Anno | 2021 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Italia |
Durata | 100 minuti |
Regia di | Andrea Segre |
Attori | Paolo Pierobon, Andrea Pennacchi, Roberto Citran, Ottavia Piccolo, Anna Bellato Sara Lazzaro, Giuliana Musso, Sandra Toffolatti, Stefano Scandaletti, Mariano Amadio. |
Uscita | giovedì 9 settembre 2021 |
Tag | Da vedere 2021 |
Distribuzione | Lucky Red, Parthénos |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,40 su 12 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 1 settembre 2021
I due eredi di una famiglia di pescatori di Venezia si interrogano sul rapporto con la loro città. In Italia al Box Office Welcome Venice ha incassato 265 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Venezia, isola della Giudecca. Le famiglie di tre fratelli - Alvise (Andrea Pennacchi), Piero (Paolo Pierobon) e Toni (Roberto Citran) - si riuniscono a tavola nella casa dove sono nati. Dove ormai abita solo Piero, ma a cui Toni le è molto legato perché da lì insieme si muovono con un paio di amici per praticare la pesca di moeche, ovvero i granchi di laguna. A seguito di un incidente improvviso, l'abitazione di famiglia assume un valore ancora più cruciale e mette Alvise - che vorrebbe ristrutturarla e metterla a rendita come "dimora di charme" per turisti stranieri - contro Piero, ostinatamente contrario a trasferirsi sulla terraferma.
Il discorso amoroso che, da Io sono Li a Il pianeta in mare, Andrea Segre intrattiene con Venezia e la Laguna, si arricchisce di un nuovo capitolo, mentre si allarga la famiglia dei suoi interpreti.
A Roberto Citran (Io sono Li, La prima neve) e Paolo Pierobon (La prima neve), L'ordine delle cose) si affiancano in Welcome Venice alcune graditissime presenze: Andrea Pennacchi (che in La prima neve aveva solo un piccolo ruolo), Ottavia Piccolo, Sandra Toffolatti, Anna Bellato. Tutti interpreti che farebbe piacere vedere molto più spesso nei titoli di testa del nostro cinema.
Dopo Molecole, girato nella città silenziosa, svuotata dalla pandemia, Segre torna a ragionare, usando la chiave del conflitto fraterno, sulla trasformazione della città svuotata, dello smarrimento dei pochi abitanti rimasti. Nel tentativo di catturare le tracce e i fili della sua cultura più autentica, di difenderne la bellezza fragile, nascosta ai più, e registrare l'affermarsi di una mentalità sempre più predatoria e di un turismo invasivo, disinteressato, epidermico.
L'elegia arcaica delle placide ma anche pericolose distese d'acqua (se si nasce in laguna, meglio imparare presto a nuotare) e dei dialoghi anche cinefili tra burberi, irsuti moecanti è agli antipodi della fretta del villeggiante frettoloso, che dopo aver ottemperato all'obbligo del selfie attestatore, invece di esplorare la Serenissima si chiude in un b&b a mangiare pizza e sushi. Un salto quantico, che si consuma tra le parole di "Nina ti te ricordi", cantata nell'incipit non a caso dal più piccolo degli interpreti - canzone popolare che rievoca pudiche asprezze di una povertà non così antica - agli anglicismi del personaggio di Giorgio (Stefano Scandaletti), imperturbabile finanziatore venuto da fuori, che "vende" l'esperienza turistica parlando di "roots", radici. Quelle che rendono unici i veneziani rispetto ai cittadini di qualsiasi altra città nel mondo.
Prima che il conflitto tra tensioni contrarie esploda, il film apre a stupefacenti momenti di grazia contemplativa e di humour lagunare: modulazioni di luce sull'acqua, solitudini notturne mal trattenute, cruciali chiacchiere da osteria. Epifanie silenziose, come un'inquadratura che coglie la forma di un occhio sotto l'arco di un ponte, grazie al suo riflesso nell'acqua: forse un invito a fermarsi, scovare la bellezza segreta, lontano dalle luci più intense. A volere di meno e vivere di più.
L'illusione di riscatto sociale attraverso gli schei rapidi stride con l'economia a filiera corta di moeche fritte, registri di piccola vendita scritti a mano, trattative di quartiere. Non un'idealizzazione nostalgica, piuttosto il recupero dei principi elementari di una socialità originaria, sobria, lenta, universale. Gli umani possono svestirsi della loro storia, mutare identità come i granchi perdono il carapace, ma la Natura avrà sempre la meglio su chi va di corsa, suggerisce Segre in un finale crepitante che suona come un campanello d'allarme, un'ultima chiamata all'umanità.
“… i venessiani i xe tornai casti e puri, dopo che i se ga venduo anca el sal petà sui muri” & [...] Vai alla recensione »
Con Welcome Venice Andrea Segre riapre il capitolo di ambientazione lagunare e lo fa con un film profondamente ancorato alle tradizioni del territorio, donandogli però (ancora una volta) un un carattere dal respiro universale. Già con Io sono Li (2011) la cittadina di Chioggia era stata insignita di un alone macrocosmico facendosi teatro del fenomeno immigratorio, ora in [...] Vai alla recensione »
Uno degli ultimi lavori di Segre di ambientazione veneziana si intitolava Molecole, in omaggio alle ricerche del padre, fisico-chimico, morto nel 2008. Moeche è il termine dialettale per indicare i granchiolini in fase di muta. Una squisitezza della cucina veneziana. Sembra una pura coincidenza questa affinità di suono tra le due parole, ma forse non lo è.
Evviva, le moeche di Andrea Segre hanno vinto! O almeno sono state le protagoniste di un atroce dispetto fatto ad Alvise, massì, ad Alvise Ballarin (Andrea Pennacchi). Lui, con Toni e Piero, è uno dei fratelli che possiedono per eredità la casetta di famiglia alla Giudecca, la parte più povera di Venezia, ma rustica e verace, autentica.
Siamo ai nostri giorni, in periodo di chiusura per covid-19: Piero, Toni e Alvise vivono a Venezia e festeggiano una ricorrenza. Al mattino presto Toni e Alvise si recano alla loro postazione in laguna per pescare come di consueto: il bottino più importante dovrebbe essere quello delle “moeche”, granchi in periodo di muta, quindi senza corazza e teneri, che diventano un piatto [...] Vai alla recensione »
Andrea Segre in "Welcome Venice", affronta una dicotomia del pensiero umano che, detta in termini contemporanei è quella fra “l’essere o l’avere”, ma che affligge l’uomo da sempre come il mito del Re Mida e del suo tocco d’oro, insieme -a mio parere- all’adorazione del Vitello d’oro che alla stessa scelta -in sostanza- [...] Vai alla recensione »
“… i venessiani i xe tornai casti e puri, dopo che i se ga venduo anca el sal petà sui muri” & [...] Vai alla recensione »
Cattura in maniera perfetta il problema Veneziano!
Film noioso, sceneggiatura debolissima, stereotipi e banalità a gogo. Possibile che non si riesca a raccontare la Giudecca e la complessità di una città come Venezia in modo più sfaccettato e originale? Non ci siamo proprio.
Film noioso, sceneggiatura debolissima, stereotipi e banalità a gogo. Possibile che non si riesca a raccontare l'isola della Giudecca e la complessità di una città come Venezia in modo un po' più sfaccettato e originale? Proprio non ci siamo.
Andrea Segre sa guardare. Sa guardare con pazienza, con ostinazione, quello spicchio di mondo che noi profani chiamiamo Laguna. Quel mondo che sta attorno a Venezia, e di cui Venezia non è che una parte. La vetrina, piazza San Marco, palazzo Ducale, il ponte dei Sospiri liberati, solo adesso, solo per poco, dalla massa brulicante dei turisti. Ce ne sono un po’ di meno, per la pandemia, e finalmente anche quella Venezia lì può mostrarsi, un po’ più nuda. Ma non è quella, la Venezia che a Segre interessa. Gli interessa quella, più grande, più vasta, e comunque limitata, chiusa, che sta tutto attorno, attorno alla città dei dogi e dei commerci con l’Oriente. C’è una grande palude grigia, una grande piscina piena di acqua che non si muove, un mondo orizzontale, orizzonti nitidi come un filo d’acciaio, anche se i colori sono grigio su grigio.
È qui, in questa laguna che sembra uguale a se stessa da millenni, che Andrea Segre racconta la storia di Welcome Venice. Non "Welcome in Venice", un benvenuto sgrammaticato, di chi non sa o non vuole imparare le nuove lingue, il nuovo modo di comportarsi, il nuovo modo di fare sghèi.
Paolo Pierobon si ostina a pescare moèce, granchi di laguna che stanno per perdere il guscio, e rimanere indifesi, pronti per essere cotti e mangiati. Anche lui è come uno dei suoi granchi: sta per perdere il guscio, pronto per essere mangiato. Il suo guscio è la sua casa, la casa alla Giudecca dove è nato, e che il fratello Andrea Pennacchi vorrebbe trasformare in residenza per turisti, una bella rimodernata e via con i soldi da guadagnare. Offrendo ai turisti americani, tedeschi e norvegesi un’esperienza “unica”, pittoresca e, naturalmente, edulcorata. Privata di forza, di violenza, di verità.
Forza, violenza, verità ci sono, invece, nel film di Segre. Che non cade nella trappola di dividere il mondo in buoni e cattivi: i due fratelli, quello ostinato che è appena uscito di galera, non ha un soldo e vuole continuare a pescare moèce, ha le sue ragioni. Ma ne ha anche il fratello che ha scelto una vita borghese, con più soldi, ed è pronto a dare quella casa in pasto a turisti, basta paghino. Perché i soldi non bastano mai, specialmente se hai fatto debiti. Due fratelli, uno dei quali dovrà mollare la presa, andare giù a fondo. Magari finire a vivere a Mestre, in un condominio anonimo, con tanto rumore fuori dalle finestre. Che male c’è? E poi, i soldi fan sempre comodo, specialmente se non ne hai.
Il mondo vecchio che sta per finire la sua corsa, il nuovo che avanza, con la giacca alla moda di un genero che dice ad Andrea Pennacchi “qui bisogna andare in charme, offrire un’esperienza, un’immersione nella vecchia Venezia”, e si sente tutto il fastidio di Segre verso queste frasi, che colorano di glamour uno dei tanti crimini perpetrati verso il passato, verso l’identità.
Ma fra i due fratelli non ci sono falchi e colombe, ognuno è cattivo quanto basta, ognuno è stupido quanto basta, e forse anche di più. L’equilibrio fra passato e presente forse è rotto per sempre, da un fulmine che cade sulle acque immobili della laguna, e fa perdere il guscio a tutti i personaggi del film.
Un film che, dimenticavamo di dirlo, è bellissimo anche dal punto di vista formale. Il cinema di Segre è, molto spesso, un cinema orizzontale, fatto di linee orizzontali: la linea dell’orizzonte, dritta e inappellabile, anche se è grigio sul grigio, il grigio della laguna e quello differente del cielo. Una ferita in una tela di Fontana, ma orizzontale, dentro quel grande lago grigio che si popola di evocazioni, di sapori, di ricordi. Uno specchio di acqua stagnante che per i protagonisti del film è un mondo intero, un mondo che è destinato alla fine.
Welcome Venice è anche l’elegia per un mondo che scompare, è centocinquanta sfumature di grigio, in quel mondo di baracche, pali, acque basse, erbe che affiorano, e ricordi. Un mondo minimo, eppure immenso. Come tutti i mondi nei quali siamo nati, ai quali apparteniamo.
Tradizione e progresso. In uno dei contesti italiani ormai storicamente più commercializzati a uso e consumo dei turisti stranieri e non - la bellezza vetusta e decadente della città di Venezia, Andrea Segre colloca una riflessione sul conflitto tra due idee di esistenza, di lavoro, di profitto e di benessere. Da un lato, la Venezia antica, identificata nel quartiere Giudecca, ancora dedita alla pesca [...] Vai alla recensione »
Venezia popolare, sestiere della Giudecca. Il ragazzino viene costretto, in piedi sulla sedia, a cantare "Nina, ti te ricordi" - un uomo ricorda alla fidanzata che prima di salire su "sto toco de leto insieme a far all' amor" hanno trascorso sei penosi anni da morosi. "Però no te publichi", implora il ragazzino a chi lo sta riprendendo con lo smartphone.
Giudecca, Venezia. Nell'isola più "isola" del centro storico, la morte di Toni pone i restanti fratelli in crescente conflittualità sulla destinazione della casa, che Alvise vuole restaurare e fare una meta per turisti ("Welcome Venice"), e Piero no, perché in quel caso dovrebbe trasferirsi in terraferma. Andrea Segre elabora in modo attuale uno dei grandi temi della città che si spopola, con uno sguardo [...] Vai alla recensione »
Dopo Molecole, Segre torna a riflettere sulla trasformazione della Venezia post Covid, filtrandola attraverso un conflitto tra due fratelli. Dopo la morte del terzo, infatti, Piero e Alvise discutono sul destino della casa natale. Lì ci abita il primo, ma il secondo vorrebbe trasformarla in una residenza di charme per affittarla a turisti stranieri danarosi.
Quarto film "lagunare" negli ultimi 10 anni per Andrea Segre, nato a Dolo e di infanzia veneziana. Nel 2011 in Io sono Lì, ambientato in una brumosa e malinconica Chioggia, aveva descritto la difficile parabola esistenziale, lavorativa e sentimentale di un'immigrata cinese, nel 2019 l'ottimo documentario Il pianeta in mare ha mostrato passato e presente, così diversi, del polo industriale di Marghera, [...] Vai alla recensione »
Alvise e Pietro, uno lo specchio deformato dell'altro, fratelli divisi dalla regina adagiata sulla laguna, Venezia. Il regista di Dolo sente quel profumo di muschio e acqua stagnante che sale su dai canali e l'immobilità solenne della città ai tempi del COVID-19, già raccontata in Molecole (2020). Atmosfera instabile sospesa sulle calli, attesa della rinascita.
Toni (Roberto Citran) e Pietro (Paolo Pierobon) sono l'anima tradizionale della famiglia, quella attaccata a un'economia e a un sostentamento che viene dalla laguna, dalla natura salmastra della storia, dai carapaci non ancora induriti delle "moeche". Sono pescatori, gente di barche e di reti, di acqua e di gesti che si ripetono sempre uguali. Alvise (Andrea Pennacchi) no.
A dieci anni da Io sono Li e a uno dal doc. Molecole scelto l'anno scorso come preapertura della Mostra 2020, Andrea Segre torna al Lido con un'opera sulla sua Venezia ad aprire il 1 settembre la sezione delle "Notti Veneziane" delle Giornate degli Autori. E lo fa - anticipiamolo subito - con un film dove si esibiscono più luci che ombre. Una cosa comunque è subito evidente: il nostro autore sa di [...] Vai alla recensione »
A dieci anni esatti da Io sono Li il regista Andrea Segre torna con un altro film di laguna alle Giornate degli Autori. È Welcome Venice (dal 9 settembre al cinema distribuito da Lucky Red) e vede protagonisti i due eredi di una famiglia di pescatori della Giudecca, l'isola più popolare di Venezia. L' interpretano Paolo Pierobon (Pietro) e Andrea Pennacchi (Alvise), entrambi veneti doc (il primo di [...] Vai alla recensione »
Va preso per antifrasi, direi, il titolo del nuovo film di Andrea Segre, chiamato ad aprire, il 1° settembre, le Notti Veneziane legate alle Giornate degli autori, sezione parallela e autonoma della Mostra del cinema. Recita infatti "Welcome Venice", in inglese, ma trattasi di un benvenuto acre, pure malinconico, forse rassegnato, perché il regista di Dolo, classe 1976, che si fece conoscere con "Io [...] Vai alla recensione »
Non esiste in pratica sequenza di dialogo in tutto il nuovo film di Andrea Segre che non contenga un momento in cui uno dei personaggi si lascia andare ad un ricordo o ad un aneddoto: una coltre di "una volta" o "quando eravamo bambini" che puntella ogni conversazione, tanto che in assenza di rievocazioni il protagonista Pietro si appoggia comunque alle memorie dei film visti la sera prima, e narrati [...] Vai alla recensione »