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Agente Speciale 117 - Allerta rossa in Africa Nera, il viaggio nel tempo di Nicolas Bedos tra 007 e Closeau

Il regista di La bélle époque firma il terzo capitolo della saga ispirata ai romanzi di spionaggio di Jean Bruce ponendosi a metà tra la continuità con i due precedenti film e la rottura. Al cinema.
di Simone Emiliani

sabato 13 novembre 2021 - Focus

Il cinema di Nicolas Bedos è come un vecchio proiettore. Costruisce attraverso i personaggi (i due protagonisti di Un amore sopra le righe) o i luoghi (il café di Lione di La belle époque) la propria fiera delle illusioni. I suoi viaggi cinematografici sono la versione francese di quelli di Richard Curtis. Rispetto al cineasta e sceneggiatore britannico, c’è meno follia e fascino, più calcolo e consapevolezza. Dall’inizio degli anni ’70 di Un amore sopra le righe e il 16 maggio 1974 di La belle époque, con Allerta rossa in Africa Nera, film di chiusura del 74esimo Festival di Cannes, Bedos approda al 1981.

L’agente speciale 117, nome in codice di Hubert Bonisseur de la Bath, deve affrontare un’altra pericolosa missione, stavolta in Africa: sedare una rivolta contro il tirannico presidente Bamba. A lui viene affiancato un altro agente speciale, il numero 1001, interpretato da Pierre Niney, che è completamente diverso da lui. Il cineasta, che ha sostituito Michel Hazanavicius che non ha potuto dirigere il terzo capitolo della saga perché impegnato nelle riprese di Il principe dimenticato e soprattutto non convinto della sceneggiatura, lascia subito la sua impronta sulla serie con il suo tocco vintage sugli oggetti (il computer, la Renault Gordini), sui colori neutri con cui vengono filmati i paesaggi e sui volti dei protagonisti che potrebbero essere usciti da una commedia spionistica degli anni ’60, tra quelle di Philippe de Broca con Jean-Paul Belmondo (L’uomo di Rio e L’uomo di Hong Kong) e le bizzarre e affascinanti escursioni di Claude Chabrol (Marie Chantal contro il dr. Kha).

Il regista francese eredita un impianto già collaudato che in Francia, nei primi due capitoli realizzati nel 2006 e nel 2009, ha avuto un grandissimo successo di pubblico superando in entrambi i casi i due milioni di spettatori. Si affida ancora a Jean Dujardin che potrebbe anche pilotare il film da solo e alla sceneggiatura di Jean-François Halin che ha dato un altro preciso marchio temporale alla saga dopo il 1955 di Missione Cairo e il 1967 di Missione Rio. Da una parte si porta dietro le tracce di 007 nel mix tra azione e seduzione come nella scena dell’affascinante pilota dell’elicottero dopo la fuga e nella sua parodia quando il suo la responsabile dell’hotel dove alloggia gli preferisce il collega.

In realtà però, ancora di più rispetto ai primi due film, Allerta rossa in Africa Nera va al di là del contrasto modello/dissacrazione di James Bond. La prima ragione riguarda l’origine letteraria dei due personaggi; l’agente speciale 117 (in originale OSS 117) è stato protagonista dei romanzi di spionaggio scritti da Jean Bruce e pubblicati a partire dal 1949 mentre Ian Fleming ha creato Bond nel 1953. La seconda invece mostra Dujardin con la goffaggine e l’incoscienza dell’ispettore Clouseau, anche se nascosto dietro una sicurezza che fa apparire i suoi gesti ancora più ridicoli: l’espressione con cui guarda il manifesto di François Mitterand che proprio nel 1981 diventerà il nuovo Presidente della Repubblica francese prendendo il posto di Giscard d’Estaing, il modo con cui saluta la folla appena arrivato in Africa e il suo sbigottimento davanti a uno dei momenti più divertenti del film, quello in cui l’agente speciale 1001 gli fa l’imitazione.

L’obiettivo di Bedos è chiaro: illudersi di girare Allerta rossa in Africa Nera nell’anno in cui è ambientato. Il 1981 è l’anno di Solo per i tuoi occhi, che fa parte del gruppo dove 007 è stato interpretato da Roger Moore. Ma è anche lo stesso anno di I predatori dell’arca perduta. L’agente Speciale 117 prende qualcosa da Indiana Jones: l’inconsapevole autoironia, la tendenza ad affrontare la morte come una sfida alla roulette russa. La sua momentanea reincarnazione esce fuori quando parla in tedesco con il leone facendolo allontanare. Il cinema di Bedos però cerca anche quella scorrettezza tra il cinema demenziale statunitense e Ricky Gervais attraverso le battute omofobe e razziste del protagonista. Anche in questo caso la commedia prevale sull’action, la ricostruzione temporale sulla nostalgia. Le citazioni sono sempre molto precise, come quella di Marius Trésor, il primo giocatore di colore a giocare nella nazionale francese di calcio dove è diventato anche capitano. “La Francia va meritata” dice l’agente a un bambino che sta giocando con un pallone.

Bedos si tuffa nell’epoca anche da un punto di vista stilistico: lo zoom sui personaggi negativi, l’uso del montaggio alternato. Nella magia del viaggio nel tempo si vedono però gran parte dei meccanismi di un’impalcatura visiva di un film troppo pensato che tra la continuità con i due capitoli precedenti e la rottura si pone a metà.


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