Commedia,
durata 96 min.
- Italia 2011.
- 01 Distribution
uscita venerdì 21gennaio 2011.
MYMONETROQualunquemente
valutazione media:
2,93
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Per quanto arguto e graffiante il film è eccessivamente grottesco, calandosi in una realtà troppo sureale,enfatizza in modo eccessivo alcuni tratti del protagonista,politicante da strapazzo,avido, disonesto ,megalomane,maneggione e senza morale,tuttavia il personaggio è così smaccatamente esagerato da diventare caricatura e perdere così credibilità.Albanese è bravo e in questi ruoli molto efficace,alcune espressioni particolarmente esilaranti sono entrate nel gergo schersoso soprattutto dei giovani, però il film nel complesso lascia perplessi.
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Simpaticamente rappresentativo del male più profondo del nostro Paese : La Politica.
Laqualunque è un personaggio orrendo,blasfemo,mafioso e ignorante ma sopratutto è uno che passa sopra i diritti delle persone e non ha coscienza etica proprio come tanti ambigui individui che governano.
E purtroppo,aggiungo,li votiamo noi.
Purtroppo,anche i migliori,una volta arrivati a sedersi su determinate poltrone,deludono.
Quindi è il sistema politico che non funziona ed Albanese lo prende volentieri in giro.
A parte il "correttamente politico o non" ci sono nel film sufficienti momenti di svago per due ore che passano tutto sommato veloci.
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Simpaticamente rappresentativo del male più profondo del nostro Paese : La Politica.
Laqualunque è un personaggio orrendo,blasfemo,mafioso e ignorante ma sopratutto è uno che passa sopra i diritti delle persone e non ha coscienza etica proprio come tanti ambigui individui che governano.
E purtroppo,aggiungo,li votiamo noi.
Purtroppo,anche i migliori,una volta arrivati a sedersi su determinate poltrone,deludono.
Quindi è il sistema politico che non funziona ed Albanese lo prende volentieri in giro.
A parte il "correttamente politico o non" ci sono nel film sufficienti momenti di svago per due ore che passano tutto sommato veloci.
Una cafonaggine che a volte fa sorridere e a volte infastidisce,ma quando Cetto si muove ed "insegna" sicuramente fa la sua figura.
Cinico ma con toni leggeri. [-]
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Non un'idea decente, battute da cabaret, asfissia, regia modestissima e su tutto, un Rubini improponibile, svogliat, completamente fuori parte. Operazione completamente fallita, Albanese fastidioso.
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QUALUNQUEMENTE (IT, 2010) diretto da GIULIO MANFREDONIA. Interpretato da ANTONIO ALBANESE, SERGIO RUBINI, LORENZA INDOVINA, NICOLA RIGNANESE, DAVIDE GIORDANO, MARIO CORDOVA, LUIGI MARIA BURRUANO, SALVATORE CANTALUPO
Uno spettro si aggira per la Calabria: è lo spettro della giustizia. La località marittima a nome Marina di Sopra è in attesa delle elezioni comunali, ma il candidato sindaco Giovanni De Santis promette, con estremo malumore della fazione criminale del paese, un rinnovamento a base strettamente e unicamente legale. Fortuna vuole (per i simpatici malfattori, chiaramente) che rientra nella terra natale, dopo quattro anni di latitanza, il politico Cetto La Qualunque, da sempre idolo delle folle e di quello schieramento che aborrisce la legge e, come il suo insostituibile fomentatore, fa ogni cosa per arginarla e far trionfare il crimine.
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QUALUNQUEMENTE (IT, 2010) diretto da GIULIO MANFREDONIA. Interpretato da ANTONIO ALBANESE, SERGIO RUBINI, LORENZA INDOVINA, NICOLA RIGNANESE, DAVIDE GIORDANO, MARIO CORDOVA, LUIGI MARIA BURRUANO, SALVATORE CANTALUPO
Uno spettro si aggira per la Calabria: è lo spettro della giustizia. La località marittima a nome Marina di Sopra è in attesa delle elezioni comunali, ma il candidato sindaco Giovanni De Santis promette, con estremo malumore della fazione criminale del paese, un rinnovamento a base strettamente e unicamente legale. Fortuna vuole (per i simpatici malfattori, chiaramente) che rientra nella terra natale, dopo quattro anni di latitanza, il politico Cetto La Qualunque, da sempre idolo delle folle e di quello schieramento che aborrisce la legge e, come il suo insostituibile fomentatore, fa ogni cosa per arginarla e far trionfare il crimine. Viene dunque proposto a Cetto di candidarsi come sindaco, e lui, dopo alcune riflessioni, accetta: ovvio che i punti fondamentali del suo programma saranno il cemento armato e il sesso (rappresentato dal "pilu", che dà anche il nome al partito da lui guidato). Per battere il malaugurato De Santis è pero necessario l’aiuto di un esperto in scienze politiche, e questo appoggio viene trovato nella figura eccentrica ma pur sempre austera di Gerry Salerno, politologo amante della meditazione orientale che dà a Cetto i consigli necessari per guadagnare il più ampio consenso elettorale e conquistare un maggior numero di voti nei sondaggi. Quando arriva il fatidico election day, la dea bendata regala i suoi favori al Partito du Pilu: a forza di loschi maneggi, intimidazioni al concorrente avversario e giochi che più sporchi non si potrebbe, Cetto diventa finalmente il primo cittadino di Marina di Sopra. È una vittoria senza precedenti: il politico calabrese infidamente corrotto festeggia con i suoi sostenitori e promette la costruzione di un ponte, naturalmente tutto di cemento armato. Qualche critico sostiene che il cinema, per Albanese, rappresenti soltanto una scusa per veicolare e modellare i personaggi che lo hanno reso celebre sui palcoscenici teatrali, e non costituiscano pertanto un’autentica messa alla prova che, cinematograficamente parlando, dovrebbe arricchire un consueto bagaglio recitativo. Ma son giudizi che cadono in errore: l’attore di Olginate (che comunque è perfettamente a suo agio nelle parlate tipiche dell’Italia meridionale, malgrado le origini lombarde) migliora in questo caso uno dei suoi caratteri più azzeccati interpretandolo nel contesto di una storia che sa divertire magari insozzandosi di antipatie per un bizzarro e antieroico protagonista, ma evitando il gusto della scurrilità più oscena e abbracciando piuttosto un discorso che vede al proprio fulcro una comicità gestuale e verbale che stupisce per la varietà e l’ampiezza inesauribili di un repertorio mai troppo sfruttato. Ad affiancare Albanese emergono: un S. Rubini che si fa passare per milanese pur non riuscendo sempre a nascondere l’inflessione barese, che pretende una puntualità spaccata al secondo e che snocciola suggerimenti politici pretendendo un’esecuzione millimetrica; una L. Indovina isterica, passionalmente gelosa e iperattiva nella parte di Carmen, la moglie tradita di Cetto; un L. M. Burruano che interpreta con la sua abituale mistura di humour nero e caricatura imbestialita uno fra i più influenti ammiratori di La Qualunque; e anche un S. Cantalupo (comparso due anni prima in Gomorra di Matteo Garrone) funzionale nel ruolo del timoroso e impacciato esponente dell’ala integerrima del paese, costantemente preda del rigore moralistico e mira dei motteggi più feroci. È comunque un comico in chiave satirica e, volendo, pure un po’ licenziosa che merita almeno un applauso per la sacrosanta lucidità, a tratti anche dissacrante, con cui mette a nudo un sistema tutt’altro che semplicemente regionale, il quale ha molti conti in sospeso e parecchi debiti col senso più genuino e autoreferenziale di una giustizia estesa su scala nazionale. Prodotto da Domenico Procacci. Distribuiscono Medusa e 01. Stroncato da una larga fetta della critica nostrana, ma premiato da un successo al box office ben più che discreto.
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Cetto Laqualunque è un personaggio creato da Antonio Albanese per piccole scenette, attorno al quale si è deciso di costruire una storia più strutturata.
Fin da quando l'istrione compare in scena, si nota subito come il regista cerchi, attraverso le immagini, di risaltare il suo culto della personalità, lo scarso rispetto per la legalità (vissuta come un'offesa) e la cafoneria con cui il soggetto tratta tutti.
Si tratta di una caratterizzazione dai toni marcati che vuole andare a raffigurare, con semplici tratti, quelli che sono i maggiori difetti percepibili di alcuni elementi della classe emergente italiana, pieni di parole ed estetica, ma privi di morale e reale utilità per la comunità che rappresentano.
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Cetto Laqualunque è un personaggio creato da Antonio Albanese per piccole scenette, attorno al quale si è deciso di costruire una storia più strutturata.
Fin da quando l'istrione compare in scena, si nota subito come il regista cerchi, attraverso le immagini, di risaltare il suo culto della personalità, lo scarso rispetto per la legalità (vissuta come un'offesa) e la cafoneria con cui il soggetto tratta tutti.
Si tratta di una caratterizzazione dai toni marcati che vuole andare a raffigurare, con semplici tratti, quelli che sono i maggiori difetti percepibili di alcuni elementi della classe emergente italiana, pieni di parole ed estetica, ma privi di morale e reale utilità per la comunità che rappresentano.
Un film di denuncia, quindi, che vuole utilizzare la satira per spiattellare in faccia al pubblico una realtà che conosce bene, ma dalla quale forse non si vuole davvero staccare.
Ma soprattutto questo è un film che non funziona.
Manfredonia rispolvera uno dei personaggi più di successo della carriera di Albanese, con tanto di nemesi e corollario di soggetti poco raccomandabili. Però, nella costruzione della trama, non si capisce bene dove gli autori vogliano andare a parare.
I caratteri in gioco sono talmente caricaturali da essere degni di una commedia demenziale. Il ritmo, però, non ha lo spirito travolgente di questo genere e si arrotola attorno a una storia esile con pochissimi spunti. Non c'è una seria intromissione degli antagonisti, messi all'angolo da una sceneggiatura che per loro propone pochissimo spazio.
Il risultato è un film che non fa ridere e questa è la cosa peggiore in assoluto. Qualche scena è divertente, ma si perde in un marasma di minuti in cui la vicenda sembra cercare di raggiungere la distanza senza troppe idee.
Recitazione non sempre adeguata e sfondo poco caratterizzato fanno il resto, macchiando una pellicola con potenzialità poco sfruttate.
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Il film è scalcagnato, incerto fra il surrealismo del protagonista ed il campo d’azione che deve invece apparire “ordinario” e vicino alla realtà. E, come quasi tutti i film costruiti attorno a delle macchiette, mostra il fiato corto e cade nella ripetitività che a lungo andare esaspera. Certamente contiene delle genialate fulminanti, ma il brodo è lungo e poco amalgamato. Ricorda - in questo - alcuni film di Totò e alcuni di Sordi. Alcune sequenze potranno costituirsi come documenti significativi per fotografare l’Italia del Duemila.
E poi, e poi, … non è un film comico. Chi si tiene minimamente informato sulle vicende politiche del nostro paese, non ci trova molto da ridere.
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Il film è scalcagnato, incerto fra il surrealismo del protagonista ed il campo d’azione che deve invece apparire “ordinario” e vicino alla realtà. E, come quasi tutti i film costruiti attorno a delle macchiette, mostra il fiato corto e cade nella ripetitività che a lungo andare esaspera. Certamente contiene delle genialate fulminanti, ma il brodo è lungo e poco amalgamato. Ricorda - in questo - alcuni film di Totò e alcuni di Sordi. Alcune sequenze potranno costituirsi come documenti significativi per fotografare l’Italia del Duemila.
E poi, e poi, … non è un film comico. Chi si tiene minimamente informato sulle vicende politiche del nostro paese, non ci trova molto da ridere. Albanese carica i suoi personaggi fino all’esasperazione, ma viene immancabilmente dribblato dalla cronaca. È difficile parodiare una parodia. La tragicommedia sta nella realtà, non nella pallida finzione che le rappresenta. Il sorriso che affiora in presenza di un qualunquismo così dichiaratamente smaccato e strafottente si raggela sul viso e diventa una maschera attonita. Solo Pirandello forse ha saputo infilzare in questo modo il coltello della satira amara nelle carni di una società che non finisce mai di stupire per la sua inaudita capacità di sopportare tanta violenza.
La bestia immonda non è Cetto Laqualunque, ma chi lo supporta e lo sopporta. Ad essere surreali non sono i suoi programmi elettorali ma il pubblico autolesionista che li applaude con tragico entusiasmo. Il cinismo inquietante del personaggio - consapevole e impudente - è direttamente proporzionale alla beota e tragica allegria dei suoi sostenitori - irresponsabili e ossequienti - e alla tragica impotenza di tutti gli altri che, a lungo andare, si dovranno rassegnare al quia, annichiliti dall’assuefazione, incapaci di indignarsi.
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Cetto La Qualunque, una delle maschere più apprezzate di Antonio Albanese, fa il salto mediatico dal piccolo al grande schermo egregiamente.
Il film ha una struttura solida come lo è la sceneggiatura, “Qualunquemente” è un racconto che non fa una piega, ha una narrazione fluida e cadenzata, senza perdersi mai in solitari sketch.
Il personaggio di Cetto nasce in Rai nel 2003, all’interno del programma “Non c’è problema”, consolidandosi con la Gialappa’s band in “Mai dire Domenica”. Nelle ultime stagioni è presente nel programma “Che tempo che fa” di Fabio Fazio.
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Cetto La Qualunque, una delle maschere più apprezzate di Antonio Albanese, fa il salto mediatico dal piccolo al grande schermo egregiamente.
Il film ha una struttura solida come lo è la sceneggiatura, “Qualunquemente” è un racconto che non fa una piega, ha una narrazione fluida e cadenzata, senza perdersi mai in solitari sketch.
Il personaggio di Cetto nasce in Rai nel 2003, all’interno del programma “Non c’è problema”, consolidandosi con la Gialappa’s band in “Mai dire Domenica”. Nelle ultime stagioni è presente nel programma “Che tempo che fa” di Fabio Fazio.
Cetto La Qualunque è un imprenditore corrotto, che ama sguazzare nell’illegalità. Torna alla sua Terra, dopo anni di assenza, portandosi dietro una bella ragazza di colore e sua figlia: la sua nuova famiglia. Arriva a casa dalla sua Carmela, che inizia una lite furibonda nei confronti della nuova arrivata. Nel frattempo i vecchi amici lo mettono al corrente dell’aria di legalità che si comincia a respirare, Giovanni De Santis si candida come sindaco alle prossime elezioni per conferire più diritti ai cittadini. Ci vorrebbe qualcuno che lo contrapponga e chi meglio di lui. Cetto decide di candidarsi…. L’idea di portare Cetto La Qualunque al cinema piaceva molto sia ad Albanese che a Manfredonia già da tempo. Il progetto poteva essere molto rischioso, a detta del regista, portare un personaggio nato e cresciuto in TV, con dei tempi ristretti e immediati, era un azzardo. È stata una sfida che alla fine tutti hanno voluto cogliere, impegnandosi in un lavoro maggiore e attento. Giulio Manfredonia, in collaborazione con Antonio Albanese, che ha scritto la sceneggiatura insieme a Piero Guerriera, ha usato un linguaggio fumettistico per raccontare un aspetto della società italiana di oggi.
L’intento è stato quello di ridicolizzare “i cattivi”. Hanno delineato delle figure che fondamentalmente sono dei perdenti, dei cattivi esempi e che mancano anche di buon gusto. Manfredonia e Albanese hanno raccontato con il linguaggio della comicità una delle tante facce del nostro Paese, facendo in modo che non fosse l’unico argomento del film.
“Qualunquemente” è un film comico prima di tutto, che fa ridere di se stessi, lo spettatore ride di personaggi che possiedono un misto di surreale e reale.
La sua casa è degna di un ambiente troppo bizzarro e fantasioso per essere reale: c’è il trionfo della cafoneria e del cattivo gusto, ogni stanza ha una quantità smisurata di oggetti bislacchi. I personaggi, poi, vestono con colori spesso sgargianti e che non passano inosservati, proprio come accade in un fumetto: il rosso, il verde e soprattutto il viola, presente sempre negli abiti di Cetto.
Sicuramente originale e che attira l’attenzione è il finto gessato bianco di Cetto, il quale al posto delle normali righe ha una scritta continua - “Vota Cetto” - in viola.
Si possono riscontrare riferimenti a film diversi, che sono stati rielaborati in modo originale, rendendoli difficilmente identificabili, una somiglianza può richiamare alla mente quel certo film, senza però che ci sia una vera citazione.
“È un film che parla in generale del nostro Paese. Ci sono elementi di tutti i partiti italiani, dai colori alla composizione, senza fare nessun riferimento preciso” ha affermato il regista “ma studiato per essere equidistante”.
Cetto La Qualunque rappresenta la corruttibilità, l’ignoranza e la grettitudine che c’è da sempre nell’uomo, qualsiasi lavoro faccia. Le figure politiche, in effetti, si notano di più per il loro essere costantemente sotto i riflettori, di cui sembrano non poter fare a meno.
Oggi ovunque c’è il trionfo de “i panni sporchi li faccio vedere in TV”. Antonio Albanese è bravissimo, è riuscito a rendere Cetto un miscuglio ben amalgamato tra un personaggio che sembra essere uscito dalle pagine di un fumetto e aspetti di un disonesto cittadino reale.
“Qualunquemente” è un film indubbiamente comico, con un velo di tristezza per la fotografia di una situazione sociale che potrebbe diventare la norma e non rimanere l’eccezione.
Dà allo spettatore qualcosa su cui riflettere, subito dopo aver riso.
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Ho visto il film parecchie volte e sempre con grande piacere. E' stato piacevole ritrovare Cetto dopo i vari show in TV al cinema. Apprezzo parecchio Qualunquemente in quanto lo trovo sia divertente a livello di comicità, personaggi e luoghi sia interessante a livello di pellicola. Spesso i film comici e divertenti sono caratterizzati da una trama scontata e poco accattivante, Qualunquemente invece ha "stranamente" per il suo genere una bella trama con capo e coda. Le avventure del sindaco La Qualunque seguono un certo filone dal ritorno al paese d'origine fino al raggiungimento del suo obiettivo. Il personaggio per certi aspetti è vicino alla realtà politica locale del nostro paese. Durante tutto il film lotterà assiduamente per diventare sindaco sequendo e restando coerente con la sua mentalità.
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Ho visto il film parecchie volte e sempre con grande piacere. E' stato piacevole ritrovare Cetto dopo i vari show in TV al cinema. Apprezzo parecchio Qualunquemente in quanto lo trovo sia divertente a livello di comicità, personaggi e luoghi sia interessante a livello di pellicola. Spesso i film comici e divertenti sono caratterizzati da una trama scontata e poco accattivante, Qualunquemente invece ha "stranamente" per il suo genere una bella trama con capo e coda. Le avventure del sindaco La Qualunque seguono un certo filone dal ritorno al paese d'origine fino al raggiungimento del suo obiettivo. Il personaggio per certi aspetti è vicino alla realtà politica locale del nostro paese. Durante tutto il film lotterà assiduamente per diventare sindaco sequendo e restando coerente con la sua mentalità. Alla fine del film risulterà lui il vincitore, anche se ha perso la sua "cosa" avrà comunque un figlio come lo ha sempre sognato e sarà sindaco. L'aiuto di Gerry sarà fondamentale ma il successo lo riuscirà ad ottenere grazie alla sua idea finale di "dipingere" le schede. Ritratto non troppo metaforico della situazione della politica locale nel nostro paese, che contiene in se una denuncia importante al livello sociale, politico e culturale. I luoghi, la musica e i dialoghi si collegano perfettamente all'intento del film risultando sempre pertinenti. Un film da vedere per ridere e capire, se nella vita fossimo coerenti e testardi come il protagonista riusciremmo a realizzare i nostri sogni, anche se a differenza di quanto traspare dal film, il fine non giustifica i mezzi.
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