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In concorso gli intrighi borghesi di Greenaway e Marra

E aspettando i veterani Mikhalkov e Chahine, ecco il decano de Oliveira sulla rotta di Colombo.
di Piervittorio Vitori

Il Leone d'…ark

giovedì 6 settembre 2007 - News

Il Leone d'...ark
L'evento della giornata di ieri è stato senza dubbio l'assegnazione del Leone d'Oro alla carriera a Tim Burton, che con i suoi 49 anni è il più giovane cineasta a essere insignito del prestigioso riconoscimento all'opera complessiva. A premiarlo, il suo attore-feticcio Johnny Depp, abituato a interpretare o a prestare la voce - nel caso di The Nightmare Before Christmas o La sposa cadavere, i film di animazione che hanno coinciso con le due precedenti apparizioni di Burton al Lido – agli umanissimi mostri amati dal regista. Calorosi gli applausi che il pubblico veneziano ha tributato al commosso regista, oggetto di un composito omaggio: si è iniziato con l'anteprima di The Nightmare Before Christmas 3-D; quindi le note di Danny Elfman hanno accompagnato un montato riassuntivo dell'intera carriera burtoniana. Infine sono stati proposti otto minuti del prossimo Sweeney Todd, ancora in lavorazione: una sfida, per l'autore, che porta sullo schermo un musical (genere che confessa di non amare troppo) affidando al solito Depp la parte del sinistro barbiere del titolo che, in cerca di vendetta, farà squadra con Helena Bonham Carter, a sua volta musa (e moglie) del regista. Ma sarà un dramma o una commedia? "Non lo so ancora", confessa lo stesso Burton; che è però orgoglioso del metodo di lavorazione: "Sul set un'orchestra suona e gli attori recitano a ritmo di musica. Stiamo lavorando come si faceva all'epoca del muto."
E da un Leone a un altro, il Sergio papà dello spaghetti-western che sembra aleggiare su quello che è forse il titolo più bizzarro della competizione: si tratta di Sukiyaki Western Django, di quel Takashi Miike che il pubblico veneziano sa capace di violenza (Izo) e poesia fiabesca (The Big Spook War). Qui il regista rivede i canoni di un genere amato in gioventù ("Quando ero piccolo il macheroni western da noi era molto popolare" rivela Miike), aggiungendovi la curiosità di un protagonista come Quentin Tarantino, chiamato a interpretare il personaggio di Ringo, Galeotto per l'incontro tra i due fu proprio il Lido: "Ci incontrammo qui tre anni fa e decidemmo che prima o poi avremmo fatto qualcosa insieme".
Standing ovation, infine, per Sabina Guzzanti, il cui Le ragioni dell'aragosta è stato presentato nelle "Giornate degli Autori". Il film si discosta dalla verve polemica di Viva Zapatero!, privilegiando un registro più intimista: scelta forse obbligata, visto che il centro della pellicola è la reunion della band di Avanzi. Il pretesto è uno spettacolo di impegno sociale, ma ciò che alla fine offre Guzzanti è la radiografia di una generazione che pensava di poter cambiare qualcosa ed è invece costretta a fare i conti con i propri problemi e le proprie disillusioni.

Un concorso tra sushi-western e intrighi borghesi
È la giornata in cui si alza il velo sul film a sorpresa di quest'anno, Godly Detective della coppia Johnny To e Wai Ka-fai, per l'undicesima volta insieme dietro la macchina da presa e protagonisti in giornata della conferenza stampa di presentazione della pellicola. La storia, quella dell'indagine su un serial killer che costringe l'ispettore Ho a collaborare con il suo ex-mentore Bun, sembra proporre temi e intrecci canonici del cinema di Hong Kong. Ma se è difficile che un film di genere rientri tra i favoriti per il Leone, i due registi possono consolarsi con precedenti confortanti; con Muller padrone di casa, i film a sorpresa venuti da Oriente hanno sempre portato a casa qualcosa: quattro premi, tra cui quello alla regia, nel 2004 al coreano Ferro 3 di Kim Ki-duk; addirittura il Leone d'Oro l'anno scorso per il cinese Still life.
Altri due i film in concorso proposti dal programma odierno: Nightwatching del veterano Peter Greenaway e L'ora di punta del nostro Vincenzo Marra, che a dispetto dei soli 35 anni timbra per la quinta volta il cartellino al Lido. Il regista gallese tributa l'ennesimo omaggio all'amata pittura ponendo al centro della sua pellicola il dipinto più famoso di Rembrandt: La ronda di notte. La vicenda della genesi del quadro, va di pari passo con la rovina sociale ed economica dell'artista, oggetto dell'ostracismo di quella borghesia di Amsterdam di cui aveva scoperto gli intrighi. Una scommessa il cast, che vede lo sconosciuto (per noi) Martin Freeman circondato da giovani attrici di belle speranze come Emily Holmes, Eva Birthistle e Jodhi May.
Intrighi tra alta società e finanza anche nel film di Marra, storia di un ambizioso agente della guardia di finanza (Michele Lastella) che sfrutta l'incontro con la bella e matura Caterina (Fanny Ardant) per tentare di inserirsi, senza badare troppo a scrupoli, nel bel mondo.
Fuori concorso, segnalazione d'obbligo per Cristóvão Colombo – O enigma di Manoel de Oliveira, un posto sul guinness dei primati come più anziano regista ancora in attività. A dispetto delle primavere, ormai quasi 99, il cineasta portoghese dimostra un'inesausta vitalità e una curiosità che stavolta lo portano sulle tracce dello scopritore delle Americhe, per metterci una pulce nell'orecchio. Sempre all'insegna dell'amore per la storia e per un cinema di parola, de Oliveira si ispira all'opera di una coppia di ricercatori suoi connazionali e abbraccia la teoria secondo cui il navigatore non sarebbe stato italiano ma portoghese.

Ultimi fuochi del concorso, eventi ed orizzonti
Batterà gli ultimi due colpi, domani, la competizione, presentando i lavori di altrettanti autori riconosciuti: 12 di Nikita Mikhalkov e Heya fawda (Le chaos) di Youssef Chahine. Entrambi veterani rotti ai climi festivalieri, il russo Leone d'Oro nel 1991 con Urga e l'egiziano premio alla carriera 10 anni fa a Cannes, tenteranno di sovvertire in extremis le scelte della giuria. Il primo con un film che si presenta come un esplicito remake di quel La parola ai giurati realizzato giusto mezzo secolo fa da Sidney Lumet; un courtroom-drama, quindi, ma a quanto pare condito in salsa cecena. Il secondo con una vicenda di corruzione e gelosia che da al regista il destro per dipingere un'ulteriore affresco del suo Cairo.
Interessante la proposta della sezione "Orizzonti", con Jonathan Demme che, a distanza di quattro anni da The Agronomist, offre il ritratto di un altro personaggio della storia recente. Jimmy Carter Man from Plains segue l'ex presidente Usa durante il tour promozionale del suo libro "Palesatine: peace not apartheid", e per il regista è l'occasione per mettere in luce lo spirito idealista e il senso di giustizia di un leader la cui traiettoria è stata oggetto di forti critiche da parte dell'opinione pubblica statunitense.
Quindi, due omaggi al cinema italiano del passato. Nell'ambito delle celebrazioni per l'assegnazione del Leone del 75° a Bernardo Bertolucci verrà proiettata la versione restaurata di La via del petrolio, il documentario realizzato nel 1967 su commissione dell'Eni per raccontare la storia dell'oro nero. Evento fuori concorso è invece la proiezione dell'inedito cortometraggio di Luigi Comencini L'ospedale del delitto, datato 1950.
Non si tratta comunque degli unici eventi di giornata: sempre fuori concorso i nottambuli potranno recuperare La valle dei Mohicani (1960), una delle punte più alte nel sodalizio western tra il regista Budd Boetticher e l'attore Randolph Scott. Sempre in serata, la musica sarà protagonista sul videowall del piazzale del casinò: andrà in scena infatti Dall'altra parte della luna (sezione "Orizzonti"), rockumentary sulla traiettoria artistica dei Negramaro realizzato nell'arco di sette mesi da Dario Baldi e Davide Marengo, quest'ultimo segnalatosi a Venezia due anni fa grazie al bellissimo documentario musicale Craj.

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