Anno | 2022 |
Genere | Documentario |
Durata | 105 minuti |
Regia di | Hanna Bilbrova, Mantas Kvedaravicius |
Tag | Da vedere 2022 |
MYmonetro | 3,17 su 7 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 20 maggio 2022
Un insieme di filmati raccolti da Kvedaravicius durante le guerra in Ucrania. Il regista ha perso la vita nel conflitto ma i suoi collaboratori hanno deciso di montare il suo lavoro in un film. Ha vinto un premio ai European Film Awards,
CONSIGLIATO SÌ
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Sotto le bombe dell'esercito russo, gli abitanti di un quartiere di Mariupolis, città sul mare di Azov nel sud est dell'Ucraina, sopravvivono come possono. Rifugiati in una chiesa, passano le giornate circondati dai rumori delle bombe che cadono, a volte in lontananza, a volte più vicine; pregano, cucinano, spazzano i cortili ricoperti di detriti e macerie. Giorno dopo giorno, sera dopo sera, le esplosioni non cessano mai e la vita prosegue in un perenne stato di sospensione, dove chi ha perso tutto si chiede per qualche motivo andare avanti... Dopo l'invasione russa dell'Ucraina, il regista lituano Mantas Kvedaravicius e la compagna Hanna Bilobrova sono tornati a Mariupolis, dopo l'omonimo documentario del 2016, per documentare la vita quotidiana delle persone sotto le bombe. Dopo alcune settimane, Kvedaravicius, scambiato per un cecchino e arrestato, è stato ucciso.
Inutile cercare in Mariupolis 2 le tracce del film che avrebbe potuto essere: troppo grezzo, troppo rudimentale il materiale a disposizione per avere un'idea del progetto nella mente del suo autore.
Più che un film, quello presentato al Festival di Cannes - come omaggio a un uomo ucciso sul campo e alla donna che ha rischiato la sua stessa vita per riportare a casa il cadavere del compagno - è la testimonianza di un lavoro in corso tragicamente interrotto. Eppure anche così se ne può percepire la forza: della vita degli abitati di un quartiere di Mariupolis si osserva l'unica possibile realtà in una zona di guerra, quella della sopravvivenza. In una parte di città bombardata già ai primi di marzo e ora distrutta, tra detriti, macerie, edifici crollati o sventrati, uomini, donne, bambini e anziani sono paradossalmente al riparo, hanno già perso tutto e già sperimentato la violenza delle bombe. Se il primo Mariupolis nel 2016 coglieva un altro tipo di sospensione, quella cioè di chi prova ad andare avanti nonostante la minaccia di un possibile conflitto, questo secondo momento, nonostante l'inevitabile stato in progress (con stacchi di montaggio sbagliati, inquadrature dalla durata estesa e altre più brevi e casuali), mostra ciò che arriva dopo la distruzione: una vita, cioè, fatta di tempi morti, di attese, di lavori inutili, di rassegnazione più che di disperazione. Qualcuno ruba un generatore di corrente in una casa dove i cadaveri dei proprietari ingombrano l'ingresso e vanno spostati; altri cucinano, spazzano, parlano (di come dopo la fine dell'URSS i governi della presunta onestà abbiano portato il paese alla rovina...); altri ancora pregano spaventati e dopo la preghiera escono all'aperto riparandosi dalle bombe con la noncuranza di chi ormai ci ha fatto l'abitudine. Prima della fine si viene anche a sapere che la chiesa non è più un luogo sicuro e ciascuno deve trovare il proprio riparo...
Quelli che si vedono nel film sono uomini e donna senza nome, filmati quasi sempre di spalle, a figura intera, mai in primo piano. Kvedaravicius usa nei loro confronti una forma di rispetto, di pudore figlio del dolore che documenta, ma in qualche modo il suo sguardo freddo accomuna i vivi ai morti di cui si sente parlare - gente sventrata dalle bombe, esplosa, saltata in aria, ritrovata sui tetti delle case e pietosamente sepolta dai vecchi vicini o da degli sconosciuti. Non c'è un unico refolo di vita, nelle immagini di Mariupolis 2: la stessa durata sbilanciata, per quanto figlia dell'estemporaneità del progetto, testimonia un progredire del tempo che non ha nulla di vivo, ma solo un inutile, vuoto andare avanti. «Ho lavorato 35 anni per mantenere una casa che ora è stata distrutta», dice un uomo sull'orlo del cratere generato dalla bomba che ha sventrato sette abitazioni. «Ora mi chiedo: perché ho lavorato?».
Albe, giornate, tramonti, notti. A ripetizione. Fuori l'inferno di bombardamenti h24, dentro la speranza di sopravvivere di giorno in giorno. L'esistenza dei cittadini di Mariupol è diventata una quotidianità di ordinaria follia. E a testimoniare la devastazione fisica, psicologica e "urbana" in corso nella città ucraina è stato il regista lituano Mantas Kvedaravicius, che lì ha perso la vita lo scorso [...] Vai alla recensione »
C'è una faida tra religione e stato in Boy from heaven thriller ambientato nell'Università religiosa del Cairo Al-Azhar. Sembra Il nome della rosa ma al posto di Aristotele ci si ammazza per il Corano mentre la polizia di stato ha la mano di piombo (e noi italiani pensiamo a Giulio Regeni). Atmosfera intrigante per la quarta regia del più famoso graffitaro svedese d'origini egiziane Tarik Saleh.
Sono passati sei anni dall'uscita di Mariupolis, film del regista lituano Mantas Kvedaravicius, morto lo scorso aprile all'età di 46 anni, durante la guerra russo-ucraina, per mano dei rashisti, anche se la causa effettiva del decesso ancora non è chiaro. E durante questi anni di continuo conflitto, anche prima dell'esplosione definitiva di quest'ultimo (che ha portato sotto i riflettori la questione [...] Vai alla recensione »
Puntare sulle 'grandi firme', sugli autori aureolati, non sempre è garanzia di un buon Festival. Gli artisti celebrati non sempre sfornano film eccellenti. I selezionatori non dovrebbero essere accecati dal prestigio dei registi , pena il declassamento di quella che si vende come la vetrina-regina del cinema mondiale. Le chicche più attese di Cannes 75 devono ancora arrivare - spiccano i nomi di Ruben [...] Vai alla recensione »
Sei anni fa il regista lituano Mantas Kvedaravicius aveva raccontato la città di Mariupol, nell'Ucraina orientale, in Mariupolis: l'andare avanti della vita di tutti i giorni in un luogo - il Donbass - teatro di un conflitto tra i separatisti filorussi e il governo ucraino. Spari ed esplosioni in sottofondo, ma anche il rintocco delle campane di una chiesa ortodossa, il via via del tram, la vita che [...] Vai alla recensione »
Per fortuna è una bella giornata dice una donna all'altra scrutando il cielo azzurro terso, una frase «ordinaria» che all'improvviso suona strana tra quelle strade deserte piene di macerie, devastazione, dove le porte delle case si aprono lasciando cadere fuori i corpi senza vita dei loro abitanti mentre un cane che cammina insieme al padrone è come un'apparizione inattesa.