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Leonardo, il Magnifico

Il premio Oscar come miglior attore per Revenant corona un artista esigente, unico e inclassificabile. Perché è il più bravo di tutti.
di Marzia Gandolfi

Revenant - Redivivo

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Leonardo DiCaprio (Leonardo Wilhelm DiCaprio) (49 anni) 11 novembre 1974, Los Angeles (California - USA) - Scorpione. Interpreta Hugh Glass nel film di Alejandro G. Iñárritu Revenant - Redivivo.
lunedì 29 febbraio 2016 - Oscar

Stigmatizzato dall'Academy, in un interno domestico dei Fifties (Revolutionary Road) o nel bureau del capo ultraconservatore dell'FBI (J. Edgar), DiCaprio ci riprova con Revenant - Redivivo e vince con una performance di quelle che impressionano 'soprattutto' le giurie: exploit fisico, inerzia, spasmi mandibolari, (s)trascinamento, dimagrimento, digrignamento dei denti e dell'anima, mutismo per tre quarti del film.

Un ruolo che traspira più applicazione cieca a un programma masochista che all'invenzione, un ruolo che percorre le stazioni di un martirio a 'caccia' del favore e della riconoscenza che l'accademia degli Oscar testardamente gli rifiutava.
Marzia Gandolfi

Tutto era predisposto a garantirgli la statuetta e Iñárritu ci ha messo del suo. La predilezione dell'autore messicano per la metatestualità trasferisce gli sforzi eccezionali del personaggio, per sopravvivere in un ambiente ostile, in quelli altrettanto straordinari dell'attore, per vincere l'Oscar al cospetto di giurati storicamente ostili. E di DiCaprio trionfa come il suo cacciatore su orsi, cattivi e concorrenza (Matt Damon, Michael Fassbender, Bryan Cranston e Eddie Redmayne).

Alla fine, apprezzato o disapprovato il trapper straziato di Leonardo DiCaprio, l'Oscar corona un attore esigente, unico e inclassificabile, dotato di un carattere imprevedibile e di una determinazione feroce. Un artista che padroneggia giochi verbali, allusioni, cori disfunzionali, coreografie, cadenze ritmate, affondi, spavalderie, pulsioni, deliranti refrain, colpi di pistola e di artigli. Perché è il più bravo di tutti, perché è Leonardo, il Magnifico.


Leonardo DiCaprio al photocall della 88esima edizione degli Oscar.
Leonardo DiCaprio sorridente con Kate Winslet.
Leonardo DiCaprio al photocall.

Modello eco-responsabile di energie rinnovabili che incarna sullo schermo il suo contrario, eroi dominati dall'eccesso che cavalcano le onde su yacht ad alto impatto ambientale o precipitano aerei in una fobica implosione autodistruttiva, Leonardo DiCaprio coltiva due anime pubbliche. Performer del green thinking, è diventato il più grande attore di Hollywood col vento in poppa (energia eolica) e le braccia spalancate a prua (energia scenica).

Bello, duttile, geniale, la sua vita selfizzata, instagrammata, twittata, facebooccata, giffata ad libitum è una sorta di sitcom epilettica.
Marzia Gandolfi

Sorpreso a uscire da Starbucks o da una lavanderia automatica, la sua apparizione giù dallo schermo provoca crisi isteriche collettive, perché è anche quella un evento, una messa in scena incorniciata dalle guardie del corpo e inquadrata da fotografi informati sul luogo dove il divo, proprio come una divinità, si rivela. Per spiegare isterismi e natura divina del nostro è necessario fare un passo indietro, risalire fino al 1993 e al primo film di Lasse Hallström. Se l'eroe di Buon compleanno Mr. Grape era Johnny Depp e il pubblico impazziva per i suoi capelli lunghi e la Kurt Cobain attitude, fu il giovanissimo DiCaprio a galvanizzare lo spettatore, incarnando con una verità interiore sbalorditiva il fratello minore e handicappato di Depp. Per quel ruolo, l'attore ottiene la prima nomination agli Oscar, invito disatteso perché l'Academy passa accanto a quella rivelazione e premia Tommy Lee Jones (Il fuggitivo). Ma tempo e bellezza sono dalla sua parte. Adolescente biondo, glabro e pieno di una cortesia divina, diventa l'oggetto del desiderio di tutti. Di donne pronte a morire e uomini di ritorno dal nulla.


Romeo + Giulietta di William Shakespeare (1996) di Baz Luhrmann.
Titanic (1997) di James Cameron.
The Aviator (2004) di Martin Scorsese.

Re del mondo sulla prua di un transatlantico lanciato nella sua prima traversata oceanica, l'attore vince a poker un biglietto per l'America e per l'Olimpo hollywoodiano. Leo diventa bankable, attore di sicuro successo spendibile come eterno Romeo di teen movie, segnato da una tara e da una "febbre di poesia" pienamente shakespeariana. L'esasperata emotività, che lo impone negli anni Novanta, lo rende interprete ideale dell'eroe romantico che viaggia in basso ma guarda in alto, illuminato dai tramonti artificiali di Luhrmann. A passo di danza (quella irlandese che gli tornerà utile in Gangs of New York) e a colpi di candore trascina Rose nel mare della vita, finisce spiaggiato da Danny Boyle (The Beach) e diventa una celebrity con Woody Allen. Da quel momento provare a prenderlo è praticamente impossibile.

Poster-boy adulato dai fan e snobbato dall'Academy, che non lo considera nelle quattordici nomination di Titanic e nelle dieci di Gangs of New York, Leonardo DiCaprio paga agli occhi dell'establishment l'immagine di idolo-teen, affibbiata dopo Titanic.
Marzia Gandolfi

L'angelo non si scompone, compie trent'anni e si sporca le mani, mettendo in gioco la giovanile rigidezza alla Harold Lloyd e infilando un vertiginoso percorso di crescita che conduce persona e personaggi a nuove consapevolezze. Presi in contropiede il successo, le adolescenti strepitanti e un fisico che lo predispone ai ruoli acerbi e delicati, DiCaprio riemerge a nuova vita e a nuovo cinema. Contraddice la sua trasparenza ridimensionando l'aspetto efebico, puntando alla definizione sessuale e scegliendo personaggi ambigui come il contrabbandiere di diamanti di Blood Diamond o sgradevoli come l'agente della CIA di Nessuna verità.


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Revolutionary Road (2008) di Sam Mendes.
Inception (2010) di Christopher Nolan.
Shutter Island (2010) di Martin Scorsese.

Sullo schermo intanto acquista la coscienza di un uomo che ha visto morire i suoi padri e che è diventato padre per la prima volta. Perché tra Hughes e Belfort c'è il paziente numero 67 di Shutter Island, il personaggio che traghetta letteralmente Leo nell'età adulta e nevrotizzata del suo scontento, degli infernal affairs, delle progressive tensioni autodistruttive e degli esili onirici di Dom Cobb nel blockbuster a più livelli di Christopher Nolan (Inception).

Centro di gravità tra la trottola di Nolan e il faro di Scorsese, Leo scivola lungo il fiume e oltre la linea di non ritorno, sopra un battello che naviga a vista nel bel mezzo del nulla.
Marzia Gandolfi

Diversamente dai precedenti film di Scorsese, DiCaprio abita un non luogo, si muove in assenza di ripari e dentro movimenti temporali che spiegano bene le disfunzioni del personaggio, ponendo le basi, dopo la linearità passata, a un nuovo tipo di narrazione e di recitazione. Nel tempo di cinque film Scorsese ha disposto la formazione radicale del suo attore, che deflagra in The Wolf of Wall Street, un'esplosione drammaturgica e una vorticosa tensione rotta soltanto dall'onda perfetta. Concentrato e indeciso davanti alle smorfie di Frank Costello Nicholson, Leo si è emancipato dalla condizione filiale, dall'ansia dinamica di prestazione e da una tenerezza lontana, diventando grande, grandissimo nel ruolo di Belfort. Ruolo che combina, mastica ed esibisce le due vene del cinema scorsesiano: la commedia cinica (Re per una notte, Fuori orario) e l'affresco di grandezza e disgregazione (Toro scatenato). Re e buffone, collassato dalla cocaina e divorato dalla sua stessa fortuna, getta la maschera (quella di ferro, quella di Hoover, quella di Gatsby) e piomba con aerei sempre nuovi dentro un mondo autarchico che non contempla il contro-campo, se non quello col banchiere svizzero di Jean Dujardin, che appartiene alla stessa cinica cornice. Superbamente incontinente e fuori misura, la performance di Leo dona luce e intelligenza al profluvio verbale di Belfort.


J. Edgar (2011) di Clint Eastwood.
The Wolf of Wall Street (2013) di Martin Scorsese.
Revenant - Redivivo (2015) di Alejandro González Iñárritu.

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