luvelio jusa
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martedì 1 marzo 2005
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clint, hai deluso!
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Al termine di un film a tratti confezionato su bozzetti di IPER - SCENEGGIATURA (sarebbe a dire su quegli stereotipi troppo rigidi che nascono dalla penna dello sceneggiatere), e quindi già per questo suggestionante ma non pregevole, il Grande Clint si perde in un messaggio poco edificante e oltre il limite della sua ortodossia di uomo-attore di prverbialmente di "destra". L'eutanasia viene propinata con estrema facilità, troppa per riferirsi a un caso dove se non altro dovrebbe essere il dubbio a farla da padrone. In più la strada della Benevola (dal greco Eu) morte (Tanatos) è scelta al di là di reali condizioni di malessere fisico. La protagonista non soffre particolarmente dolore fisico, ma mentale; non vuole accettare una vita a-normale.
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Al termine di un film a tratti confezionato su bozzetti di IPER - SCENEGGIATURA (sarebbe a dire su quegli stereotipi troppo rigidi che nascono dalla penna dello sceneggiatere), e quindi già per questo suggestionante ma non pregevole, il Grande Clint si perde in un messaggio poco edificante e oltre il limite della sua ortodossia di uomo-attore di prverbialmente di "destra". L'eutanasia viene propinata con estrema facilità, troppa per riferirsi a un caso dove se non altro dovrebbe essere il dubbio a farla da padrone. In più la strada della Benevola (dal greco Eu) morte (Tanatos) è scelta al di là di reali condizioni di malessere fisico. La protagonista non soffre particolarmente dolore fisico, ma mentale; non vuole accettare una vita a-normale. Ebbene pur non augurandosi mai di dover provare direttamente una esperienza del genere, è bene denunciare con estrema avversione la cultura dell'Eutanasia così come la strisciante Cultura dell'Eudemonismo da cui essa trae nutrimento. Eudemonismo significa Demone del Bene, e caratterizza la società odierna votata ad affermare la FELICITa' come valore Assoluto. Quando ciò è permesso senza freni nascono tutte le aberrazioni che ci sono sotto gli occhi: impossibilità di accettare il dolore, o addirittura -cosa ben peggiore e allarmante - la tendenza a vedere fenomeni come VECCHIAIA e MORTE come Fallimenti. Questa cultura è la stessa che dilatando l'orizzonte delle possibiltà di benessere in questa terra, crea le condizioni del malessere diffuso; non è un caso che la nostra epoca sia quella del MALE OSCURO, dei depressi cronici, degli insoddisfatti, dei fanatici dell'OROSCOPO, del Mago Vattelaàpesca. Il paradosso è che questa INFELICITà di massa è la condizione dello stesso Eudemonismo. Il consumismo del resto non avrebbe attecchito in Italia se prima non fossimo stati dei "morti di fame".
E' bene notare che la "voglia di morte" della protagonista è strumentalmente data a bere, come necessità di sfuggire al Dolore fisico, quando invece - se si è attenti - si dovrebbe vedere lapalissianamente l'incolmabile vuoto a vivere nella psiche della Million Dollar Baby. Lei è evidentemente depressa prima di salire alla ribalta dello sport; lo sport le darà la sensazione di un riscatto come una qualunque illusione.
Assecondare nella morte un'esistenza del genere, equivale ad assecondare il suicidio di un depresso.
Se Clint merita l'Oscar della carriera, date lui il Tapiro di una vecchiaia sin troppo dimessa nel politicallycorrect
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stefania callisto
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martedì 20 marzo 2007
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eutanasia e pugilato
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ambientato nel mondo del pugilato, Million Dollar Baby èun film atipico per il cinema americano.La storia è quella di una cameriera,Hilary Swank, che decide di diventare una campionessa di pugilato. Aiutata da un riluttante allenatore, Clint Eastwood, ci riuscirà ma al prezzo della sua stessa vita .Il film si avvale di attori di grande spessore e di un'ottima regia, quella del navigato Eastwood, ma lascia comunque perplessi.Innanzitutto la storia , Maggie vuole essere un pugile per aiutare una famiglia che non la ama, ma da cui vuole essere amata per forza.Frankie è un uomo coscente del rischio sia fisico che psicologico della ragazza, ma la asseconda per pietà,
o perchè vorrebbe prendersi curadi qualcuno, Morgan Freeman ,il suo aiutante sta a guardare.
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ambientato nel mondo del pugilato, Million Dollar Baby èun film atipico per il cinema americano.La storia è quella di una cameriera,Hilary Swank, che decide di diventare una campionessa di pugilato. Aiutata da un riluttante allenatore, Clint Eastwood, ci riuscirà ma al prezzo della sua stessa vita .Il film si avvale di attori di grande spessore e di un'ottima regia, quella del navigato Eastwood, ma lascia comunque perplessi.Innanzitutto la storia , Maggie vuole essere un pugile per aiutare una famiglia che non la ama, ma da cui vuole essere amata per forza.Frankie è un uomo coscente del rischio sia fisico che psicologico della ragazza, ma la asseconda per pietà,
o perchè vorrebbe prendersi curadi qualcuno, Morgan Freeman ,il suo aiutante sta a guardare.Ognuno è colpevole di qualcosa, ed ognuno segue ciecamente i suoi errori, fino alla prevedibile fine di una Maggie ridotta dal ring o dalla sua avventatezza a malata terminale. A questo punto Frankie decide qualcosa e cioè che la ragazza soffre troppo,o che lui stesso soffre troppo e stacca il respiratore. Commuovente, ma immerso in un intollerabile squallore morale il film rimane valido per la serietà delle tematiche ,l'eutanasia , la voglia di riscatto,la povertà, ma non illumina nessuno, anzi spegne tutte le luci lasciandoci soli con una gran rabbia dentro.L'eutanasia non è una soluzione, ed ognuno deve essere consapevole delle sue scelte senza fare la parte di Dio nella vita altrui.Questo ,alla fine, sembra essere il vero messggio del film.
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dodo
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sabato 26 marzo 2005
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È davvero desolante pensare che “Milion dollar baby”, il nuovo film di Clint Eastwood, abbia vinto quattro statuette, (come miglior film, regista, attrice protagonista e attore non protagonista). Non perché gli altri candidati agli oscar meritassero di più, ma proprio per il fattore contrario, perché questo film, insieme agli altri, marchia un’ annata cinematografica da buttare al vento. Infatti siamo lontani da quel Eastwood regista prima maniera che non ne voleva sapere di piegarsi alle esigenze delle case di produzione cinematografiche. Evidentemente le ultime statuette vinte con Mistic River gli sono servite per concedersi a un genere più commerciale. La passione per i grandi temi resta, per carità, e resta anche il suo modo di narrare i fatti particolarmente ironico, tuttavia manca qualcosa.
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È davvero desolante pensare che “Milion dollar baby”, il nuovo film di Clint Eastwood, abbia vinto quattro statuette, (come miglior film, regista, attrice protagonista e attore non protagonista). Non perché gli altri candidati agli oscar meritassero di più, ma proprio per il fattore contrario, perché questo film, insieme agli altri, marchia un’ annata cinematografica da buttare al vento. Infatti siamo lontani da quel Eastwood regista prima maniera che non ne voleva sapere di piegarsi alle esigenze delle case di produzione cinematografiche. Evidentemente le ultime statuette vinte con Mistic River gli sono servite per concedersi a un genere più commerciale. La passione per i grandi temi resta, per carità, e resta anche il suo modo di narrare i fatti particolarmente ironico, tuttavia manca qualcosa. Infatti film come “cacciatore bianco cuore nero”, non destinati a riscuotere successo per inadeguatezza ai gusti della grande massa, sono stati certamente opere ben riuscite di Eastwood. Esse, (ma c’ è poco da stupirsi), non sono state prese in considerazione nemmeno per gli Oscar, ed è li che probabilmente Clint Eastwood si è convinto a strizzare un occhio al pubblico. C’ è da dire comunque che se è vero che questa annata cinematografica è da dimenticare, è altrettanto vero che “Milion dollar baby” è meglio di “Aviator” e dunque l’ Oscar come miglior film è meritato. Forse meno meritato quello come miglior regista, è vero che spesso i due premi vanno a braccetto, ma non dovrebbe essere così. Mi spiego. “Milion dollar baby” è un film che, come di consueto per Clint, tratta più temi importanti, fra tutti quello dell’ eutanasia, mai come oggi così attuale. E’ proprio questo più che altro a fargli meritare l’ Oscar. Clint fonde nel film un crogiolo di problemi scottanti con cui l’ umanità si deve confrontare, tuttavia non riesce a conferire alla narrazione quella scorrevolezza, ma soprattutto quel pathos, quella profondità, che un tal film meriterebbe. Sarà perché stavolta di fronte alla grandezza di questi temi non funziona l’ ironia in stile inglese o americano, (fate voi), che il regista imprime al film. Ascoltare dialoghi di dieci minuti sui calzini puzzolenti o sul burro di arachidi non è certo il massimo, come non è il massimo descrivere in chiave comica il rapporto conflittuale e di indifferenza tra la protagonista e la sua famiglia. Nello stesso modo viene descritto il legame che si instaura tra la protagonista, ( una ragazza che voleva sfondare nel mondo della boxe) e il suo mister (proprio Clint Eastwood). Anche questo gioca un brutto scherzo al film, visto che il profondo rapporto che lega i due è tangibile solo alla fine della narrazione. Fatto sta che il film, probabilmente, risulta più godibile nella seconda parte, mentre alla fine del primo tempo viene da chiedersi, : “e che film stiamo mai guardando? E questo ha vinto i quattro premi Oscar?”. Forse parte della colpa è attribuibile ad un cattivo doppiaggio, ma la sensazione che permane alla fine della proiezione è che trattato in maniera differente, sarebbe uscito un capolavoro. Così non è, ed ecco spiegata la nostra astrusità nei confronti della statuetta come miglior regista, che forse poteva andare al perenne sfortunato Martin Scorsese. Forse Eastwood con la vecchiaia ha perso parte della sua verve, anche se rimane un gran personaggio. Una nota poi sul premio Oscar come miglior attrice, Ilary Swanck.
Sicuramente anche per lei all’ inizio sembrerebbe inspiegabile la clamorosa vittoria, ma si rifà ampiamente sul finale quando interpreta la parte della disabile dopo l’ incidente. Riguardo il successo di Morgan Freeman, diciamo che è interessante la sua parte, (un ex pugile adulto che aveva perso un’ occhio in combattimento). Questa parte rende l’ analogia con il personaggio principale, (la pugile), ma anche qui l’eccessiva ironia superficiale operata da Eastwood non scava fino in fondo nel personaggio, quindi ne va a perdere l’ interpretazione di Freeman che non risulta eccezionale.
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(di cristina.cavallari@hotmai)
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(di mic)
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(di morgan freeman)
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giovanni dm
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domenica 20 febbraio 2005
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clint ci delude
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Il film del momento, quello di cui non si può parlar male, né da destra né da sinistra; il capolavoro dell'anno, a sentire critici di ogni estrazione: proprio per questo – e per l'entusiasmo con cui eravamo entrati in sala - merita qualche riga. La trama ruota intorno a un vecchio allenatore di boxe (Eastwood) che si trova tra i piedi una trentenne desiderosa di averlo come trainer: e proprio lui, maschilista all'antica in rotta con la figlia (che non risponde da anni alle sue lettere), si trova catapultato nel mondo della boxe femminile, avendo tra le mani la prima occasione della sua vita per arrivare a un titolo. Senonché, per una scorrettezza dell'avversaria nel match decisivo, la ragazza finisce tragicamente paralizzata in un letto d'ospedale.
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Il film del momento, quello di cui non si può parlar male, né da destra né da sinistra; il capolavoro dell'anno, a sentire critici di ogni estrazione: proprio per questo – e per l'entusiasmo con cui eravamo entrati in sala - merita qualche riga. La trama ruota intorno a un vecchio allenatore di boxe (Eastwood) che si trova tra i piedi una trentenne desiderosa di averlo come trainer: e proprio lui, maschilista all'antica in rotta con la figlia (che non risponde da anni alle sue lettere), si trova catapultato nel mondo della boxe femminile, avendo tra le mani la prima occasione della sua vita per arrivare a un titolo. Senonché, per una scorrettezza dell'avversaria nel match decisivo, la ragazza finisce tragicamente paralizzata in un letto d'ospedale. Dilemma della seconda parte del film: accogliere o no la sua richiesta di eutanasia? Un sacerdote – cattolico, un po' macchiettistico – lo diffida dall'assecondarla, ma il vecchio Clint ... Dicevamo: un film con due gravi colpe: la prima è quella di occuparsi di uno sport – la boxe femminile - di scarsissimo interesse. Lo fa con scarse possibilità di trasmettere pathos, anche se con discreto mestiere, come si conviene a un regista ormai navigato, tra atmosfere cupe e decadenti, caratteri ben delineati (su tutti l'aiutante di Eastwood, il superlativo Morgan Freeman, voce narrante della vicenda) e ottimi attori. Il secondo difetto è più grave, perché ideologicamente malsano: un approccio all'eutanasia in fondo assolutorio, che rinchiude il problema nella coscienza di chi stacca la spina (!), senza preoccuparsi del-la richiesta d'aiuto – vero, concreto – di chi la subisce e senza offrire alternative e vie d'uscita, e anzi dipingendo la "dolce (?) morte" come l'unico gesto d'amore pos-sibile. Il tutto, senza peraltro riuscire ad andare aldilà di alcune schematiche e superficiali caratterizzazioni della tragica vicenda, e trascinando l'ultima mezz'ora del film in fiumi di lacrime ed estenuanti quanto stucchevoli faccia a faccia zeppi di sospiri e singhiozzi, spacciati per gravi problemi di coscienza che dovrebbero giustificare la drammatica conclusione. Dal punto di vista ideologico, più che cinematografico, non sorprendono le sette candidature all'Oscar, come non sorpren-deranno le statuine che effettivamente vincerà. Peccato, Clint: stavolta ci hai deluso.
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