cinephilo
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lunedì 23 settembre 2019
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un tarantino ripetitivo, poco originale
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Purtroppo mi ritrovo a dare la prima insufficienza ad un film del maestro Quentin. Nelle prime due ore il regista di Knoxville ci porta abbastanza bene (senza mai entusiasmarci davvero però) nel film dentro al film. Per tre quarti di pellicola infatti sembra di essere in un set di vari western tv show dove i nostri protagonisti (l'attore e la sua controfigura) ci trasportano dentro alla hollywood del 69' in una sequela di B-movie e serie tv western. Poi l'ultima mezz'ora si rivela davvero deludente con il classico finale ucronistico dove il maestro Quentin sovverte il corso della storia con poca creatività. Un film in cui traspare tutto l'amore di Tarantino per il cinema di quegli anni ma il maestro sembra anche aver esaurito idee e fantasia nel pilotare i destini dei suoi personaggi.
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Purtroppo mi ritrovo a dare la prima insufficienza ad un film del maestro Quentin. Nelle prime due ore il regista di Knoxville ci porta abbastanza bene (senza mai entusiasmarci davvero però) nel film dentro al film. Per tre quarti di pellicola infatti sembra di essere in un set di vari western tv show dove i nostri protagonisti (l'attore e la sua controfigura) ci trasportano dentro alla hollywood del 69' in una sequela di B-movie e serie tv western. Poi l'ultima mezz'ora si rivela davvero deludente con il classico finale ucronistico dove il maestro Quentin sovverte il corso della storia con poca creatività. Un film in cui traspare tutto l'amore di Tarantino per il cinema di quegli anni ma il maestro sembra anche aver esaurito idee e fantasia nel pilotare i destini dei suoi personaggi. I tempi di Pulp Fiction e Jackie Brown sono davvero lontani.
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(di paolp78)
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cevappo
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lunedì 23 settembre 2019
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un film screma fanboy.
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La sala dorme,si lamenta,freme per finalmente vedere i titoli di coda, io godo come il peggiore dei maiali che vede le loro aspettative infrangersi.
Tarantino ci ha viziati tutti con i suoi magheggi di violenza e di trame super emozionanti, ma stavolta l'intimismo è padrone di questo fantastico film che merita più di una visione. Il 1969 è perfetto ogni cosa al suo posto, la selezione musicale commovente e gli attori al top. Non è un film che crea aspettative è un flusso magico e maliconico che ci trasporta fino al desiderio che le cose siano potute andate meglio per tutti. Ci vuole empatia per il cinema per ricevere soddisfazione da un'opera con così tanto amore e passione.
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La sala dorme,si lamenta,freme per finalmente vedere i titoli di coda, io godo come il peggiore dei maiali che vede le loro aspettative infrangersi.
Tarantino ci ha viziati tutti con i suoi magheggi di violenza e di trame super emozionanti, ma stavolta l'intimismo è padrone di questo fantastico film che merita più di una visione. Il 1969 è perfetto ogni cosa al suo posto, la selezione musicale commovente e gli attori al top. Non è un film che crea aspettative è un flusso magico e maliconico che ci trasporta fino al desiderio che le cose siano potute andate meglio per tutti. Ci vuole empatia per il cinema per ricevere soddisfazione da un'opera con così tanto amore e passione. Questo non è filmetto per passare 2 ore, è una gigantesca favola farcita di sottotesto... e se non vi è piaciuto, posso scommetterci le dita dei piedi che non avete compreso a fondo i precedenti lavori.
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matteo salvati
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lunedì 23 settembre 2019
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non all'altezza delle aspettative.
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film pessimo, noioso e lento che non coinvolge minimamente lo spettatore, tranne 5 minuti nel finale in cui si crea una colluttazione molto cruenta, uno spreco di soldi.
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ivansg
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lunedì 23 settembre 2019
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piacere e non piacere.
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Se non fosse un film di Tarantino non verrebbe acclamato così. Amo Tarantino e amo quel genere a sé stante che lui ha creato. Ma chi ama Tarantino non può non essere nostalgico dopo la visione di questo suo (pare) penultimo film. In poche parole può piacerti se ti piace il genere, non può piacerti più di tanto sei ami Quentin.
Se questa pellicola vuol dare voce alla sua spropositata passione per il cinema lo fa in maniera incompleta: da una parte infatti ad esempio gli infiniti tributi a registi (primo tra tutti il più citato Sergio Leone e ai suoi intramontabili spaghetti western), dall'altra un intreccio forzato per un finale forzato che sembra quasi dire "anche se il film non è dei più tarantiniani, nel finale c'è sempre il mio tocco".
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Se non fosse un film di Tarantino non verrebbe acclamato così. Amo Tarantino e amo quel genere a sé stante che lui ha creato. Ma chi ama Tarantino non può non essere nostalgico dopo la visione di questo suo (pare) penultimo film. In poche parole può piacerti se ti piace il genere, non può piacerti più di tanto sei ami Quentin.
Se questa pellicola vuol dare voce alla sua spropositata passione per il cinema lo fa in maniera incompleta: da una parte infatti ad esempio gli infiniti tributi a registi (primo tra tutti il più citato Sergio Leone e ai suoi intramontabili spaghetti western), dall'altra un intreccio forzato per un finale forzato che sembra quasi dire "anche se il film non è dei più tarantiniani, nel finale c'è sempre il mio tocco". Non è così. A volte si deve essere o carne o pesce e questo è il caso del cinema puro, nudo e crudo come quello di Tarantino, ma che stavolta, non lascia alcun retrogusto.
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nino pellino
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domenica 22 settembre 2019
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non mi ha coinvolto
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Parte della critica si è dimostrata entusiasta di questo film ed anche il successo che esso sta riscuotendo ai botteghini dei Cinema è considerevole. Per quanto mi sia sforzato di capire il perché di tanto consenso, ancora adesso non me lo so spiegare. Una cosa è certa: il film non mi ha colpito. Difatti l'ho trovato troppo prolisso e monotono durante il primo tempo, mentre le scene di azione e di violenza del secondo tempo, questa volta non hanno fatto centro nel mio personale coinvolgimento. Anche lo sguardo romantico che il regista dimostra di avere nei confronti del mondo dello spettacolo e del Cinema dell'America di fine anni '60 e la relativa ironia e parodia sul facile successo e conseguente ricchezza di coloro che sono stati in grado di raggiungere certi ambiti traguardi, mi ha trasmesso un non so che di prevedibilmente scialbo, nonostante che gli attori Leonardo Di Caprio e Brad Pitt abbiano cercato di dare il massimo contributo con la loro grande esperienza recitativa.
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Parte della critica si è dimostrata entusiasta di questo film ed anche il successo che esso sta riscuotendo ai botteghini dei Cinema è considerevole. Per quanto mi sia sforzato di capire il perché di tanto consenso, ancora adesso non me lo so spiegare. Una cosa è certa: il film non mi ha colpito. Difatti l'ho trovato troppo prolisso e monotono durante il primo tempo, mentre le scene di azione e di violenza del secondo tempo, questa volta non hanno fatto centro nel mio personale coinvolgimento. Anche lo sguardo romantico che il regista dimostra di avere nei confronti del mondo dello spettacolo e del Cinema dell'America di fine anni '60 e la relativa ironia e parodia sul facile successo e conseguente ricchezza di coloro che sono stati in grado di raggiungere certi ambiti traguardi, mi ha trasmesso un non so che di prevedibilmente scialbo, nonostante che gli attori Leonardo Di Caprio e Brad Pitt abbiano cercato di dare il massimo contributo con la loro grande esperienza recitativa. Di sicuro mi sento di sentenziare che questo film dopo averlo visto una volta, assolutamente non desidero mai più rivederlo. Non mi ha coinvolto.
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domenica 22 settembre 2019
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c'era una volta a.....holliwood
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Scusate, come si fa ha consigliare un film del genere noi siamo usciti dopo 1 ora e mezza ed eravamo 6 persone. Insieme a noi sono venute via anche un'altro gruppo di pente. Oserei dire PESSIMO
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loland10
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domenica 22 settembre 2019
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si gira...o non si gira...
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“C’era una volta…a Hollywood” (Once Upon a Time in Hollywood, 2019) è il nono lungometraggio di Quentin Tarantino.
Al nono film da regista, produttore e di scrittura, l’autore del Tennessee ci mette la sua anima da cinefilo e il suo battito da pistolero.
Anno di grazia 1969: set e contro figure, attori in disgrazia e divi solitari, vite sfrenate e morte in agguato, colori vivi e camicie sgargianti, sogni sfinito e autostop; da lungaggini, cazzeggio, fraseggio, ridondanza, effetti goliardici, ironia e sacralità del grande schermo....tutto questo in un film che si vede senza stanchezza e con un modo vivendi di buona compagnia.
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“C’era una volta…a Hollywood” (Once Upon a Time in Hollywood, 2019) è il nono lungometraggio di Quentin Tarantino.
Al nono film da regista, produttore e di scrittura, l’autore del Tennessee ci mette la sua anima da cinefilo e il suo battito da pistolero.
Anno di grazia 1969: set e contro figure, attori in disgrazia e divi solitari, vite sfrenate e morte in agguato, colori vivi e camicie sgargianti, sogni sfinito e autostop; da lungaggini, cazzeggio, fraseggio, ridondanza, effetti goliardici, ironia e sacralità del grande schermo....tutto questo in un film che si vede senza stanchezza e con un modo vivendi di buona compagnia.
Il gusto della messa in scena, la lentezza recitativa, le pause di studio, gli errori, i personaggi minori e il partecipare alla cosiddetta gloria del ‘b-movie’ fanno del regista il fan per eccellenza a tutti gli effetti e in questa pellicola deborda , si inchina e si invaghisce di ogni particolare che pare inutile (apertura di una lattina, scarpe da cowboy, scatolette per cani, sigarette e drink).
Quelli che seguono Quentin dalla prima ora saranno pieni di ogni cosa e di andare in brodo di giuggiole in ogni movimento di ripresa. La leccornia è alta e il gusto alle bellezze nostalgiche che furono saranno di gradimento per i più accaniti.
In questa pellicola il cinema e i suoi contorni, il set e la vita, il glamour e le serie tv, lo sbando e il bere, l’euforia e il Vietnam, la crisi e gli agguati mortali. Tarantino osa per raccontarsi e raccontarci l’anno di separazione tra quello che fu e ciò che sta per accadere: in esso i giorni contano come le ore quando la ‘divina’ Los Angeles con le sue ville....e i suoi contorni protetti viene soverchiata dal nuovo firmamento di star e da irruzioni di ‘capelloni’ che fanno pagare lo scontrino a se stessi. Ecco che Quentin prende parti di ogni storia per rimescolarla a suo piacimento: da Woodstock, dalla tv degli anni cinquanta, dai registi che ama, dal b movie italiano, dagli ‘hippy’ che cercano il sogno, da autostoppiste senza sennò e da goliardie varie tra ubriachezze e calzino in guerra asiatica....
L’integrazione e il rovescio doppio tra personaggi della storia, confinanti attori e chi recita come figurante e contro-figurante è sintomatica e per certi versi allarmante: tutto condito da una ironia sferzante e da un riso sotto traccia in modo costante. Il ghigno del regista tra cinema reale e cronaca di finzione.
Tra i nomi e i loro mondi, i Polanski, i Charles Manson, le Sharon Tate, i figuranti, le piscine, i sorveglianti e gli attori in declino, una divetta e un cowboy, un Rick Dalton e gli spaghetti western, un Cliff Booth e il suo cane, una camicia e un’auto sportiva. E intanto una Pussycat qualsiasi fa strada in autostop e lo stuntman si ritrova in un ranch-set abbandonato. È crisi del cinema....i divi dormano e ‘Bonanza’ va avanti imperterrita.
Le citazioni e gli omaggi, i riferimenti e le star (nascoste o meno nella storia) sono a iosa con un rischio di sovrabbondanza esagerata e una promozione limitata di quello che è la passione ‘tarantiniana’. È un ‘effetto notte’ di altri e di visite dentro il cinema. Chiaroscuri e luci da cambiare, fari spenti e un nuovo corso che si apre.
L’epilogo è tra finzione narrativa e fatti reinventati. Ridondanza marcata e un lanciafiamme che è sempre utile. La New H. si fa strada. Dei nomi a cui appartiene Quentin, eccone alcuni: Scorsese che entra di diritto nella scena finale, Kubrick che s’avvicina con il buio dietro le ombre dei ragazzotti (Manson) in foga adrenalinica, Spielberg si scompone poco tra scale a chiocciola e dei visi in auto, Polanski si adopera poco tra fogne narrative e inquilini non del terzo piano. Mi fermo perché siamo a scatafascio di film e di cast da compilare. E d’altronde il titolo non è un ‘spaghetti’ di un Leone (da saggiare).
‘Sergio chi? Corbucci....’ ripetuto più volte. Cosa vuoi Dalton… un uso conveniente per fare del gioco un uso redditizio anche se in nome degli ‘spaghetti western’. La cartellonistica dell’epoca opportunamente rimescolata fa vintage e buon effetto per un film di oggi che del ‘b’ prende il lato giusto e quello che diletta il regista appassionato.
Leonardo DiCaprio(Rick Dalton): cincischia e arranca, deborda e fa il morto, non s’arrende, scava e si adatta. Una prova che sperimenta il nuovo contro il suo personaggio.
Brad Pitt(Cliff Booth): ha la camicia hawaiana giusta (e non solo), guarda sempre in modo sghembo, si cuce un volto démodé e non cade nei tranelli. Uno stuntman che ruba le scene, nei film, e nella vita; si compiace ma pensa che il cibo Vs gustato con un buon barattolo di birra. È urrà per Cliff. Anche con un coltello conficcato.
Margot Robbie(Sharon Tate): è il sogno che si materializza o un incubo che devasta; attorno lei ruotano molte cose come l’incipit di un cinema o il reale di una notte fonda.
Non essere un ‘tarantiniano’ puro può succedere…ma la sorpresa è di un film di passione e da commedia con sorrisi e ironie a vari livelli. Da ‘Le iene’ (Reservoir Dogs, del 1992) film d’epoca e mai più riproposto si passa (ad oggi) all’omaggio sincero e di passione verso il mondo della celluloide con tutte le sue storie e contraddizioni, il suo impero e il suo sfacelo, le sue grandezze e le miserie di una ricchezza svanita. Dal 1969 come futuro da carpire.
La fotografia di Robert Richardson è lucida e disarmante, pastosa e invaghita di ombre serali.
Regia: per chi conosce Tarantino trova i suoi stilemi e gusti con in più (si permette di dire) lo scandire dei luoghi sotto cieli di color ‘tumulto’.
Voto: 7½ /10 (****) -cinema da (contro)passo-
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mokujohn
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domenica 22 settembre 2019
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c'è ancora...a hollywood
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Nono film di Tarantino (regista e sceneggiatore) ambientato ad Hollywood sul finire degli anni 60, periodo di grande fermento politico e sociale per l'America e periodo in cui la città del cinema si confronta con la rivoluzione culturale e pacifica della "summer of love" e lo stravolgente terrore degli omicidi Manson. La trama segue le vite dei protagonisti Rick Dalton (Leonardo Di Caprio), attore di talento in declino, Cliff Booth (Brad Pitt), controfigura e tuttofare di Dalton, Sharon Tate, (Margot Robbie), giovane attrice e sposa di Roman Polanski già regista di Rosemary's Baby nel 1968. La capacità narrativa di Tarantino, unita al suo ormai assodato talento nell'esaltare le singole doti attoriali, sono qui affiancate da un'eccezionale riproduzione della Hollywood di quegli anni.
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Nono film di Tarantino (regista e sceneggiatore) ambientato ad Hollywood sul finire degli anni 60, periodo di grande fermento politico e sociale per l'America e periodo in cui la città del cinema si confronta con la rivoluzione culturale e pacifica della "summer of love" e lo stravolgente terrore degli omicidi Manson. La trama segue le vite dei protagonisti Rick Dalton (Leonardo Di Caprio), attore di talento in declino, Cliff Booth (Brad Pitt), controfigura e tuttofare di Dalton, Sharon Tate, (Margot Robbie), giovane attrice e sposa di Roman Polanski già regista di Rosemary's Baby nel 1968. La capacità narrativa di Tarantino, unita al suo ormai assodato talento nell'esaltare le singole doti attoriali, sono qui affiancate da un'eccezionale riproduzione della Hollywood di quegli anni. Gli abiti ed i colori hippy per le strade, il lavoro negli studios, la mondanità dei party notturni, la tranquillità delle grandi ville a Cielo Drive e le realtà più isolate di roulotte e vecchi ranch abbandonati. Tutto descritto da inquadrature e tempi sapienti di chi ha dimostrato in più di un caso di amare quegli anni e quel periodo artistico culturale (non solo americano). E poi continue citazioni e rimandi a vecchi film e serie tv, riproposti, rimaneggiati; continue apparizioni di grandi attori del passato a dialogare con i personaggi del film, allo stesso modo gli attori del film utilizzati in scene legendarie del cinema del passato. Come Tarantino ci ha insegnato, nessun intervento è marginale, tanto quanto gli spostamenti della cinepresa ed ovviamente la scelta delle tracce della colonna sonora. Ogni cosa contribuisce alla narrazione con l'obiettivo (ampiamente raggiunto) di tenere lo spettatore incollato con ammirazione alle vicende dei protagonisti. Questa è la forza sempre più matura e dirompente dei lavori di Tarantino: riuscire a trasmettere, attraverso una regia ed uno stile inconfondibili, il suo profondo amore per il cinema di quegli anni che lo ha formato. Amore per il cinema che qui trova espressione in tutte le sue sfaccettature: dal rigustare un vecchio film sullo schermo attraverso gli occhi orgogliosi di Margot Robbie, all'ascoltare le storie degli attori a bordo piscina nelle ville di Beverly Hills; dall'assistere al confronto generazionale sul set o fuori, in angoli appartati degli studi, al seguire le discussioni private nelle roulotte dello staff o al fare da spettatore alle scazzottate nei parcheggi tra comparse e protagonisti, finanche all'accompagnare gli attori nel lavoro di ripasso del copione. Tale è la potenza del legame tra il regista ed Hollywood, che si finisce per essere rapiti dalle atmosfere e dall'umanità dei protagonisti, ad ammirarli ed amarli a nostra volta, fino ad arrivare a desiderare l'epilogo con cui Tarantino riscrive la storia, nel modo a cui ci ha "abituati" e che qui tocca livelli altissimi. Negli anni in cui il cinema è più che mai ridotto a mero strumento di intrattenimento, anni in cui i protagonisti sono trasformati in supereroi da botteghino, qualcuno, ogni tanto, si prende la briga di ricordarci l'importanza delle inquadrature, dei tempi, dei volti e della recitazione, dei suoni. Quest'arte è stata e può essere molto di più ed è proprio il caso di dirlo, con Tarantino c'è ancora...a Hollywood...
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samanta
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domenica 22 settembre 2019
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l'ennesima autocrocefissione ...fallita
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Giustamente Pino Farinotii in un articolo scritto prima che uscisse il film lo ha definito l'ennesima autocrocefissione di Hollywood. E' difficile recensire un film creato da un "mostro" intoccabile (o quasi ...) come Quentin Tarantino di cui , ammetto, non ho visto tutti il film e di cui non sono francamente un patito.
Ma cerchiamo di dimenticare (se possibile) la storia cinematografica di Quentin Tarantino regista e sceneggiatore (nonché produttore) di C'era una volta a ... Hllywood e affrontiamo il film.
Innanzitutto la trama: la storia ambientata nel marzo-agosto del 1969 verte intorno a 2 personaggi minori del cinema: Rick Dalton (Leonardo di Caprio) attore televiso in passato interprete di fortunate serie televisive e qualche film di serie B ma in declino e ridotto sempre al ruolo di cattivo, e del suo Stunt man Cliff Booth (Brad Pitt, che gli fa anche da autista e piccoli lavoretti nella sua villa nella collina di Hollywood.
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Giustamente Pino Farinotii in un articolo scritto prima che uscisse il film lo ha definito l'ennesima autocrocefissione di Hollywood. E' difficile recensire un film creato da un "mostro" intoccabile (o quasi ...) come Quentin Tarantino di cui , ammetto, non ho visto tutti il film e di cui non sono francamente un patito.
Ma cerchiamo di dimenticare (se possibile) la storia cinematografica di Quentin Tarantino regista e sceneggiatore (nonché produttore) di C'era una volta a ... Hllywood e affrontiamo il film.
Innanzitutto la trama: la storia ambientata nel marzo-agosto del 1969 verte intorno a 2 personaggi minori del cinema: Rick Dalton (Leonardo di Caprio) attore televiso in passato interprete di fortunate serie televisive e qualche film di serie B ma in declino e ridotto sempre al ruolo di cattivo, e del suo Stunt man Cliff Booth (Brad Pitt, che gli fa anche da autista e piccoli lavoretti nella sua villa nella collina di Hollywood. Il produttore Marvin Schwarz (Al Pacino) gli fa presente che la sua carriera è chiusa e che gli conviene girare alcuni western Spaghetti in Italia per poi ritornare e ricominciare da capo. Dalton è perplesso anche perchè il fatto che Roman Polannski reduce dal successo di Rosemary's Baby con la sua novella sposa Sharon Tate (Margot Robbie) sia avvenuto ad abitare nella villa adiacente lo riempe di euforia. Comunque poi accetta e va in italia gira 4 film e ritorna nell'agosto del 1969 in USA con una moglie italiana Francesca (Lorenza Izzo), ovviamente Tarantino non ha fatto lo sforzo di evitare la solita macchietta parodistica della moglie italiana. La notte in cui ritorna per la cronaca verranno massacrati da 4 aderenti alla setta di Manson, Sharon Tate incinta ormai a 4 giorni dal parto, 3 suoi amici e un giovane ignaro di passaggio. Il finale è a sorpresa e Tarantino pregò ai giornalisti di non svelarlo, a mio giudizio è un finale semplicemente penoso.
Il film dura 2 ore e 40 minuti come minimo 30 minuti sono di troppo è noioso , con un tono che va dal sarcartico al surreale, con dialoghi spesso senza capo ne coda.
Girano nel film protagonisti del cinema di allora (ovviamente reinterpretati) come Steve McQueen o Connie Stevens, ma l'utilità di alcune scene non si comprendono ad esempio la zuffa tra Bruce Lee e Cliff con l'artista cinese preso in giro ma maniera sciocca, oppure la scena in cui Sharon Tate va a vedersi al cinema il film che aveva girato con Dean Martin The Weching Crew, e lo guarda comportandosi con espressioni da idiota, ma perché prendere in giro una poveretta, che era un'attrice di poco valore salvo l'avvenenza, ma che avrebbe fatto una fine così orribile. Ma non basta, Tarantino per fare il "figo" e far vedere che lui sa tutto, la manda in giro con un vestitino corto biano la stesso con cui si era sposata. Ma la caccia ai rimandi e ai richiami dell'epoca è noiosa, come francamente ci sono lungaggini insopportabili, come appunto la scena di Sharon al cinema o Cliff che ripara l'antenna della TV di Dalton. Il film non fa ridere e neppure piangere non ci sono nudità ma solo la scena di violenza finale, ovviamente una sfilza di parolacce che confondono pure il dialogo, la colonna sonora assordante è composta da canzoni d'epoca. La recitazione di Brad Pitt è buona un pò meno quella di Leonardo di Caprio, assolutamente mediocre quella di Margot Robbie forse perché non è nella sua mise che l'ha lanciata (nuda). In conclusione una delusione, anche se ci sarà la solita peana dell'ennesimo capolavoro, tanto Quentin il risultato lo ha raggiunto, il box office va abbastanza bene. Per mettetemi anche a me la citazione: Sharon Tate aveva appena finito nel maggio in Italia del film Una su 13 con Vittorio Gasmann e Orson Welles in gran forma, sarebbe stato il suo ultimo film.
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domenica 22 settembre 2019
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tarantino insuperabile
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Recensione che fa ripercorrere con la mente e con il cuore un film che non si può non amare.
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