Titolo internazionale | The Box |
Anno | 2021 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Messico, USA |
Durata | 92 minuti |
Regia di | Lorenzo Vigas |
Attori | Hernán Mendoza, Cristina Zulueta, Hatzín Navarrete . |
Tag | Da vedere 2021 |
MYmonetro | 3,33 su 14 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 4 novembre 2022
Un tagazzo si trova ad essere risucchiato dal giro di migrazione in Messico.
CONSIGLIATO SÌ
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Hatzin frequenta la seconda media a Città del Messico, città in cui vive con la nonna che ha temporaneamente lasciato per andare a ritirare la cassa in cui si trovano i resti del padre esumati da una fossa comune. Quando però incontra un uomo che ha gli stessi tratti fisiognomici del genitore che ha conosciuto poco, decide di restituire la cassa e si mette a seguirlo fino a praticamente imporgli la sua presenza. Entrerà così nel mondo, per lui sconosciuto, dei trafficanti di forza lavoro sottopagata.
Lorenzo Vigas chiude ad un alto livello estetico e sociale la sua trilogia sulla ricerca della figura paterna.
Ad ispirarlo è la realtà latinoamericana che vede aumentare in modo esponenziale la situazione per cui nei nuclei familiari l'assenza del padre è divenuta una condizione ormai 'normale'. Trova così nel giovanissimo Hatzín Navarrete l'interprete ideale per portare sul volto i segni di questa assenza.
Il film si apre con lui che colpisce ritmicamente con i piedi la parete del gabinetto dell'autobus che lo sta portando a recuperare i resti paterni. La tensione è già presente nella sua vita ma sembrerà allentarsi quando crederà di aver ritrovato il genitore nascosto sotto falso nome. Il suo desiderio di trovare un modello a cui fare riferimento lo spingerà a cercare di non vedere che quell'uomo, che dapprima lo ha respinto e poi lo ha accolto come aiutante, traffica in esseri umani da sottoporre a sfruttamento conservando anche l'immagine del benefattore.
Senza avere la pretesa di voler fare paragoni indebiti, date le diverse latitudini e temperie culturali, non si può evitare di dire che i fratelli Dardenne hanno un omologo venezuelano per l'umanità e la profondità di uno sguardo che non dimentica di collocare le vicende in spazi definiti e mai casuali.
Dopo tanti esterni in cui lo sguardo può spaziare, l'ingresso di Hatzin in una delle fabbriche stipate di esseri umani e dominate dal rumore crea un contrasto difficile da dimenticare. Per affinità di tematiche (e non solo) torna alla mente La promesse con, in aggiunta, la precarietà di vite che possono essere eliminate senza che i colpevoli vengano puniti.
Ci sono casse in cui si conservano resti di corpi ed altre, nel profondo dell'animo, in cui tentare di occultare ciò che di insano e di criminale c'è nella società. Non è un'impresa giusta e nemmeno facile. In una scena importante del film Hatzin indossa una maglietta di 'The Wall' dei Pink Floyd. "Teacher leave the kids alone" cantavano. Quando sono cattivi maestri sarebbe bene che lo facessero. In La caja Hatzin diviene l'emblema di coloro che ne trovano uno di cui assorbire gli insegnamenti che potrebbero corromperli.
La storia di un giovane in missione per raccogliere ciò che crede essere i resti di suo padre solo per essere risucchiato nel ventre dell'industria dei migranti in Messico.
Lorenzo Vigas, si sa, è un nome particolarmente apprezzato in quel del Lido. Già vincitore del Leone d'Oro nel 2015 per il suo lungometraggio Desde Allá (in italiano Ti guardo), eccolo tornare - sempre in concorso - anche in questa 78° Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia con la sua ultima fatica: La caja. La caja, dunque, è l'ultimo capitolo di una trilogia dedicata alla paternità in America [...] Vai alla recensione »
Lorenzo Vigas è un autore poco prolifico e interessante. Dopo il debutto con Ti guardo, Leone d'Oro a sorpresa del festival di Venezia 2015, torna in concorso in laguna con la sua opera seconda di fiction, un oggetto enigmatico e affascinante dall'andamento rarefatto, in cui sembra che poco accada mentre invece nuove dolorose consapevolezze cambiano per sempre il destino dei personaggi.
La caja, il nuovo film del regista venezuelano Lorenzo Vigas (ce lo ricordiamo per Desde allá, con cui egli sbarcò in laguna nel 2015 per vincere il Leone d'oro) sembra iniziare là dove finisce Madres paralelas: entrambe le opere, difatti, ripercorrono le fila di un passato e di un presente rimasti orfani, descrivendo l'esatta fisionomia di una generazione in parte ripudiata.
Meglio le ceneri di un padre falso, che la presenza di un padre vero. Hatzín è un adolescente di Città del Messico che vaga nel Chihuahua: cerca la cassa di suo padre, uno dei tanti scomparsi quotidianamente e poi sepolti anonimamente in fosse comuni, ma improvvisamente si trova davanti un uomo in cui crede di rivedere il genitore. Il Messico di Lorenzo Vigas è una terra desolata, dove la schiavitù [...] Vai alla recensione »
Lorenzo Vigas è uno di quegli autori attesi al varco con l'opera nuova, dopo un esito, con Ti guardo, che nel 2015 vinse il Leone d'oro, da molte parti giudicato immeritato: nel suo caso si tratta dell'opera seconda (se contiamo solo i lungometraggi). È un meccanismo crudele che si sfoga nei festival, e ovviamente si accanisce sugli autori "da festival", quelli che in inglese passano sotto l'etichetta [...] Vai alla recensione »
"La Caja è l'ultimo capitolo di una trilogia che ho dedicato alla paternità in America Latina. La prima parte, il corto Los elefantes nunca olvidan, è stato il seme che ha poi prodotto il secondo capitolo, il mio lungometraggio d'esordio Desde allá" puntualizza il regista Lorenzo Vigas, che, con quel film vinse il Leone d'Oro alla Mostra del Cinema di Venezia.
Si ricorda il venezuelano Lorenzo Vigas come autore di uno dei leoni d'oro più immeritati nella storia della Mostra del Cinema, quello del 2015 con il film Ti guardo (il titolo originale è Desde allá), un'opera che in realtà avrebbe rappresentato un sufficiente film da uscita in sala senza velleità festivaliere. Ma gli assassini tornano sul luogo del delitto, se poi da quel luogo stesso vengono chiamati [...] Vai alla recensione »
Due piccoli film in Concorso si ritagliano comunque uno spazio di attenzione: la giornata non ha regalato quel recupero immediato dopo un paio di titoli abbastanza sconfortanti, ma un po' meglio è andata. "La caja" del venezuelano Lorenzo Vigas ci porta in un territorio pieno di insidie, tra persone scomparse, uccise e velocemente sepolte in fosse comuni e una schiavitù lavorativa che soggioga soprattutto [...] Vai alla recensione »
Hatzin fa la seconda media, è in autobus, chiuso nel bagno, prende a calci una guarnizione di plastica, mentre gli altri protestano per entrare. Poi arriva in una landa desolata. Scende. C' è un container, più in là, cintata, una fossa. Hanno ritrovato dei desaparecidos. Lui è lì per ritirare la cassa contenente i resti del padre. È l' inizio magnifico di La caja film in concorso del messicano Lorenzo [...] Vai alla recensione »
La figura paterna e la sua assenza hanno da sempre attraversato il cinema del regista venezuelano Lorenzo Vigas a cominciare dal suo primo corto, Los elefantes nunca olvidan in cui un ragazzino armato di pistola vuole uccidere il padre. Con l'esordio al lungometraggio con Ti guardo, Leone d'oro al Festival di Venezia del 2015, il cineasta mostra che oltre all'attrazione fisica può instaurarsi un rapporto [...] Vai alla recensione »
Sei anni dopo l'inaspettato Leone d'Oro vinto con l'opera prima Ti guardo, il venezuelano Lorenzo Vigas torna in Concorso alla Mostra di Venezia con La Caja, ultimo capitolo di una trilogia sulla paternità in America Latina che comprende anche il corto Los elefantes nunca olvidan e l'esordio già laureato al Lido. La Caja è letteralmente una cassa di metallo in cui sono custoditi i resti, trovati in [...] Vai alla recensione »
Vincitore del Leone d'oro nel 2015 col film d'esordio "Desde allá", il messicano Lorenzo Vigas è tornato in gara col nuovo "La caja". Magari è solo una coincidenza che l'abbia prodotto il conterraneo Michel Franco, l'altro giorno qui al Lido con "Sundown", o forse no. Di sicuro i due cineasti sono alquanto pessimisti sulla situazione in Messico, specie sul fronte di una violenza efferata, e diffusa, [...] Vai alla recensione »