Titolo originale | Vanity Fair |
Anno | 2004 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Gran Bretagna, USA |
Durata | 140 minuti |
Regia di | Mira Nair |
Attori | Reese Witherspoon, James Purefoy, Romola Garai, Jonathan Rhys Meyers, Gabriel Byrne Jim Broadbent, Bob Hoskins, Rhys Ifans, Camilla Rutherford, Gledis Cinque, Douglas Hodge. |
Uscita | venerdì 11 marzo 2005 |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 2,10 su 14 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 21 gennaio 2021
Becky Sharp resta orfana da piccola. Molto presto comincia a desiderare una vita più lussuosa di quella delle sue origini e decide di scalare l'alta società inglese con ogni mezzo. In Italia al Box Office La fiera delle vanità ha incassato nelle prime 2 settimane di programmazione 179 mila euro e 90,5 mila euro nel primo weekend.
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CONSIGLIATO NÌ
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Dall'omonimo romanzo di William Makepeace Thackeray il nuovo film di Mira Nair. Un'Inghilterra ottocentesca offre alla pluripremiata autrice indiana l'opportunità di mostrare suggestivi scenari "coloniali" a lei ben noti. Becky Sharpe, di umili origini, è una ragazza decisa a risalire la scala sociale. L'alta società è terreno ostile ma nonostante ciò la giovane riuscirà in breve a passare dal ruolo di governante in una ricca famiglia a quello di moglie di un ufficiale dell'esercito. La ragazza, non ancora soddisfatta, vorrebbe di più: il prezzo da pagare potrebbe essere però troppo alto.
La ricostruzione storica è più che attenta così come la meticolosa cura per i particolari di scena. Grazie a un impatto visivo sicuramente notevole, l'effetto iniziale è positivo: si respira un'aria antica. Poi qualcosa stona: se fotografia, scenografia e costumi sono encomiabili, l'evolversi della trama viene ridotto a intermezzo tra grandiose panoramiche, che per quanto d'effetto alla lunga risulteranno sbraccianti e quasi documentaristiche. La stessa colonna sonora, seppur di alto livello, si rivelerà spesso invadente. Il combinarsi di tali elementi dà vita a un risultato fiacco e ridondante, privo del necessario ritmo, che in breve tempo sgretola ogni attesa sminuendo così anche possibili fattori positivi. Stilisticamente perfetta, l'opera trova paradossalmente nella vanità il suo difetto principale dove l'autocelebrazione compromette ogni possibile presa sullo spettatore. Reese Whiterspoon, brillante in ruolo non semplice, è l'unica stella di un titolo da consigliare solo a nostalgici (molto) convinti.
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She walks in beauty, like the night/Of cloudless climes and starry skies;/And all that’s best of dark and bright/Meet in her aspect and her eyes:/Thus mellow’d to that tender light/Which heaven to gaudy day denies. (Byron – Vanity fair opening ) A volte il titolo di un film può lasciarci perplessi e sembrarci inadatto al soggetto , ma in questo caso mai titolo è [...] Vai alla recensione »
Vanity Fair (2004) Quella del 2004 è la seconda versione del film tratto dall’omonimo romanzo di William Makepeace Thackeray. La prima, del 1923, in versione muto e bianco e nero, è con la regia e scenografia di Hugo Ballin. La versione del 2004 di Mira Nair, “specializzata” nel valorizzare e raccontare la sua bellissima terra, l’India, che nel 2001 con [...] Vai alla recensione »
ho trovato il film bello anche se non intenso come mi aspettavo bella l'ambientazione ma lho trovato piuttosto sdolcinato nell'interpretazine della protagonista Rebecca che più che un arrivista sembra una vittima dell'alta società.
Tra il 1923 e il '35, il romanzo di William M. Thackeray fu portato sullo schermo tre volte; in tutte le storie del cinema, l'ultima versione segna la data di nascita ufficiale del film a colori. Il lungo silenzio seguito a tanta fortuna si spiega, probabilmente, con un malinteso senso di "antichità": come interessare il pubblico alle avventure di una bella arrampicatrice sociale che, al tempo delle [...] Vai alla recensione »
La fiera della vanità», romanzo scritto nel 1848 da William Makepeace Thacheray (nato in India, cresciuto in Inghilterra), libro divenuto famoso e proverbiale nel mondo, scandalizzò molti lettori del suo tempo: nell'Inghilterra della Reggenza metteva a contrasto le esistenze di Becky Sharp, intelligente perfida arrivista, e di Amelia Sedley, virtuosa, graziosa e sciocca.
William Makepeace Thackeray (1811-1863) è l’autore, oltre che delle Memorie di Barry Lyndon, anche di La fiera delle vanità, un librone di quasi mille pagine, uscito nel 1848. Difficile stringerlo fino a farlo stare in un film. Bisogna sfrondare e tagliare i rami laterali, col pericolo di ridurre l’affresco di un mondo a un rapido schizzo. Anche se il sottotitolo del romanzo è A novel without a hero, [...] Vai alla recensione »
Non mi riesce neanche di contare le tante volte in cui, prima al cinema e poi anche in televisione, ci si è imbattuti in trasposizioni del grande romanzo ottocentesco di William Thackeray, Vanity Fair, e cioè La Fiera della Vanità. Ai tempi del muto se ne son tentate ben quattro versioni, poi nel ’32 ce n’è stata una in cui il personaggio della protagonista era interpretato da Mirna Loy, seguito nel [...] Vai alla recensione »
Ci sono dei libri che nella vita li segnano. Per Mira Nair, la regista indiana di Salaam Bombay! e di Monsoon wedding (premiato nel 2002 con il Leone d’Oro dalla giuria presieduta da Nanni Moretti), è stato il classico della letteratura inglese Vanity fair di William Makepeace Thackeray a farle scoprire a sedici anni lo straordinario personaggio di Becky Sharp, una giovane donna che nell’Inghilterra [...] Vai alla recensione »
“Chi di noi, avendo realizzato i propri sogni, è veramente felice? Cos’è l’appagamento? Cos’è l’aspirazione? Cos’è la vanità della vita?”. Le stesse domande che si pone lo scrittore dell’800 inglese William M. Thackeray vengono prese dalla regista indiana Mira Nair nel suo riadattamento per il grande schermo. Protofemminista o arrampicatrice sociale? Oppure emblema di tutti gli ‘outsider’ a cui viene [...] Vai alla recensione »
Per una soprannominata dalla propria madre “Miss Type a” (definizione che da noi suona signorina io e lode”) e che ambisce a rilevare lo scettro di Meryl Streep, non può essere sufficiente conquistare popolarità e denaro puntando solo sulle sue doti di “bionda naturale” esibite in un tris di commedie (Una bionda in carriera, La rivincita delle bionde, Tutta colpa dell’amore) che hanno fatto la fortuna [...] Vai alla recensione »
Ci sono molte ragioni per cui Mira Nair, regista indiana vincitrice a Venezia del Leone d’oro per «Monsoon wedding», ha deciso di portare sullo schermo l’inglesissimo romanzo di Thackeray «La fiera delle vanità». E lei le enumera puntigliosamente. La prima è la parentela tra la struttura sociale indiana e quella britannica. «In India abbiamo le caste, in Inghilterra le classi: sono la stessa cosa. Vai alla recensione »
Becky Sharp, la sfrontata eroina del romanzo La fiera della vanità (1848) dell'inglese W. M. Thackeray, è molto simpatica alla gente del cinema. Devono stimarla un po' simile a loro; è sfortunata dato che resta orfana in tenera età ma contemporaneamente è baciata in fronte dalla fortuna poiché la accolgono in un collegio signorile. Furba com'è impara subito quel che va imparato.
Anche Mira Nair appartiene alla schiera dei registi ingegneri genetici, che, nel nome del business, stanno cercando di creare l’ibrido Superfilm, capace di assemblare culture opposte e di conquistare pubblico di ogni latitudine. Nair ha già sperimentato con successo la sua idea guida di mescolare Hollywood e Bollywood in Monsoon Wedding (eccessivo Leone d’Oro a Venezia 2001), ma questa volta arriva [...] Vai alla recensione »
Davvero deludente la trasposizione del superclassico «La fiera delle vanità» firmata dalla più famosa regista indiana, Mira Nair: i personaggi di straordinario spessore creati da William Makepeace Thackeray - a cominciare dall'immortale Becky Sharp, affidata a Reese Witherspoon - sembrano banalizzati, immiseriti e sterilizzati dall'approccio «cinematograficamente corretto» della regista vincitrice [...] Vai alla recensione »
Chi di noi è veramente felice avendo ottenuto ciò che desiderava? Se lo chiedeva Thackeray nell’ultima pagina del suo romanzo, “Vanity Fair”, e se lo chiede Mira Nair, che ha portato La Fiera della Vanità sul grande schermo e in concorso alla Mostra di Venezia. Novecento pagine e milioni di personaggi, ridotti a poco più di due ore e incentrati sulla protagonista femminile: Becky Sharp, un’arrivista. [...] Vai alla recensione »