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Agente speciale 117 - Missione Cairo, un irresistibile doppio tuffo nel passato

I francesi hanno una parola per descriverlo: divertissement. E questo film è divertimento, è cinema che gioca col cinema, è profumo di anni ’50, di quando il cinema era un grande gioco in Technicolor. Ora in sala.
di Giovanni Bogani

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Jean Dujardin (51 anni) 19 giugno 1972, Parigi (Francia) - Gemelli. Interpreta Hubert Bonisseur nel film di Michel Hazanavicius Agente Speciale 117 al Servizio della Repubblica - Missione Cairo.
sabato 3 luglio 2021 - Focus

I francesi hanno una parola per descriverlo: divertissement. E questo film è divertimento, è cinema che gioca col cinema, è profumo di anni ’50, di quando il cinema era un grande gioco in Technicolor. Prende in giro gli eroi di un tempo, ci mostra un agente segreto ottuso, rozzo, misogino, macho, omofobo, e ci invita a riderne. Intanto, il film viaggia leggero, fa surf sulla superficie del cinema e della sua storia.

È quello che fa Michel Hazanavicius in Agente speciale 117 – Missione Cairo. Gioca con pezzi di cinema del passato, li mette insieme, ce li serve. Agitati, non mescolati.

Agente speciale 117 – Missione Cairo esce in Italia, distribuito da I Wonder Pictures. E ci permette un doppio tuffo nel passato. Quello nel cinema degli anni ’50, che il film propone. E quello nel 2006, quando il film è stato effettivamente girato, con una Bérénice Bejo non ancora trentenne, e un Jean Dujardin trentaquattrenne. Cinque anni prima che interpretassero The Artist, davanti al quale tutti gli appassionati di cinema, come i bambini di Povia, hanno fatto “ooh”, portando il film dritto all’Oscar.

In quel 2006, invece, Michel Hazanavicius era ancora un richiestissimo regista di spot pubblicitari, ma per il cinema uno sconosciuto. Si rivelò al pubblico francese con questo film, in cui dà sfogo a tutta la sua passione per il cinema. E per una spia caduta in oblio.

OSS 117 non è un nome sconosciuto, per noi italiani. Negli anni ’70, le storie di questa spia erano pubblicate da Mondadori: piccoli libretti neri, spesso con una bella donna seminuda in copertina. Nel passaggio tra la Francia e l’Italia, aveva perso una “S” nel nome; il resto era rimasto. Si chiamava Hubert Bonisseur de la Bath, era un americano, ma pronipote di francesi fuggiti dalla Rivoluzione che tagliava le teste agli aristocratici. Era nato, come personaggio letterario, nel 1949, quando di James Bond nessuno aveva mai sentito parlare. Diventa subito un fenomeno da libreria, negli anni ’50; un eroe del cinema, negli anni ’60. Poi viene eclissato da James Bond, sparisce nel nulla. Hazanavicius ne disseppellisce il cadavere, e lo fa tornare in vita. Rendendolo irresistibile. Un cialtrone irresistibile.

L’agente speciale 117 di Hazanavicius torna francese al cento per cento. Ed è un francese xenofobo, omofobo, misogino, pretenzioso, campione mondiale di gaffes, che attraversa con un sorriso impenitente e infantile. La sconcertante disinvoltura di Jean Dujardin fa il resto. Assolutamente irresistibile. Un po’ James Bond, molto Austin Powers, Dujardin trasforma se stesso in una specie di cartone animato. Gioca col suo personaggio, mentre Hazanavicius gioca col cinema.

È tutta una citazione, fin dai titoli di testa, tutti optical, fra Psyco e La pantera rosa, con musiche jazzate, evocazioni d’epoca. I colori sono da Technicolor sparato, le notti sono blu cobalto, le auto color pastello, i fondali di cartapesta. Nel mezzo, il più ottuso agente segreto che si possa immaginare.

Hazanavicius non cita soltanto 007. Anzi, sembra richiamarsi più ai film di Alfred Hitchcock, che in molti sensi hanno anticipato situazioni, immagini, colori dei primi 007. Ci sono citazioni da Intrigo internazionale, con un coltello che finisce nella schiena di un interlocutore di 117, come nella scena del salone dell’ONU; c’è il primo piano di una donna che grida come nell’inizio di Caccia al ladro. Ci sono le citazioni da L’uomo che sapeva troppo, la seconda versione hitchcockiana, quella del 1956, con James Stewart in un Nordafrica totalmente astratto.


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