022
stefano capasso

A Parigi durante l’occupazione nazista il regista teatrale Lucas Steiner è costretto a nascondersi per sfuggire alle persecuzioni contro gli ebrei. La moglie Marion, attrice, si fa in carico di portare avanti il teatro e la commedia che stanno provando. L’arrivo di un giovane e bravo attore, Bernard, mette in moto una serie di dinamiche amorose impreviste.

giovedì 23 aprile 2020
Volontè78

Ecco il testamento,capolavoro,che il regista francese,realizzò in nome dell'amore verso il teatro,sua passione mai nascosta.Eh si,è puro amore,che muta,nelle sembianze dei protagonisti,sotto molteplici forme. Amore vacuo,amore fedele,amore fisico ed infine amore spirituale,quest'ultimo rappresentato dal Truffaut in immagini ,ma resta impresso nel suo animo.

sabato 6 settembre 2014
a.95GG

La Parigi della Resistenza ha sempre suscitato un grande fascino, poi se ci aggiungi una gelida quanto divina Catherine Denueve e il tocco di cinepresa di Francois Truffaut, Parigi potrebbe anche diventare immortale. Dopo tutto, chi meglio del regista caposcuola della Nouvelle Vague poteva rappresentare quella Parigi? O quel teatro nostalgico di Montmartre, centro pulsante di vita.

martedì 10 maggio 2011
dario

L'accettabilità del film sta nel suo andamento elegante e raffinato. Poi cadono le braccia di fronte al poco che propone e al troppo che esprime verbalmente, senza partecipazione. Il distacco dalle vicende è palpabile e così la pretesa di significazione senza fatica.

Frasi
Eh, lui ed io non siamo stati molto insieme: era mancino.
Perché, ce l'hai con i mancini tu?
No, ma quando mi dava uno schiaffo non avevo il tempo di vedere arrivare la mano...
Dialogo tra Bernard Granger (Gérard Depardieu) - Germaine Fabre (Paulette Dubost)
dal film L'ultimo metrò
STAMPA
RECENSIONI DELLA CRITICA
Piera Detassis
Ciak

«Indimenticabili straziati dall’amore clandestino, colpiti al cuore dalle difficoltà del vivere quotidiano sotto l’occupazione: Catherine Deneuve e Gérard Depardieu, ne L’ultimo metrò, capolavoro e grande successo di François Truffaut, danno vita ad una delle coppie più affascinanti del cinema. Una grande storia d’amore sullo sfondo di un periodo storico difficile, quello dell’occupazione tedesca di [...] Vai alla recensione »

Stefano Reggiani

Caro Truffaut, come ci fa piacere che la sua faccia da ex corrigendo sia diventata il simbolo della buona volontà universale. L'abbiamo rivisto nella nuova edizione di Incontri ravvicinati e la cosa più commovente era ancora la sua presenza, quell'alfabeto delle mani (il dorso, il palmo, la mano aperta, la mano chiusa) con cui intrecciava un rapporto di amicizia cosmica con gli esserini venuti dallo [...] Vai alla recensione »

winner
miglior attrice straniera
David di Donatello
1981
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