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Riso amaro

Antonio Albanese torna al cinema con il film Qualunquemente.
di Marianna Cappi

Il cast al photocall del film Qualunquemente.
Antonio Albanese (59 anni) 10 ottobre 1964, Lecco (Italia) - Bilancia. Interpreta Cetto La Qualunque nel film di Giulio Manfredonia Qualunquemente.

martedì 18 gennaio 2011 - Incontri

Cetto La Qualunque, l'imprenditore corrotto e incorreggibile ideato e impersonato da Antonio Albanese, torna in Calabria dopo una lunga latitanza all'estero. Questa volta, però, non si presenta affacciandosi dal televisore bensì da centinaia di sale cinematografiche sparse per lo stivale. Quale missione lo spinge a cercare tanta visibilità è presto detto: la sua candidatura a sindaco di Marina di Sopra, scritta con Piero Guerrera, inscenata da Giulio Manfredonia e sostenuta dalla Fandango in collaborazione con Rai Cinema. Lo slogan? Qualunquemente.

Come nasce il film?
Manfredonia: Conosco Antonio, personalmente e professionalmente, da tanti anni. Quando mi ha proposto di aiutarlo a portare al cinema Cetto La Qualunque ho pensato che avrebbe funzionato e ci saremmo divertiti. Il personaggio è molto noto, netto, una maschera come quelle della miglior tradizione italiana, ma un film su di lui si prestava anche a contenere molto cinema, vale a dire molti generi. E così è partita quest'avventura.
Albanese: Io sono un figlio dell'immigrazione, sono stato "tatuato" da mio padre, dai suoi ricordi, dal suo bisogno di lavorare. Anche Piero, lo sceneggiatore, viene dal meridione e insieme sentivamo da tempo il bisogno di raccontare il nostro paese. Per prima cosa è nato il personaggio di Cetto La Qualunque, già nel 2003, poi sono nati il contorno, gli altri personaggi, le vicende. Infine è arrivata la grande occasione con Fandango.
Guerrera: Negli ultimi anni ci siamo chiesti spesso se portare Cetto La Qualunque al cinema, perché abbiamo un rapporto ambiguo verso il personaggio: gli dobbiamo molto ma a volte ci auguriamo anche che muoia, che finisca. Invece continuava ad essere attuale, per cui eccoci qui.

Non è facile definirlo un film comico, è piuttosto un film che agghiaccia e suscita un riso molto amaro.
Albanese: La comicità è anche una questione di gusti, io per esempio lo trovo comicissimo, la cosa più comica che ho mai fatto. Nella comicità ci dev'essere il salto mortale, la libertà, l'assenza di condizionamenti e fare comicità in questo paese è molto difficile. Ma capisco anche un'accoglienza di altro segno, perché il film è tutte e due le cose: è sia comico che amaro.

Oggi è più difficile lavorare in libertà? Ci sono più costrizioni?
Albanese: Bisogna ingegnarsi, lavorare. Un modo si trova sempre, c'è sempre.

Stando ai giornali degli ultimi tempi, pare che la realtà superi di gran lunga la fantasia, al punto che Cetto rischia di apparire un moderato...
Albanese: È vero. Non ci posso fare niente. Posso solo raccontarvi che due anni fa io e Piero ci dicevamo "Ah, se il film uscisse adesso..." e così abbiamo pensato un anno fa e sei mesi fa. Forse anche mio padre 25 anni fa avrebbe detto lo stesso. È il nostro paese. La verità è che in questo film non scopriamo niente, la risata viene dal fatto che tutto ci era già noto. Noi comici rappresentiamo il nostro tempo, lo studiamo, non lo giudichiamo.

In quali precedenti cinematografici avete cercato ispirazione?
Manfredonia: Quando si progetta un film spesso si ricorre a dei paragoni per raccontare che genere di film si ha in testa e cercare di farsi capire. Io ho pensato a Fantozzi, a qualcosa di Sergio Leone, addirittura qualcuno mi ha citato Indagine su un cittadino.., dopo aver visto il film, ma in realtà nessun confronto si adatta davvero. C'è un sapore di malavita, di Sud America, di western, ma ci sono più nelle singole scene che non nel film nella sua interezza.

Il film termina su una fotografia del Quirinale. È immaginabile un proseguimento della carriera politica di Cetto La Qualunque?
Albanese: Il Quirinale era un divertimento. L'emblema del fatto che ogni piccolo politico punta al potere e il potere mira poi sempre più in alto.

Il Sud ultimamente va molto bene al cinema. Quello fotografato in questo film è il vero Sud? È reale?
Rubini: Il Sud è questo ma non solo questo. In un film comico è importante semplificare, per far ridere. Il Sud è più complesso, per certi versi persino più povero e più violento, ma anche più ricco.

Cetto La Qualunque è di destra o di sinistra?
Albanese: Cetto La Qualunque è orizzontale.

Si espongono i problemi, si fanno film, ma il Paese sembra non voler rialzare la testa.
Albanese: È vero. Ma abbiamo fatto il film perché siamo ottimisti, volevamo rendere ridicoli questi personaggi. Volevamo far capire alle nuove generazioni quanto sono ridicoli, perdenti, dei cattivi esempi. In ogni cosa che faccio penso sempre ai nostri figli, alla generazione futura, perché spero in loro.
Lorenza Indovina: Ricordo, però, che nel film si parla di un Sud che reagisce e vota De Santis, anche se poi Cetto imbroglia.
Burruano: Il film, a mio parere, è un ritratto dell'immoralità in cui viviamo e alla quale purtroppo ci siamo assuefatti.

Produttivamente, come è stata vissuta la prossimità del contenuto del film con la realtà politica del Paese?
Procacci: è la prima volta che la Fandango fa un film comico, ma non era questo il punto, come non era l'attinenza con la realtà. Abbiamo lavorato per fare un film che fosse più "film" possibile, agendo sul cast, sulla troupe, come per qualsiasi altro progetto. Il personaggio aveva una sua attualità già da otto anni, per cui nessuno poteva indovinare gli accadimenti degli ultimi giorni, anche se per lo più erano già prevedibili da mesi. La presenza di Giulio Manfredonia, poi, era di per sé una garanzia e il personaggio di Cetto La Qualunque aveva le caratteristiche per poter raccontare una storia. Queste sono le cose che mi hanno convinto a portare avanti un progetto che era comunque rischiosissimo, perché c'è bisogno di un gran lavoro per costruire un film attorno ad un personaggio televisivo o teatrale. Infine, mi ha stupito piacevolmente il fatto che da parte di Rai Cinema non sia mai stata sollevata nessuna preoccupazione rispetto al contenuto politico del film, il che mi pare un segnale positivo.

Le location sembrano frutto di una sfrenata fantasia, invece risultano essere reali...
Manfredonia: La villa di Cetto è un Bed&Breakfast sul Raccordo, dopo Boccea; la moglie del proprietario è Svetlana, la fidanzata di Pino nel film; il paese, Marina di Sopra, non è ubicato sul pianeta Terra ma è molto realistico, è un'unica e continua colata di cemento lungo il mare di Calabria, come purtroppo ce ne sono sempre più. Noi l'abbiamo girato vicino a Tivoli, in una proprietà che il comune di quel luogo non sapeva nemmeno di avere. Realtà e surrealtà si sono mischiate, fuori e dentro il film.

L'uscita in sala il 21 gennaio espone il film al confronto obbligato col campione d'incassi Checco Zalone. Si sente in contrapposizione?
Albanese: Non ho visto il film e non conosco bene Checco Zalone. Sono certo che la Fandango e Rai Cinema hanno fatto bene i loro calcoli e spero di soddisfare il mio pubblico e anche di fare i numeri che al cinema servono e che non sono quelli del teatro, ma sono molto maggiori. Il cinema è industria e ha bisogno di molte persone in sala, anche se poi è chiaro che sono tante le volte che vediamo un film andare male al botteghino ma ci ricordiamo di quanto ci era piaciuto, di quanto era bello.

Il gemellaggio indicato nel cartello stradale tra Marina di Sopra e Weimar, la repubblica prenazista, lascia intendere che temete per l'Italia una svolta autoritaria?
Albanese: quando fai un film ti diverti con i particolari, siamo un gruppo di amici e ci divertiamo, tutto qui.
Manfredonia: Nel costruire un film su un personaggio singolo, che parla di un mondo che in tv non si vede mai, il lavoro maggiore è stato quello di costruire per la prima volta proprio quel mondo. Il cast ha dovuto mettersi sulla lunghezza d'onda di un attore che ha un registro comico unico, cercando di non imitarlo ma di adeguarsi. Sono stati bravissimi. Il resto sono particolari, di cui conserviamo le nostre personali interpretazioni e ne lasciamo libere molte altre.

In quali e quante occasioni avete rivisto la sceneggiatura alla luce delle parole o delle azioni di Berlusconi?
Albanese: Mai. Mai e poi mai, mi dovete credere. Il personaggio è nato pensando a certi fisici, all'esuberanza, alla "maschietà" di questa gente. Rispetto alle uscite di Berlusconi abbiamo cercato piuttosto di andare apposta in un'altra direzione. Anche da Fazio, dove avevo uno spazio settimanale, non abbiamo mai commentato l'attualità, ma abbiamo fatto un altro tipo di percorso. Siamo dei bravi lavoratori.

Il personaggio più bizzarro è senza dubbio quello di Rubini nelle vesti di spin doctor elettorale...
Albanese: Del cast io sono innamorato, ma secondo me quel ruolo lo poteva fare solo Sergio in Italia, perché ha la capacità di avere vari ritmi e caratteri, che non è da tutti. Nella comicità Sergio è un gigante.
Rubini: Sono stato molto felice di partecipare a questo film, perché Antonio ha qualcosa di tecnicamente irraggiungibile come attore, lo stimo molto. Inoltre mi era piaciuto molto l'ultimo film di Giulio Manfredonia che non conoscevo personalmente, infine il fatto che la telefonata che mi proponeva la parte sia venuta da Procacci mi ha convinto del tutto.

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