Anno | 2014 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Italia |
Durata | 102 minuti |
Regia di | Pupi Avati |
Attori | Riccardo Scamarcio, Sharon Stone, Cristiana Capotondi, Giovanna Ralli, Cristian Stelluti Osvaldo Ruggieri, Tommaso Ragno, Sandro Dori, Fabio Ferrari, Antonio Caracciolo, Fabrizio Amicucci, Vanni Fois, Viola Graziosi, Patrizio Pelizzi, Ascanio Balbo, Lucia Rossi, Michele Sueri, Guia Zapponi, Alessia Fabiani, Tiziana Buldini, Eleonora Bertoli, Roberto Carletta, Valeria Marini, Aline Pilato, Silvia Pippia, Beatrice Sabaini, Kevin Sacchi, Chiara Venanzoni, Giovanni Leuratti. |
Uscita | giovedì 18 settembre 2014 |
Distribuzione | 01 Distribution |
MYmonetro | 2,39 su 5 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 13 settembre 2024
Un pubblicitario tenta in tutti i modi di far pubblicare il romanzo autobiografico del padre, giornalista e sceneggiatore morto suicida. Il film ha ottenuto 1 candidatura ai Nastri d'Argento, In Italia al Box Office Un ragazzo d'oro ha incassato 632 mila euro .
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CONSIGLIATO NÌ
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Davide Bias scrive racconti brevi e conta i passi che lo separano dall'alienazione. Uno stato di disagio persistente che reprime con gli psicofarmaci e gestisce con una fidanzata confusa e un lavoro da creativo in un'agenzia pubblicitaria. Figlio di Achille Bias, uno sceneggiatore di B movie, Davide non riesce a doppiare suo padre, che muore all'improvviso in un incidente automobilistico. L'avvocato dell'assicurazione, chiamato a indagare sulla dinamica della sciagura, è convinto che si tratti di suicidio. La dichiarazione getta nello sconforto Davide che adesso vuole capire chi sia l'uomo che ha passato la vita ad odiare. La ricerca senza freni e farmaci lo porterà alla verità e al tracollo emotivo.
Non è facile riconoscere i doni lasciati in eredità dai padri, trasformare in patrimonio la loro acqua di colonia, come il protagonista di Avati, o il pennello da barba, come nel romanzo più dolente di Philip Roth. Con uno sguardo ancora una volta rivolto agli affetti del tempo che fu, Pupi Avati realizza l'ennesimo e nostalgico scavo nel passato. Quello di un ragazzo d'oro che attraverso la contemplazione di suo padre approda alla scoperta di se stesso. Se il soggetto, quello del giusto erede che riesce ad apprezzare e a impossessarsi in modo autentico dell'eredità paterna, possiede un indubbio potenziale, la sua realizzazione è didascalica, farcita di simboli facili e di product placement, traboccante di massime e sentenze pronunciate in modo innaturale dagli attori. Non c'è intimismo nel modo di raccontare di Avati, il suo spazio narrativo è interamente esteriore eppure incapace di applicarsi ai corpi degli interpreti, ridotti come Sharon Stone a essere 'marchio' all'interno delle scene, una griffe annoverata tra un succo di frutta e una 500L.
Un ragazzo d'oro è un film che nega qualsiasi prospettiva interna, lasciando che i suoi personaggi navighino a vista sulla superficie e all'oscuro delle loro motivazione più recondite. Col rispetto che si deve all'autore emiliano e alla sua filmografia di buon rilievo spettacolare ed espressivo, di bonaria ironia e di spunti autobiografici, il cinema di Avati accusa da qualche tempo uno smarrimento e una perdita di poeticità. Perdita che impedisce la discesa a un livello più profondo e sottrae rilievo alla forma e al contenuto. Le nevrosi e gli attriti incarnati da Riccardo Scamarcio sono inerti, inadeguati a rappresentare anche un pensiero, un modo di stare al mondo, un'espressione dell'uomo.
Non c'è altezza in Un ragazzo d'oro, non c'è la trasformazione teorica in discorso filmico, in linguaggio umano. I personaggi in scena sono legati da copione ma slegati nella logica. Combinati in fase di scrittura dallo stesso Avati, sullo schermo sono sprovvisti di trattazione, incapaci di dare forma definitiva e consequenzialità alle proprie esistenze. Alla maniera de La cena per farli conoscere, Un ragazzo d'oro intreccia la riflessione sull'eclissi della paternità nel mondo contemporaneo e la denuncia delle patologie prodotte dalla società dello spettacolo. Se ieri a incarnare la disfunzione era Sandro Lanza, attore mediocre e vecchia star dei film di Corbucci che sognava di lavorare con Germi, oggi è uno sceneggiatore frustrato, a cui riesce il suicidio fallito dal Lanza di Abatantuono.
Ma se lì la regia di Avati era classica ed efficace, qui colpisce per la sua inconcludenza. L'incedere da fiction e gli attori che sembrano leggere le battute invece di recitarle fanno il resto: un cinema che incolla frammenti di realtà sulle note sovrastimate di Raphael Gualazzi. Un cinema che come il suo protagonista implode, non ha voglia di rinascere e di lasciarsi alle spalle memorie dolorose.
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La morte del padre riapre ferite temporaneamente chiuse dagli psicofarmaci. La scoperta che si è trattato di un suicidio attiva nel figlio il desiderio di conoscerlo meglio, rivivendo letteralmente i suoi spazi, le sue manie, il suo lavoro, anche i suoi amori. Ma se le ferite si riaprono e i sentimenti sgorgano insieme alla vena creativa, il mal sottile si riafferma e si riprende tutto ciò che gli [...] Vai alla recensione »
Bellissimo film di Pupi Avati, lento e riflessivo,non certo il migliore ma comunque da apprezzare e da vedere. Tema profondo, che analizza il rapporto postumo tra un figlio e un padre, quasi inesistente in vita ma che riemerge dopo la morte di quest',ultimo e si rafforza fino all'annullamento del figlio che arriva alla pazzia pur di rivalutare la figura del padre.
Insieme "siamo invincibili",.."possiamo farcela",tale convincimento e il primo amore adolescenziale di Davide verso il padre nascono quando quest'ultimo gli fa saltare un ostacolo ritenuto insormontabile ma muoiono però quando lo stesso tradisce la famiglia e lui, rifugiandosi in un isolamento totale impegnato a cercare di creare un opera d'arte che lo realizzasse e gli procurasse riconoscimento [...] Vai alla recensione »
“Per noi è no ma lei ha comunque talento. Ma mi tolga una curiosità, lei non è parente di quel Bias che faceva quei filmacci vero? […] ne ero certo leggendo le cose che scrive”. Davide Bias, aspirante scrittore dalle aspettative costantemente frustrate, vive a Milano, tra le pillole contro la depressione e una fidanzata confusa ed inaffidabile; Davide lavora come creativo presso una agenzia pubblicitaria [...] Vai alla recensione »
Film d'autore sul rapporto fra genitori e figli ma anche sulla sensibilità troppo acuta di un ragazzo che viene purtroppo punita dalla società di oggi che non riesce e non vuole capire quello che c'è oltre la superficie.Il film scava nel profondo della psicologia del protagonista.Un ragazzo d'oro ,come dice il titolo del film, perchè troppo leale e troppo spontaneo. [...] Vai alla recensione »
Gli archetipi sono forze sottili che ‘colorano’ l’ambito in cui ci muoviamo. E i vari protagonisti del film, quasi Carte dei Tarocchi, ce li richiamano. Non solo loro, gli umani, ma anche le ambientazioni del film sono simboliche. Milano: città del concreto, del terreno, del quotidiano, della vita ‘reale’ infine.
Film con sceneggiatura complessa in quanto attraverso un processo temporale sviluppa un percorso interiore drammatico e fattivo vissuto nello stesso tempo dal protagonista, questo processo ha di interessante un andamento per iperboli sincroniche, simmetriche ed opposte: una ascendente quella del fare-produrre-costruire che permette al protagonista di raggiungere un successo apicale [...] Vai alla recensione »
Film in cui si narra di un giovane uomo (Riccardo Scamarcio) alquanto nevrotico, aspirante scrittore, il quale da anni ha un pessimo rapporto col proprio padre, un famoso sceneggiatore di soggetti cinematografici di basso livello artistico. In seguito al suicidio di quest'ultimo, egli è costretto a fare i conti col proprio passato e a ritornare da Milano, dove si è trasferito, a Roma [...] Vai alla recensione »
Sarà che il tema mi appartiene, sarà che il regista mi piace, sarà che Scamarcio l'ho trovato all'altezza, certo quando un film ti emoziona e ti commuove, a mio avviso risulta essere sempre un buon film. Forse un pò lento ma di una lentezza, visto l'argomento, indispensabile. Con la presenza di una grande attrice quale è Sharon Stone, [...] Vai alla recensione »
Nel cinema di Roma dove ho visto il film di Avati, ad un certo mometo si sente il rumore della stampante del computer, utilizzata sullo schermo da Scamarcio-Bias, provenire da dietro le spalle di noi spettatori (eravamo in 7 o 8). Siccome non si percepiva subito che era un effetto sonoro (per coinvolgerci di più? Dio mio!) ci siamo girati tutti per vedere cosa stesse succedendo.
Bisogna seguirlo sino in fondo. Sarà banale,ma é così. Un sabato sera,con spettatori da contare sulle dita delle mani (ultimamente mi succede molto spesso,brutto segno per la salute del Cinema),e due che escono anzitempo. Nonostante il cattivo esempio di questa coppia,appunto,il film merita attenzione. Cresce nel coinvolgere,abbandonando certi aspetti da fiction per toccare,quasi commuovere.
A me il film è piaciuto,l'ho trovato interessante,intimistico e profondo.Scamarcio bravissimo.Il film è un po' lento e crepuscolare,ma è inevitabile,considerando la trama un po' freudiana.è un film empatico,e mi ha dato emozioni.
Pupi Avati ci ha regalato grandi capolavori ma anche parecchi flop e questo film potrebbe vincere l'Oscar dei flop. Lento, noioso e a tratti grottesco non riesce mai a rapire lo spettatore come in altri lavori di Avati lasciandolo trascinarsi sino alla fine con distacco ed indifferenza e con un finale discutibilissimo quanto incomprensibile.
Quando mi accingo a vedere un film di Pupi Avati ho sempre grandi aspettative perché il maestro ci ha abituati a pellicole originali e mai scontate. E anche in questo caso non si smentisce. Un Ragazzo D'Oro é piú drammatico del solito, più introspettivo e relativamente meno poetico. Un lavoro amaro ma che esalta la genialità attraverso la follia e, pur non [...] Vai alla recensione »
Un ragazzo d'oro è un film che può essere apprezzato meglio se lo spettatore si è ritrovato in una situazione analoga ossia un rapporto difficile con il proprio padre. La morte di un padre è difficile da elaborare per chi ha avuto un padre assente, ma il suicidio di un padre assente è per il figlio qualcosa di inspiegabilmente crudele.
Bel film dove troneggia Scamarcio, la quota di buono che c'è in questa narrazione, la si deve soprattutto a lui, che prende una storia classica dandogli quel sapore speziato che la rende unica fra le tante. Tenete presente che non sono un fan dell'altezzoso Scamy, ma devo dire la verità, come attore a volte riesce veramente a fare la differenza, per la fortuna di chi lo ingaggia.
Il film si salva solo per l'interpretazione di Scamarcio, che si sta specializzando a entrare in ruoli difficili come quello dello schizofrenico. Per il resto, storia molto banale e svogliata recitazione di una Sharon Stone la cui presenza è chiaramente frutto del capriccio di un affermato regista a fine carriera. Un buon metro per valutare la validità di un film è contare [...] Vai alla recensione »
chi ama Avati lo affronta sempre volentieri. Però questo film risulta costruito troppo su un solo personaggio, con comparse immolate allo stesso (fidanzata, Sharon Stone, ecc) e riesce un pò pesante , ancor di più quando sfocia in una follia che non trova robusta giustificazione. Ma il tema affrontato prometteva ed è interessantissimo.
come si faccia a parlar male di questo film e della musica di Gualazzi ma nello stesso tempo salvare una boiata come "La cena per farli conoscere" è un mistero la cui soluzione sta solo nel cervello del critico di mymovies e di chi condivide i suoi gusti. In realtà uno dei migliori film di Avati, malinconico, commovente, poetico: la storia del dono totale - fino alla rinunc [...] Vai alla recensione »
Remo conduce una vita tranquilla, ha un lavoro, una ragazza e la passione per la scrittura, una passione nata per via della professione del padre, un noto sceneggiatore per pellicole cosìddette B-Movie. Fra i due non c'è mai stato un buon rapporto, ma l'improvvisa morte del padre porta per forza di cose Remo a ritornare nella sua casa d'origine, lì finalmente potrà [...] Vai alla recensione »
Bella idea ma il film non è riuscito . Forse Pupi Avati ha voluto fare qualcosa di diverso ma purtroppo certe introspezioni non sono nelle sue corde . Scamarcio è bravino o almeno ci prova mentre gli altri attori ,compresa Sharon Stone, sembrano li per caso e recitano (?) senza personalità e questo è anche responsabilità del regista che non è riuscito [...] Vai alla recensione »
Vi chiedo di fornirmi se possibile la marca degli occhiali polarizzati di sharon stone nel film Un ragazzo D'oro
La pazzia,il disagio esistenziale,il conflitto col padre, tutte cose che non vanno solo enunciate, ma ricavate dal profondo,raccontate con commozione e poesia ,che invece sono le due grandi assenti dal film di Pupi Avati. Se non ci fossero le grandi interpretazioni di Scamarcio e di Giovanna Ralli, nessuno riuscirebbe a seguire la trama dopo i primi dieci minuti.
Mi dispiace ma non mi è piaciuto per nulla, non mi sono piaciuti gli attori, nè la trama abbastanza banale e si capisce troppo velocemnte come finirà, inoltre eccessivamente lento!
Non sembra un film di Pupi Avati, si e' un po' troppo scamarcizzato o sharonizzato, mah, da non vedere
Nell'insieme il film mi è piaciuto l'argomento è interessante anche se non nuovissimo soprattutto per Pupi Avati, gli attori sono bravi, recitano bene, il chè non è sempre scontato, e anche l'ambientazione mi pare azzeccata. Ma..sono d'accordo con alcune delle critiche che sono state rivolte al film. L'argomento è affrontato in maniera superficiale [...] Vai alla recensione »
Il film ha tutte le premesse per esser un buon film: un regista al suo 39° film, nomi importanti-hollywoodiani, tema rapporto padre-figlio sempre attuale. Peccato dopo i primi 25 minuti si perda a livello di trama. Peggiora la situazione una pessima recitazione, soprattutto di Capotondi e Sharon Stone, doppiata in modo imbarazzante (Jane Alexander).
Ho visto per ben sette volte il film Di Avati. la prima volta Giovedì sera alle 18,10, primo spettacolo. In sala vi erano quattro persone. La seconda volta al Sabato sera alle 21 e vi erano otto persone in sala. La terza volta il Luned' sera alle 22.30 e non mi hanno fatto entrare. Non capisco il perché. Eppure il film mi è piaciuto.
io gli dò voto 5 . la mia ragazza gli dà voto 6. il film ha il taglio di una serie televisiva di prima serata e infatti è prodotto dalla Rai . evitate di andare al cinema e vedetevelo in prima serata fra 6 mesi. la tanto strombazzata polemica con Sharon Stone è veramente costruita ad arte per far parlare di sè.
guardatevelo in tv fra sei mesi ma spendere 8 euro non ve lo consiglio
Un Ragazzo d’oro, ultimo lungometraggio di Pupi Avati, si propone di indagare il difficile rapporto tra Padre e Figlio, un tema di straordinario interesse e sempre di grande attualità. La morte improvvisa di Achille Bias, regista di film minori, è lo spunto per il figlio Davide a riprendere in mano il rapporto non risolto con il genitore.
sono uscito disgustato dal cinema e per sfogarmi mi sono iscritto qui per salvare la gente che si appassiona di cinema da questo film. le uniche cose da salvare di questa pellicola sono la trama e quasi tutta la parte e il ruolo di scamarcio, per il resto roba da 3 in pagella, recitazione mediocre, doppiaggio della Sig.ra Stone da far accapponare la pelle.
Veramente solo noi italiani riusciamo a mettere insieme un regista d'oro, delle interpreti d'oro, un ragazzo d'oro e fare un film di ben altra materia. Perché? Il dibattito è aperto.
E dire che il trailer promette molto. Forse, anche troppo. Dietro quei due minuti in cui sembra prendere vita una storia di sotterfugi, bugie e suspense, c'è in realtà un film che fatica ad arrivare alla sufficienza. Il problema dell'opera non è solo la lentezza con cui Avati racconta l'avventura di Davide Bias: ci sono tanti film che, pur sviluppando l'intreccio [...] Vai alla recensione »
un film tetro , con una storia che è un collage di 1000 film " ma nessuno c'azzecca" che lo fa risultare inverosimile, recitazione pessima , dizione incomprensibile . Andare al cinema e pentirsi di non essere usciti a meta.Davvero devono assolutamente inserire il d biglietto soddisfatti o rimborsati . Ma qui è peggio non basta il costo del biglietto .
Padri e figli, conflitti e rivalse, rancori e rimpianti. Avati si è confrontato altre volte con la figura paterna, ma Un ragazzo d'oro spinge il tema all'estremo limite. Pubblicitario in crisi, scrittore mancato, tradito dalla fidanzata (Capotondi), Davide (Scamarcio) è convinto che tutti i suoi mali derivino dal padre, troppo impegnato a scrivere filmacci per occuparsi del figlio.
Alla morte del padre sceneggiatore, Davide (Scamarcio) incontra Ludovica (Stone al minimo sindacale). Lei, editrice, vuole pubblicare un'autobiografia che l'uomo scomparso avrebbe scritto. Non è così, ma il giovane lo farà al posto di papà, pagando a caro prezzo il suo gesto. Ci risiamo con il tema padre/figlio tanto caro a Avati, questa volta penalizzato da un ritmo lento e da alcune scene (la scoperta [...] Vai alla recensione »
Ogni anno, puntualmente, chi ama il cinema sa di poter incontrare un film scritto e diretto da Pupi Avati e prodotto da suo fratello Antonio, all'insegna di un'arte di raccontare le persone approfondendone le psicologie quasi solo sfiorandole e rappresentandole poi con dei modi lievi, pur sempre derivati dalla lezione realista, sia quando si occupano di drammi sia se hanno in primo piano i sentimenti. Come [...] Vai alla recensione »
Con la sua penna di romanziere intimista prestato al cinema, Pupi Avati continua a imbastire storie sul filo di un'autobiografia più adombrata che reale. Come in Un ragazzo d'oro, centrato su un rapporto padre-figlio che per il regista, essendo suo padre scomparso quando era adolescente, è rimasto un «incompiuto». Non si fatica a immaginare che l'autore in parte si rispecchi nelle angosce del protagonist [...] Vai alla recensione »