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mattia pascal
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domenica 30 gennaio 2011
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il reo neo realismo italiano
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Nella seconda collaborazione tra Giulio Manfredonia e Antonio Albanese la formula è quasi la stessa.
Albanese, nel centro, veste i panni di un bastardo e focalizza su di se' l'attenzione di tutti gli altri, attorno.
La sostanziale differenza è che nella prima collaborazione (il film "E' già ieri") Manfredonia ci raccontava una storia di evidente fantasia, in "Qualunquemente", invece, le vicende narrate del criminale-porco-evasore-corruttore richiamano immediatamente alla mente l'attuale realtà politica italiana.
E così ogni battuta ci fa ridere un po' di meno.
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brian77
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domenica 30 gennaio 2011
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ma la realtà è più grottesca...
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Una fotografia dell'Italia profonda, della sua voglia di illegalità, della sua indifferenza morale, niente da dire. Ma da quel punto di vista coglie solo gli aspetti più pittoreschi e di costume della faccenda, in quanto tralascia la sostenza più importante: lo smantellamento della scuola e della sanità pubblica per favorire scuole e sanità private, la precarizzazione sistematica del lavoro, l'abbattimento delle difese sindacali e dei diritti dei lavoratori ecc. Non spetta a un film farlo, per carità, ed è anche vero che il culto dell'illegalità è all'origine di tutto: ma il problema è che poi una qualsiasi puntata di Porta a Porta risulta molto più grottesca del film.
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Una fotografia dell'Italia profonda, della sua voglia di illegalità, della sua indifferenza morale, niente da dire. Ma da quel punto di vista coglie solo gli aspetti più pittoreschi e di costume della faccenda, in quanto tralascia la sostenza più importante: lo smantellamento della scuola e della sanità pubblica per favorire scuole e sanità private, la precarizzazione sistematica del lavoro, l'abbattimento delle difese sindacali e dei diritti dei lavoratori ecc. Non spetta a un film farlo, per carità, ed è anche vero che il culto dell'illegalità è all'origine di tutto: ma il problema è che poi una qualsiasi puntata di Porta a Porta risulta molto più grottesca del film. E' il problema della satira nell'Italia di oggi: chi ci governa è molto peggiore e la sua minaccia molto più articolata di quanto un povero comico riesca a fare.
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torres
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sabato 29 gennaio 2011
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un albanese in stato di grazia!!!
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finalmente albanese riesce ad avere il successo che gli compete alla sua bravura e lo ottiene con un ottimo film che è una commedia quasi drammatica per la dose di cose vere e spiacevoli che si vedono. Bisogna dire che ha avuto una buona dose di preveggenza riguardo ai tutti i fatti accaduti in questi giorni. Tornando al film è sicuramente da plausi l'interpretazione di albanese, insieme alla regia e alla sceneggiatura che in modo pungente ironizza sulla classe politica ed anche sulla situazione meridionale di questi anni. Devo dire che sono andato al cinema non molto convinto, ma una volta uscito non me ne sono pentito anzi. Ottima commedia che fa ridere e riflettere parecchio; voto 8.
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barbara simoncini
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venerdì 28 gennaio 2011
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per molti ma non per tutti
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Stavolta Albanese si è spinto molto in là con la caricatura dei suoi personaggi regalando così al film un taglio da "film-denuncia" appena velato, mascherato in modo divertente,caricaturale, inoffensivo quasi, come la vera satira sa fare: sa far ridere ma sa anche far riflettere fancendo male. E il bravissimo ALbanese, almeno a me, ha dato un metaforico pugno sullo stomaco perchè, tra una risatina e l'altra, la tristezza e l'amarezza di sapere che è realmente tutto così fa male. La questione dell'illegalità come una buona abitudine da coltivare se vuoi far strada, l'istupidimento degli elettori sostituendo alla loro coscienza e dignità solo il miraggio del "pilu" è esattamente come guardarsi allo specchio e ridere perchè si è toccato il fondo e non si riesce a risalire scivolando comicamente nello stesso pantano.
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Stavolta Albanese si è spinto molto in là con la caricatura dei suoi personaggi regalando così al film un taglio da "film-denuncia" appena velato, mascherato in modo divertente,caricaturale, inoffensivo quasi, come la vera satira sa fare: sa far ridere ma sa anche far riflettere fancendo male. E il bravissimo ALbanese, almeno a me, ha dato un metaforico pugno sullo stomaco perchè, tra una risatina e l'altra, la tristezza e l'amarezza di sapere che è realmente tutto così fa male. La questione dell'illegalità come una buona abitudine da coltivare se vuoi far strada, l'istupidimento degli elettori sostituendo alla loro coscienza e dignità solo il miraggio del "pilu" è esattamente come guardarsi allo specchio e ridere perchè si è toccato il fondo e non si riesce a risalire scivolando comicamente nello stesso pantano. Coraggioso. Avrebbe dovuto girarlo prima questo film e, quantomeno, speriamo che ne giri altri visto che la denuncia di certe situazioni non proprio chiare ormai possono permettersela solo intellettuali e uomini di spettacolo. Ha reso anche molto bene certa mentalità dove l'ostentazione del denaro rasenta(?) il ridicolo: i costumi stile uova pasquali si vedono anche per strada e in certe situazioni dove l'arricchito espone se stesso.
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petri
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venerdì 28 gennaio 2011
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noia mortale
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una presa in giro del pubblico .... 5 minuti di gag e 90 di noiosissimo film
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olgadik
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venerdì 28 gennaio 2011
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surreale e cattivo
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Per evitare equivoci: il personaggio Cetto fu creato dall’attore circa 8 anni fa e il film era in lavorazione da quasi due anni. Niente perciò intenti pubblicitari di parte relativi ai fatti recenti che toccano il Presidente del Consiglio (fa effetto usare la maiuscola che qualche volta “significa”), ma solo una di quelle preveggenze d’artista che conosce bene vizi e difetti di buona parte di noi italiani. Ed eccolo il film involontariamente neorealista ma coloratissimo, volgare, surreale, iperbolico e kitsch. Anche troppo, se vogliamo, perché il suo iperrealismo a volte soffoca la recitazione e il testo, offuscando un po’ il personaggio.
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Per evitare equivoci: il personaggio Cetto fu creato dall’attore circa 8 anni fa e il film era in lavorazione da quasi due anni. Niente perciò intenti pubblicitari di parte relativi ai fatti recenti che toccano il Presidente del Consiglio (fa effetto usare la maiuscola che qualche volta “significa”), ma solo una di quelle preveggenze d’artista che conosce bene vizi e difetti di buona parte di noi italiani. Ed eccolo il film involontariamente neorealista ma coloratissimo, volgare, surreale, iperbolico e kitsch. Anche troppo, se vogliamo, perché il suo iperrealismo a volte soffoca la recitazione e il testo, offuscando un po’ il personaggio. Le battute però sono sottili ed amarissime, piccoli capolavori di concisione: “Come si chiama la figlia della nuova compagna?” “Non me lo ricordo… la madre si chiama Cosa”. “Questi vogliono fare tutto nella legalità!” “Ma è legale una cosa del genere?”. “Melo, togliti il casco, sennò i compagni pensano che sei poco virile…”. L’ultima battuta che ho citato è rivolta al figlio maggiore ed è un elemento della linea di rieducazione studiata da Cetto per il ragazzo che ha il torto di essere buono, sensibile e rispettoso degli altri. Come a dire che con modelli di un certo tipo non c’è futuro che possa cambiare. Anzi è bene che il giovanetto vada in galera per evitarla al genitore e per imparare a diventare uomo vero, cosa che accadrà regolarmente. La politica del personaggio di Antonio Albanese, tornato nella natia Calabria dopo quattro anni di latitanza nell’America del Sud, è fatta solo di interesse personale, nel disprezzo totale delle regole. I voti si comprano promettendo “pilu” per tutti, l’oppositore politico va fermato con metodi mafiosi, in chiesa si va per farsi vedere. Al riguardo, esilarante la scena in cui Cetto, abbigliato con un completo a righe che riproducono il suo nome, inveisce aspramente contro il sacerdote perché, dicendo la messa, disturba le sue telefonate al cellulare. A completare il caravanserraglio della casa sontuosamente orribile, dove si muove un’umanità fatta di amici servili, doppie mogli ignorate, figli inermi, tutti sgargianti in abiti che superano per eccentricità le assurde creazioni di certi stilisti, arriva anche il guru Sergio Rubini, che deve perfezionare le strategie della campagna elettorale del candidato sindaco La Qualunque. Quest’ultimo personaggio si caratterizza per cercare ispirazione e raccoglimento nelle teorie orientali, molto rivedute e corrette. Il mondo che il film dipinge è davvero disgustoso, ma, come si sa, la realtà supera la fantasia e veder vincere le elezioni da quell’uomo che promette ponti di “pilu” sullo stretto e anche un tunnel “perché un buco mette allegria”, è un pugno nello stomaco, se si pensa a che paese corrotto e grottesco siamo diventati. Ancora una volta un paese cafone, parola che uso non certo nell’accezione ottocentesca né in quella che andava di moda nei salotti borghesi di una volta. Ridotte a bivacco di volgarissimi individui questa volta sono le istituzioni.
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everlong
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venerdì 28 gennaio 2011
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manca qualcosa..
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Probabilmente in virtù della congiuntura politica in cui l'Italia, suo malgrado, è costretta ad annaspare in questo periodo, da un film così atteso ci si aspettava di più. La sensazione è che manchi qualcosa e non soltanto dal punto di vista formale (specialmente nella seconda parte ci sono dei cali di ritmo con scene un po' superflue e ridondanti), ma soprattutto dal punto di vista critico. Manca il coraggio di affondare la lama, di rendere questo lavoro qualcosa di più di una semplice commedia da ridere basata su un personaggio di grande successo. Un personaggio che comunque soddisfa le aspettative di chi, in questo film, non esigeva altro che vedere Cetto La Qualunque in gran forma.
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Probabilmente in virtù della congiuntura politica in cui l'Italia, suo malgrado, è costretta ad annaspare in questo periodo, da un film così atteso ci si aspettava di più. La sensazione è che manchi qualcosa e non soltanto dal punto di vista formale (specialmente nella seconda parte ci sono dei cali di ritmo con scene un po' superflue e ridondanti), ma soprattutto dal punto di vista critico. Manca il coraggio di affondare la lama, di rendere questo lavoro qualcosa di più di una semplice commedia da ridere basata su un personaggio di grande successo. Un personaggio che comunque soddisfa le aspettative di chi, in questo film, non esigeva altro che vedere Cetto La Qualunque in gran forma. Albanese e Manfredonia, comunque, dimostrano, ancora una volta, una grande capacità espressiva e una estrema versatilità (si pensi a E' già ieri, riadattamento dello storico Ricomincio da capo, o anche a Giorni e Nuvole). Eppure questi grandi mezzi non sono stati sfruttati in modo adeguato in Qualunquemente, un film che forse avrebbe dovuto pretendere qualcosa in più, che avrebbe dovuto ambire ad una più accentuata fusione tra una comicità grottesca ed una critica amara all'attualità politica e sociale italiana. Da sottolineare, infine, un Sergio Rubini che appare fuori luogo e incapace di esprimersi per l'ottimo attore che è, forse troppo vincolato ad un contesto inevitabilmente rigido, dovuto alla straripante ed ingombrante personalità di Albanese, o meglio, di Cetto La Qualunque.
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andaland
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giovedì 27 gennaio 2011
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albanese ispirato
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La bellezza del film sta nell'essere una caricatura (neppure troppo) della realtà, di alcuni modi di essere dei politici e della gente del sud.
Si ride, ma si riflette anche sulla somiglianza con tante attuali condizioni del nostro paese.
In sala un paio di persone se ne sono andate prima della fine del film, forse non hanno apprezzato o capito lo spirito sarcastico dello stesso.
Complmenti ad Albanese che è riuscito a fare un film intero utilizzando un suo personaggio e riuscendo a valorizzarlo in modo decisamente azzeccato.
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billo
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giovedì 27 gennaio 2011
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satira da cinema
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Antonio Albanese e Giulio Manfredonia ci regalano un bel film di satira politica e di costume senza che risulti mai banale.
Sorridere con quel retrogusto di amarezza è un tratto tipico della grande commedia all'italiana e loro sono riusciti nel loro obbiettivo assumendosi il grande rischio di portare sul grande schermo un personaggio televisivo che poteva cadere nella macchietta da gag. Ma "Cetto" cade sempre in piedi proprio come nella realtà e non lascia spazio alla sbiadita opposizione del proprio rivale dentro il film ed ai critici dentro al cinema.
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pakyjoker
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mercoledì 26 gennaio 2011
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qualunquemente: film, ahimè, drammatico
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Un Antonio Albanese che si immedesima in un politico, anche se abbastanza iperbolato, non molto distante dalla triste realtà attuale. Credo bisogna vederlo secondo due ottiche: se vogliamo intenderlo come film drammatico per le vicende del nostro paese, si può definire una pellicola che ha inquadrato bene l' ambiente scombussolato della politica. Ma anche sotto un ottica comica, credo che il film riscuota abbastanza successo. Consiglio la visione di questo film.
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