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Fenomenologia di Checco Zalone

Un uomo di spettacolo dai molteplici talenti che ricorda Jerry Lewis.
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di Pino Farinotti

In foto Checco Zalone e Eleonora Giovanardi in una scena di Quo vado?
Checco Zalone (Luca Medici) (47 anni) 3 giugno 1977, Bari (Italia) - Gemelli. Interpreta Checco nel film di Gennaro Nunziante Quo Vado?.

domenica 10 gennaio 2016 - Focus

Il titolo completo potrebbe essere fenomenologia socio-cine-culturale di Checco Zalone. Ci si potrebbe scrivere un libro. Per cominciare la sua straordinaria personalità completa, con una base di cultura corretta, che è una laurea in giurisprudenza. E poi i talenti, praticamente tutti quelli dello spettacolo fra i quali rileverei quello musicale, anche di strumentista. Non così comune fra gli "attori-eccetera" italiani. Non ricordo che qualcuno abbia accostato Zalone alla cultura hollywoodiana, quella che imponeva ai suoi attori una preparazione completa, con delle preferenze certo: dovevi saper recitare, cantare, suonare uno strumento, andare a cavallo, ballare almeno il tip tap. C'erano scuole impegnative e non ti potevi sottrarre. E voglio fare un nome di riferimento che non è mai stato fatto, ma ci sta. È Jerry Lewis. Talento superdotato, grande maschera e grande inventore. Dopo la fase leggera, chiamiamola così, quella con Dean Martin, divenne regista e legislatore di comicità. Capace letteralmente di trasformarsi, da brutto a bello, da (finto) scemo a intelligente, da ricco a povero, da vittima a oppressore. E, soprattutto, abrasivo fustigatore del costume americano. Il tutto in chiave grottesca. E poi cantante e musicista. Non c'è dubbio che in Checco ci sia del Jerry. Sulla sua azione globale-sociale si sta dicendo tutto e lo dicono tutti: le istantanee dell'italiano medio ... alto o basso, le categorie, la politica, il lavoro, i media, le repubbliche, il Paese. Per trasmettere tutto questo Zalone doveva accreditarsi super partes, ci è riuscito, ha acquisito una franchigia che fa di lui e di Nunziante- molto di quanto ho attribuito a Zalone va esteso a Gennaro Nunziante, compagno di comicità e regista- un unicum. Un modello potente in Quo vado, in questo senso, sta nell'episodio "artico", in Norvegia dove Checco è stato confinato dalla burocrazia. Conosce Valeria, ricercatrice, giovane, dedita al proprio lavoro. Ma quando lei lo ospita a casa e racconta del suo girovagare per il mondo, saltano fuori dei bambini avuti da un africano, da un vichingo e da un filippino, dunque un nero un bianco e un giallo.
Il vichingo, enorme, vive in casa e gira nudo, e sta per sposarsi, con un uomo, di colore. Quando Valeria ha occasione di rimproverarlo, Checco dice "ah, qui sarei io quello strano." Il modello Valeria, che pure estremizzato rappresenterebbe integrazione, vedute larghe e progressiste, omologazione felice, superamento delle barriere etniche, morali e civili, alla fine viene ricondotto nella dimensione "strana". Forse solo Zalone poteva permetterselo, sorpassando il "correntone corretto" che ti fa parlare e pensare come fanno quelli della televisione, di tutte le categorie, dai politici agli opinionisti a chi passa di lì per caso. Sappiamo. E forse chi parla (in televisione) ha un'idea diversa, magari opposta rispetto a quello che dice. Ma se la dici allora sei razzista, misoneista, o peggio leghista. Zalone si è conquistato l'immunità dal politicamente scorretto.

Primogenitura
Rispetto a Zalone-Nunziante rivendico una sorta di primogenitura. Quando uscì Cado dalle nubi il loro primo film, io lo rubricai... in alto. La tendenza generale era quella di inserirlo nel filone del cosiddetto cinepanettone. In realtà rilevai la novità, la diversità e l'intelligenza di quel film. Nel cartello del cinema comico italiano, che partiva dello zero assoluto del "panettone", attraversava il percorso regionale, chiamiamolo così, della comicità e della commedia, quella napoletana, romana, toscana, milanese, per arrivare alla qualità di Benigni (quello di qualche anno fa), Cado dalla nubi si collocava, appunto, molto in alto. E davo appuntamento al lavori successivi e ai naturali progressi, sicuro che ci sarebbero stati. Mi telefonò Gennaro Nunziante per ringraziarmi della legittimazione. Scrivendo del terzo film Sole a catinelle, dissi che lo schema aveva ancora funzionato ma occorreva un'evoluzione. Che c'è stata. Nunziante-Zalone sono, appunto, intelligenti, ma anche scaltri, e siccome occorre battere i record di incassi ecco che qualche concessione al profilo basso andava fatta. La "burocrate" ha dunque spedito Checco, adesso felice e innamorato di Valeria, nei ghiacci. La ricerca scientifica riguarda un orso, che viene narcotizzato. Occorre estrarre sangue e liquido organico. La burocrate, convinta di avergli reso la vita impossibile, lo chiama, per sfotterlo: «Allora, che stai facendo al polo?» «Una pugnetta all'orso polare. Mi hai regalato un sogno.» Ma sì, ci sta. E questa è scaltrezza ma intendo chiudere con un segnale di "intelligenza" e qualità. Per il ruolo della persecutrice burocrata è stata scelta Sonia Bergamasco, artista vera e completa. Due dati: diplomata in pianoforte al conservatorio, soprattutto attrice del "Piccolo", con tanto di esordio con Strehler.

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