Nella scelta del Cinema di Sky la terza opera del cantautore, legata indissolubilmente all'omonimo album.
di Alessandro Buttitta
Nel 1998 Luciano Ligabue debutta alla regia con un film, Radiofreccia, che ne definisce in maniera netta e decisa temi e stile. Si percepiscono le anime che vivono dentro di lui e la sensibilità che centinaia di canzoni avevano già fatto mostrato. Vent'anni dopo, scegliendo ancora una volta Stefano Accorsi come protagonista, il rocker emiliano firma Made in Italy, sua terza opera cinematografica, legata indissolubilmente all'omonimo album del 2016.
La trama ruota attorno a Riko, cinquantenne che non accetta più quello che la vita gli ha dato. Addetto in un salumificio, lavora insaccando mortadelle e nutre più di un malessere per la sua condizione.
Alla delusioni in campo professionale si aggiungono quelle in campo sentimentale. Il matrimonio con Sara (Kasia Smutniak), sposata quando i sogni erano molti di più dei bisogni, si è trasformato negli anni in una lunga sequela di tensioni e risentimenti che hanno portato entrambi ad alcune avventure extraconiugali. L'unica speranza di rivalsa per entrambi è l'affermazione di loro figlio, il primo della famiglia ad andare all'università.
Con una schiettezza che diventa subito la cifra più evidente del film, Ligabue in Made in Italy fa toccare con mano le contraddizioni e le frustrazioni di cinquantenni alle prese con una crisi che sarebbe immorale definire di mezza età. Si dà così spazio a personaggi che, sconfitti dalle contingenze, possono contare soltanto su valori e sentimenti che non devono essere mai messi in discussione.
L'amicizia, la lealtà e l'onestà sono principi guida di esistenze che non ammettono compromessi con se stessi. C'è solo da guardarsi attorno, essere felici per chi si ha accanto, gioire per ciò che si ha anche se c'è una realtà che fa di tutto per farti pensare il contrario.