Un insieme di filmati raccolti da Kvedaravicius durante le guerra in Ucrania. Il regista ha perso la vita nel conflitto ma i suoi collaboratori hanno deciso di montare il suo lavoro in un film. Espandi ▽
Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, il regista lituano Mantas Kvedaravicius e la compagna Hanna Bilobrova sono tornati a Mariupolis, dopo l’omonimo documentario del 2016, per documentare la vita quotidiana delle persone sotto le bombe. Dopo alcune settimane, Kvedaravicius, scambiato per un cecchino e arrestato, è stato ucciso. Più che un film, quello presentato al Festival di Cannes – come omaggio a un uomo ucciso sul campo e alla donna che ha rischiato la sua stessa vita per riportare a casa il cadavere del compagno – è la testimonianza di un lavoro in corso tragicamente interrotto. Eppure anche così se ne può percepire la forza: della vita degli abitati di un quartiere di Mariupolis si osserva l’unica possibile realtà in una zona di guerra, quella della sopravvivenza. Non c’è un unico refolo di vita, nelle immagini di
Mariupolis 2: la stessa durata sbilanciata, per quanto figlia dell’estemporaneità del progetto, testimonia un progredire del tempo che non ha nulla di vivo, ma solo un inutile, vuoto andare avanti.