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Matteo Garrone non ha vinto l'Oscar

Pino Farinotti si avventura in una profezia (sperando di sbagliarsi): Io capitano, vincitore del Leone d’argento a Venezia con pieno merito, non riceverà l'ambito Academy Award. 
di Pino Farinotti

Moustapha Fall . Interpreta Moussa nel film di Matteo Garrone Io capitano.
venerdì 29 settembre 2023 - Focus

Nel 2016 scrissi “Leonardo DiCaprio ha vinto l’Oscar”. Lo scrissi due mesi prima che accadesse. E non è che io fossi un fenomeno di profezie, semplicemente i tempi erano maturi e la sua performance in Revenant era all’altezza, come molte altre prima, alcune magari migliori, ne cito due Blood Diamond e The Wolf of Wall Street. Dopo 7 nomination, dunque, arrivò l’Oscar. Mi avventuro in una nuova profezia: Io capitano, di Matteo Garrone, candidato italiano all’Oscar, non lo ha vinto.
Attenzione, trattasi di opera di qualità - gli è stato assegnato il Leone d’argento a Venezia con pieno merito – che non tradisce il talento, sicuro, visionario, di Garrone, uno dei nostri migliori autori.

Il film racconta di due ragazzi di Dakar, Senegal, che intendono raggiungere l’Occidente. Non per sfuggire alla miseria, ai pericoli e alla guerra, ma perché intendono diventare star della musica in Europa. Questo intento “diverso” li porterà ad affrontare tutte le vicende che tutti noi conosciamo, perché ci vengono raccontate ogni giorno, ad ogni ora, su tutte le testate. E questo non accade solo da noi, accade in tutto il mondo. Sappiamo. Ecco dunque il deserto del Sahara disseminato di morti, ecco la prigioni libiche, ecco gli scafisti e poi il Mediterraneo, infinito e spesso mortale. Garrone racconta in molti registri: non solo documento, ma avventura che può richiamare, da lontano certo, alcuni classici di London e Stevenson. Un alleggerimento romantico prudente. 

Il film naturalmente evoca il movimento di questa epoca, delle masse che si muovono per qualcosa di diverso. E non c’è solo il Mediterraneo e l’Europa, c’è il Messico e l’America: anche da laggiù ci arrivano “quelle” immagini quotidiane. I governanti di (quasi) tutto il mondo, lanciano appelli accorati, evocano disastri etnici: fra poco il mondo sarà un altro. Dimentichiamoci i modelli di vita occidentali sui quali ci siamo adagiati sicuri che fossero eterni. Il pensiero accreditato ormai sembra quello che non saranno eterni.

Naturalmente anch’io sono informato e ho le mie idee. La mia età mi consente di non subire un’ansia pesante, ma penso ai figli e ai nipoti. E qui mi fermo perché il mio mestiere è un altro. Però conosco la storia e so che quando si muovono le masse, le masse ottengono. È il pensiero di qualcuno ben più accreditato di me, anzi, il più accreditato, Francesco Alberoni, grande interprete di movimenti. Citava le immani migrazioni, dall’Egitto di Mosè e Ramses alla Roma ormai “occidentalizzata”, sicura del suo status, prima che da nord arrivasse gente aggressiva e intenzionata a stravolgere, come i Vandali, gli Unni, i Visigoti, fra gli altri. E poi i popoli europei che attraversavano l’Atlantico per raggiugere la nuova terra promessa. E le altre terre promesse, a noi italiani, epoca recente, come l’Argentina, l’Australia, il Canada, la Francia. È un pensiero largo e a perdere, in attesa della decisione della Storia.   

Tornando a Garrone. Cerco di immaginare la riunione della commissione dell’Academy Award che ha il compito di attribuire l’Oscar, quando arriva il momento di Io capitano. L’opinione comune è che sia senza dubbio un film di qualità. Il problema è il contenuto. Uno dei membri parla: “Ma in un momento come questo dove siamo assediati, soffocati dai media del mondo che raccontano gli immigrati… siamo sicuri di premiare una storia che, ancora una volta affronta quel problema? Chi va al cinema avrà voglia di vedere sul grande schermo quelle vicende, seppure narrate in chiave diversa… artistica? Qualcuno ribatte: “Ma è un film importante, Venezia gli ha attribuito il premio alla regia.” “Appunto, ma sappiamo come la pensano in Europa, a Cannes, a Venezia. Privilegiano l’arte, non si interessano della gente che paga il biglietto. Noi sì…” L’idea prevale, il resto dei giurati aderisce. L’Oscar va altrove.

Attenzione! Lo giuro, se Garrone vincerà l’Oscar, nessuno sarà più felice di me.   


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