L'ultimo metrò

La Parigi della Resistenza ha sempre suscitato un grande fascino, poi se ci aggiungi una gelida quanto divina Catherine Denueve e il tocco di cinepresa di Francois Truffaut, Parigi potrebbe anche diventare immortale. Dopo tutto, chi meglio del regista caposcuola della Nouvelle Vague poteva rappresentare quella Parigi? O quel teatro nostalgico di Montmartre, centro pulsante di vita. Sì perche Hitler e compagni non riuscirono mai a debellare del tutto la grandezza di questa città, la sua arte, la voce di Edith Piaf e Truffaut lo vuole gridare e rappresentare sul palcoscenico, facendo un pò di metateatro e rompendo così la finzione scenica su cui gioca questo capolavoro. Un film d'autore per antonomasia,alla fine,infatti, intendiamo il leitmotiv sentimentale a cui tanto ci ha abituati il regista francese, ossia il ménage à trois. Nonostante l'atrocità della guerra e il rischio continuo di perdere l'ultimo metrò o in realtà la vita stessa, l'arte è l'unica cosa che sopravvive, anzi vivifica i personaggi che quasi quasi vorrebbero che il sipario non calasse mai per non ritornare così alla realtà bellica e asfittica a cui sono tristemente condannati.