Un'operazione metatelevisiva condotta con mirabile spirito filologico, divertente nella sua follia anche per chi non cogliesse i riferimenti diretti. Disponibile dal 15 gennaio su Disney+. SCOPRI LA SERIE SU DISNEY+
di Andrea Fornasiero
Wanda e Visione vivono insieme in un idillio che ha il sapore – e l'assenza di colori – della Tv degli anni Sessanta. Lei è una casalinga che si aiuta con la magia e lui è un impiegato dalle capacità di calcolo fuori scala. Entrambi però sono assai confusi, non ricordano il proprio passato, e anche un semplice appunto lasciato sul calendario basta a generare equivoci, che comunque la vicina di casa Agnes aiuta a risolvere. Inoltre in Tv ci sono spot televisivi con nomi che rimandano ad altri personaggi Marvel e presto entrano in scena i primi elementi a colori, segnali di un mondo si sta trasformando...
WandaVision è un'operazione metatelevisiva condotta con mirabile spirito filologico, che risulta comunque divertente nella sua stranezza e follia anche a chi non cogliesse i riferimenti diretti.
Per esempio la prima e la seconda puntata vedono già un'evoluzione in corso, emblematica fin dalla primissima scena del secondo episodio. I due coniugi infatti sono in camera da letto, ma in letti separati come voleva il decoro della Tv di allora, che però viene superato dalla magia di Wanda che fonde i due letti in un matrimoniale. Allo stesso modo se nella prima puntata tutti i personaggi sono rigorosamente bianchi già nella seconda appaiono i primi volti neri, relegati comunque a ruoli secondari.
Si dovrà attendere il terzo episodio perché il personaggio di Teyonah Parris, che dovrebbe essere tra i protagonisti, abbia un ruolo corposo. Allo stesso modo lo slang (per esempio la vicina Agnes dice che una cosa sarà uno spasso con l'espressione desueta “That's a gas”) e il modo di risolvere le situazioni rimandano all'artificiosa ingenuità di quella televisione, con un doppio livello di comicità: da una parte si ride della battute, dall'altro si ride delle cose che oggi ci appaiono stucchevoli, assurde e superatissime – come appunto i letti separati dei coniugi.
E a ridere, nei primi due episodi, è il pubblico presente durante le riprese (chissà che embarghi minacciosi devono avere firmato!), proprio come nelle sit-com di allora, poi sostituito da risate registrate per le puntate successive – come accadde anche per molte comedy televisive, sebbene non per tutte.
I modelli dichiarati sono numerosi, dal The Dick Van Dyke Show a Vita da Strega per gli anni 60 e poi La famiglia Brady, Casa Keaton e Gli amici di Papà per i decenni successivi, con un ulteriore livello metatelevisivo: Gli amici di Papà è infatti la sit-com che ha lanciato le sorelle della protagonista di WandaVision Elizabeth Olsen. Il gioco per altro si estende anche alle sigle, che cambiano di episodio in episodio e sono assenti solo dalla prima puntata. Un'assenza correttissima: gli episodi pilota venivano (e a volte è ancora così) realizzati senza sigla, perché la serie doveva ancora essere approvata.
La confusione dei protagonisti e la presenza di elementi stranianti rende WandaVision anche una sorta di incrocio tra The Truman Show e Velluto Blu, perché il mondo perfetto di case con giardino nasconde elementi surreali e inquietanti e perché è chiaro fin dal principio che Wanda e Visione sono osservati da una qualche forza esterna. L'origine di questo mondo perfetto e la natura degli osservatori sono però avvolti nel mistero e in più punti sembra che Wanda non sia vittima, bensì un'artefice o per lo meno una complice dell'intero scenario.