Armenia, 2012. In una chiesa ortodossa si celebra un rito religioso, su un canto ipnotico. Lo stesso che accompagnerà alcuni lunghi inserti che riguardano la vita e le riflessioni a voce alta dell'incontenibile narratore Hayk Khachatryan, lungo un arco di oltre vent'anni. Esule armeno a Mosca, regista teatrale, già intrepido abitatore della tundra, circondato da animali e cani fedeli, lo vediamo ripreso da una distanza in un interno, mentre dialoga con due amici - i musicisti ai tempi in auge Rubo e Plush - sulla complessità del tradimento della patria, quando si deve scegliere tra questa e la libertà. Ma poi la regia lo segue in diversi momenti negli anni successivi, in una riflessione continua sul senso del ritorno.