C'era una volta il cinema di arti marziali comunemente inteso. La violenza eroica di Bruce Lee, l'inventiva e la vis comica di Jackie Chan, le prodezze di Tony Jaa e innumerevoli altre declinazioni che ruotavano attorno a questi cardini irrinunciabili. Poi, un bel giorno del 2009, sono arrivati Iko Uwais e lo stile pencak silat, un prodigio sincretico di silat e altri stili marziali, in compagnia di Gareth Evans, un regista gallese trapiantato in Indonesia e innamoratosi della selvaggia tecnica di combattimento di quei luoghi. Dopo l'aperitivo di Merantau (disponibile in streaming su MYMOVIESLIVE!), in cui già si intravedevano nuove vette nel combattimento corpo a corpo su grande schermo, venne The Raid - Redemption (stasera in streaming alle 21.30 su MYMOVIESLIVE!) e, con lui, il diluvio. Trama e sceneggiature bandite in favore di un videogioco con stuntmen in carne e ossa, ripreso da un regista innamorato della purezza e della verosimiglianza del gesto. Nessun ricorso al ralenti durante i combattimenti, punto debole di Ong-Bak - Nato per combattere, e il minimo indispensabile al montaggio: la macchina da presa non si tira piú indietro, anche dinanzi al dolore fisico o all'eccesso più impensabile. Iko usa gli oggetti circostanti alla maniera di Jackie Chan, mulina le gambe come Tony Jaa e incarna l'eroe del popolo come Bruce Lee contro villain spietati come solo in Indonesia sanno essere (Joshua Oppenheimer docet).
Almeno fino a The Raid 2: Berandal (domani 3 gennaio alle 21.30 in streaming su MYMOVIESLIVE!), che comincia dove era terminato l'assedio del primo episodio per rivelare ben presto che i criminali visti sin qui rappresentavano solo la punta dell'iceberg. Non solo nelle gerarchie del crimine, soprattutto in termini di violenza psicotica. La regia di Evans non conosce più ostacoli e si lascia andare a ogni genere di efferatezza, strizzando l'occhio sempre più all'universo anime e al sangue dei fumetti di Frank Miller. Tra maniaci della mazza da baseball e del martello da carpentiere scorre una sequenza di combattimenti che procede in crescendo, come la successione dei fuochi d'artificio ideata per celebrare un evento. Quando si giunge all'ultimo atto - o "livello", per dirla con i videogame - la fatica fisica dello spettatore è quasi pari a quella del protagonista, ma Evans ha ancora in serbo le migliori scene di lotta marziale che siano mai state girate. Dopo l'epilogo ci si interroga su come Evans in primis sarà in grado di superarsi. E parlare di punto di non ritorno per il cinema action improvvisamente non sembra più un azzardo.

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