Titolo originale | Un divan a tunis |
Titolo internazionale | Arab Blues |
Anno | 2019 |
Genere | Commedia, |
Produzione | Tunisia, Francia |
Durata | 87 minuti |
Regia di | Manele Labidi Labbé |
Attori | Golshifteh Farahani, Majd Mastoura Mastoura, Aïsha Ben Miled, Feryel Chammari, Hichem Yacoubi, Ramla Ayari, Moncef Anjegui . |
Uscita | giovedì 8 ottobre 2020 |
Tag | Da vedere 2019 |
Distribuzione | Bim Distribuzione |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 2,96 su 23 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 16 settembre 2020
Una commedia su una ragazza che prova a far ritorno a Tunisi. Il film ha ottenuto 1 candidatura a Cesar, 1 candidatura a Lumiere Awards, In Italia al Box Office Un divano a Tunisi ha incassato 522 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Selma Derwich, psicanalista trentacinquenne, lascia Parigi per aprire uno studio nella periferia di Tunisi, dov'è cresciuta. Ottimista sulla missione, sdraiare sul lettino i suoi connazionali e rimetterli al mondo all'indomani della rivoluzione, Selma deve scontrarsi con la diffidenza locale, l'amministrazione indolente e un poliziotto troppo zelante che la boicotta. A Tunisi, dove la gente si confessa nelle vasche dell'hammam o sotto il casco del parrucchiere, Selma offre una terza via, un luogo protetto per prendersi cura di sé e prendere il polso della città.
Realizzatrice francese di origine tunisina, Manele Labidi ritrova le sue radici attraverso l'epopea di Selma, eroina scapigliata in bilico tra due culture.
Disorientata come la sua psicanalista davanti a un paese in mutazione, la regista sceglie la commedia e si confronta con le barriere culturali di una comunità che si dimostra scettica verso la pratica analitica.
La prima qualità di Un divano a Tunisi è proprio la scelta di affrontare il suo soggetto col sorriso. Manele Labidi comprende tutto il potenziale comico della situazione e la dimensione assurda di una società schizofrenica che rifiuta un aiuto psicologico. La comicità affiora a ogni seduta, provocando scene esilaranti e collezionando una galleria di ritratti irresistibili (e stonati): un imàm che ha perso la 'fede' e la moglie, un'esuberante proprietaria di un salone di bellezza che ha un rapporto difficile con la madre, un paranoico che sogna presidenti e dittatori, un adolescente ribelle pronta a tutto pur di lasciare la Tunisia, un poliziotto reazionario.
Tutti vogliono un posto al sole e sul lettino di Selma, che diventa il teatro di eccessi comici ma anche di momenti malinconici e interrogativi esistenziali. Perché contro la legge del silenzio, Selma ascolta. Ascolta passare sul divano del titolo i malesseri di una società intera combattuta tra tradizioni religiose e bisogno di parlare per ricostruirsi. Dall'altra parte del divano e con la benedizione di Freud, sonda l'inconscio di un Paese e dissolve lo spleen che annebbia la sua vita.
In una scena spassosa e onirica, il fantasma dello psicanalista ebreo appare lungo una strada deserta mentre la protagonista è in panne emozionale. Allineata con le preoccupazioni sociali della Tunisia, la psicanalisi ha conosciuto un picco di interesse presso la classe media dopo la rivoluzione (dei Gelsomini nel 2010), che ha avuto un impatto considerevole sulla psiche della popolazione.
Attraverso le risorse comiche, la regista traccia un affresco sociale efficace. La finzione flirta col documentario, disegnando un Paese in piena ricostruzione (sociale, politica, economica) e filmando un tragitto esistenziale verso la verità e la conoscenza di sé. E la forza metalinguistica del film fa bene (anche) allo spettatore che guarda avanzare Golshifteh Farahani radiosa nei suoi jeans e dentro una canzone di Mina ("Città vuota"). L'attrice franco-iraniana aggiunge al suo carnet un altro ruolo di resistente. Un ruolo a sua immagine che conferma la coerenza delle sue scelte.
Commedia terapeutica, che 'scambia' Freud per un fratello musulmano, Un divano a Tunisi soffia un vento di speranza, la primavera araba è appena (ri)cominciata.
Tutto il mondo è paese. Una frase fatta che trova la sua carica emozionale e veritiera nell’ultima pellicola di Manele Labidi, Un divano a Tunisi, nelle sale dall’otto ottobre, vincitore del premio del pubblico alla mostra del cinema di Venezia 2019. Del resto nella realtà si vive su una placida isola d’ignoranza in mezzo a neri mari d’infinito, con personaggi [...] Vai alla recensione »
L’ultima pellicola della regista franco-tunisina Manele Labidi affronta il tema difficile, eppure ancora drammaticamente attuale, della condizione della donna nella società moderna e, in particolare, in Tunisia, dove le regole sociali sono tutt’oggi basate su una cultura per molti versi ancora arretrata, patriarcale e maschilista. La trama si svolge intorno alla vita di Selma (Golshifteh Farahani), [...] Vai alla recensione »
Selma, la protagonista, una psicanalista parigina, dopo aver studiato e vissuto in Francia, ritorna a Tunisi per aprirvi uno studio. E qui si scontra con una società che ormai le è estranea ma che dimostra, a sorpresa, di aver bisogno di lei e della sua professione. Film che affronta in modo leggero ed a volte persino comico diversi temi "seri", anche se a volte solo accennati. Il [...] Vai alla recensione »
Introdurre la psicanalisi in un paese arabo e islamico equivale, più o meno, ad avviare una rosticceria che fa solo costine e spedi di maiale: un’eresia. Se la psicanalisi, di per sé, è un metodo terapeutico, le radici della sua ideologia, ebraiche e borghesi, e la sua focalizzazione sulla sessualità ne fanno una summa del pensiero “occidentale”. Nemico numero uno degli integralisti.
. Senza evidenti intenti ambiziosi la regista si lascia prendere per mano e si lascia condurre nella realtà del suo paese . Arretratezza, indolenza propri di chi vive alla giornata senza progetti esaltanti ma con un'unica certezza quella di andarsene via, Lei invece, la psicoanalista, torna e [...] Vai alla recensione »
Si salva l'ambientazione originale (una Tunisi popolare più o meno come ce la immaginiamo), per il resto non si contano nè i cliché né le macchiette (vogliamo parlare dei poliziotti scemi, dell'impiegata statale fannullona ... si può andare avanti per mesi). Sommiamo il tutto al fatto che nè si ride (dovrebbe essere una commedia) nè si riesce [...] Vai alla recensione »
semplicemente banale. blasfemo il paragone con Allen (cosa "ci azzecca").i personaggi calcalti, sopra le righe. critica eccessivamente benevola per un filmettino davvero trascurabile.
Non sono stato capace di vederlo fino in fondo. Pessimo.
... prima della nuova chiusura sia stato questo: fa da specchio in modo originale e divertente a una società - quella tunisina - che evidentemente la regista ama e odia al contempo, così come la protagonista del suo film. Come detto da chi mi ha preceduto, la protagonista è una giovane psicanalista tunisina cresciuta a Parigi, che decide "non sa perché " [...] Vai alla recensione »
visto alla mostra di Venezia dove tra l'altro ha vinto il premio degli autori. film fatto molto bene . consiglio di vederlo anche a chi non conosce le realtà dei paesi maghrebini occhio al personaggio di Baya! roba da farne una mini serie ...:)
Tornando a Tunisi da Parigi Selma (Golsifteh Farahani) compie quel viaggio davanti al quale mette i propri pazienti, sdraiati o seduti sul suo improvvisato divano da psicanalista: verso il passato, l' infanzia, la famiglia e le sue dinamiche, l' influenza dei costumi sociali di un paese sulla formazione di una persona nella più tenera età. La protagonista di Un divano a Tunisi di Manèle Labidi - presentato [...] Vai alla recensione »
Selma Derwish (Golshifteh Farahani), ha trentacinque anni, è single, ha lasciato Parigi, dove ha vissuto per venticinque anni con il padre per raggiungere Tunisi, sua città natale. Laureata in psicoanalisi, è fermamente decisa ad aprire uno studio privato all'indomani della Rivoluzione dei Gelsomini che scatenò i moti diffusi della cosiddetta Primavera Araba.
Dove metterà il divano che, in senso figurato, si è portata da Parigi fin qui, nella periferia di Tunisi? Selma Derwich (Golshifteh Farahani) ha deciso, lo metterà nel locale in terrazzo, il più possibile lontano dall' appartamento degli zii che la ospitano, e ben nascosto agli occhi dei curiosi. Ci metterà anche il ritratto del suo capo, un signore molto severo e molto barbuto che regge un sigaro. [...] Vai alla recensione »
Da Parigi torna nel suo luogo natale, Tunisi, con un'idea intesta. La trentacinquenne Selma vorrebbe aprirvi un suo studio da psicanalista. Non mancano le ostilità né gli equivoci; nondimeno, l'attività poco a poco si avvia. Ma un poliziotto troppo zelante minaccia Selma di denunciarla perché sprovvista di autorizzazione ad esercitare. O forse le sta addosso perché da lei affascinato.
Sul manifesto, Sigmund Freud ha in testa un fez rosso, il sigaro e la barba lo mimetizzano con l' ambiente circostante. Non siamo a Vienna ma a Tunisi, dove un' immigrata di ritorno da Parigi decide di mettere su il suo divano da consultazione. Un po' la scambiano per una strega e un po' la scambiano ( o forse fingono, perché a provarci non si sbaglia mai) per una casa d' appuntamenti.
Selma, di natali tunisini, è cresciuta a Parigi, dove è diventata psicologa. Ritenendo di non avere, in Francia, né la possibilità di realizzarsi né quella di rendersi utile al prossimo, fa ritorno a Tunisi, nel suo vecchio quartiere, con l'idea di aprire uno studio da psicanalista. Cosa che appare balzana a parenti e conoscenti, ma che, a sorpresa, raccoglie un grande successo, evidentemente rispondendo [...] Vai alla recensione »
Un divano a Tunisi Selma Derwish, giovane donna risoluta e indipendente cresciuta a Parigi, dove è diventata psicoanalista, decide di tornare nella sua città d'origine, Tunisi, per aprire uno studio privato. Ma il Paese, reduce dalla Primavera araba, non è ancora pronto per una donna che si guadagna da vivere sdraiando le persone su un lettino. L'opera prima di Manele Labidi, Un divano a Tunisi, si [...] Vai alla recensione »
Già prima dei titoli di testa, prima che parta la musica che accompagnerà questa commedia speziata, c'è una scena che dà un'idea perfetta di quello che ci attende. Davanti al camion dei traslochi, Selma, con la sigaretta in mano, discute con un vecchio arabo a proposito di una foto in cui non è ritratto né suo padre né un suo fratello e nemmeno un musulmano.
II titolo ricalca quello della deliziosa commedia francese di un po' di anni fa "Un divano a New York" di Chantal Ackerman ma in Tunisia è tutt'altra aria anche se c'è stata la Primavera araba e aprire uno studio da psicanalista per una donna è ancora una segno di sfida. Tuttavia Selma, trentacinquenne tunisina che ha studiato e si è formata a Parigi, lascia la Francia per la periferia di Tunisi, in [...] Vai alla recensione »
Selma è una psicanalista 35enne dal carattere forte e indipendente, cresciuta a Parigi insieme al padre, che decide di tornare nella sua città d'origine, Tunisi, determinata ad aprire uno studio privato sulla terrazza della casa di famiglia. I suoi parenti cercano in tutti i modi di scoraggiarla, ma ben presto, grazie all'aiuto dell'esuberante proprietaria di un salone di bellezza, in strada si forma [...] Vai alla recensione »
Selma è una giovane psicanalista franco-tunisina, single e indipendente, cresciuta a Parigi dove ha completato gli studi e ha abbracciato lo stile di vita europeo, tra jeans, tatuaggi e tagli di capelli sbarazzini. Dopo la fine della Primavera Araba e l'esilio del presidente Ben Alì, decide di tornare in terra natìa, a Tunisi, per esercitare la sua professione.
A che cosa serve una psicanalista a Tunisi? All'apparenza, a morire di fame, in realtà a creare code alla porta di una specialista, avvenente quanto basta, paziente oltre il limite e innamorata del suo lavoro. Allah non fa miracoli e allora cerca di farli, nel suo piccolissimo, Golshifteh Farahani, pressata dalla burocrazia e da cittadini insoddisfatti e stressati.
Selma lascia Parigi e torna a Tunisi, sua città natale, dove la famiglia non è che la aspetti a braccia aperte. Fa la psicanalista, ormai è più vicina ai 40 che ai 30 anni, e cerca di aprire tra mille difficoltà una specie di studio approssimativo, tra lo stupore e la curiosità delle persone. Ma come donna e come psicanalista capisce presto che la sua scelta non è proprio semplice, boictottata da mezzo [...] Vai alla recensione »
Nove anni dopo, cosa resta in Tunisia dei turgori di rinascita della primavera araba che, in rivolta al lungo regime di Ben Alì, ebbe avvio proprio nelle sue strade? Ce lo racconta con fine ironia Un divano a Tunisi, film esile ma intelligente che rispecchia l' immagine di una nazione in crisi attraverso un variegato gruppo di personaggi messo sotto analisi da Selma.
Cresciuta nella città di Parigi, una ragazza (Golshifteh Farahani) torna nella Tunisi natale per aprire uno studio di psicanalista. Una vera sfida per la cultura locale. I primi clienti arrivano grazie all'alleanza con una parrucchiera e nonostante i parenti, scettici, proclamino questa roba non ci serve, qui abbiamo Dio, ben presto ci sarà una coda di maschi nevrotici, donne frustrate, nevrosi assortite. [...] Vai alla recensione »
Selma, la protagonista di Un divano a Tunisi, ha trentacinque anni e un sogno: aprire uno studio per esercitare la psicoanalisi nel posto in cui è nata, ma da cui la sua famiglia ha dovuto fuggire. E così un bel giorno lascia Parigi, la città dove è cresciuta, dove ha studiato, per trasferirsi alla periferia di Tunisi e sistemare sulla terrazza della casa che era stata dei suoi genitori un bel divano [...] Vai alla recensione »
Che cosa ci fanno due vecchie canzoni di Mina in "Un divano a Tunisi", film franco-tunisino che segna l'esordio alla regia della cineasta Manele Labidi Labbé? Nulla, un po' di colore: perché "Città vuota" e "Io sono quel che sono", peraltro missate a un volume esagerato, suonano solo come una strizzatina d'occhio, diciamo un omaggio a una certa Italia che fu, in stile Almodóvar.
Come molte commedie, Un divano a Tunisi fonda la sua premessa narrativa sulla figura ricorrente del "pesce fuor d'acqua", e su una falsa credenza tutta da sfatare: nello specifico, quella per cui la psicanalisi - diligentemente praticata da Selma, nata in Tunisia, cresciuta in Francia e poi coraggiosamente tornata in patria - non possa attecchire al di là del Mediterraneo.
Golshifteh Farahani è iraniana. È molto brava oltre che naturalmente carismatica e quindi riesce a rendere credibili i natali tunisini del personaggio che interpreta in Un divano a Tunisi. È già stata afghana in Come pietra paziente, spagnola in Altamira, egiziana in Just Like a Woman. Non c'è problema, siamo pronti ad accettarla in ogni nazionalità possibile, eppure è un dato che dà un po' l'idea [...] Vai alla recensione »
Non è chiaro agli occhi di amici e parenti il motivo per cui la giovane e brillante psicanalista Selma (Golshifteh Farahani) decida di tornare nella sua terra natia, dopo esserne stata a lungo lontano, salvo i primi annebbiati e lontanissimi dieci anni di vita. Il suo ritorno a Tunisi coglie tutti impreparati e sorpresi, perché per alcuni di loro soltanto a una squinternata poteva venire in mente di [...] Vai alla recensione »
Iraniana, i primi (grandi) passi nel cinema Golshifteh Farahani li compie sui set di film realizzati nel suo paese natale talvolta da autori di primo pigano della longeva e sempre sorprendente cinematografia dell'Iran (Dariush Mehrjui, Ebrahim Hatamikia, Bahman Ghobadi, Abbas Kiarostami, Asghar Farhadi). La sua figura artistica s'impone in breve tempo, così come la sua personalità e il suo impegno [...] Vai alla recensione »
La Tunisia post rivoluzionaria è una polveriera di tensioni psicologiche. Ognuno ha le proprie e le soffoca. All'improvviso l'esplosione danneggia più di quanto non chiarisca e tra moglie e mariti è corto circuito. A un imam capita di perdere la fede e la consorte. Azzarda un suicidio a cui non crede nessuno. Una ragazza coperta in ogni parte si denuda il seno davanti al professore.