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Tokyo 2015: le risate, senza confini, di Se Dio vuole

L'Italia conquista il pubblico giapponese: Audience Award al film di Falcone. Tokyo Grand Prix va a Nise: The Heart of Madness.
di Emanuele Sacchi

Gli attori Alessandro Gassman e Marco Giallini, i protagonisti di Se Dio vuole. Foto di Claudio Iannone.

domenica 1 novembre 2015 - Gallery

La 28.ma edizione del Tokyo International Film Festival presenta numeri onesti e non esorbitanti, contrariamente a quanto avviene a quasi ogni festival, specialmente in Italia. 63.738 persone restano sempre un pubblico ragguardevole, per una proposta variegata di ben 207 film, spalmati su dieci giorni di programmazione, dal 22 al 31 ottobre.

Lo scetticismo iniziale di taluni, sulla crisi di identità della rassegna (verso l'indie in concorrenza con Busan o verso i blockbuster?), sulla sofferenza del dopo-Yoda - per anni padre-padrone della kermesse - e infine sulla scarsità di prime mondiali, non sembra aver inficiato in maniera sostanziale sullo svolgimento del festival.
Verdetti prevedibili quelli della giuria presieduta da Bryan Singer, che privilegiano il cinema d'autore, e da festival, più classico: racconti di denuncia, vicende di drammatica ingiustizia dimenticata, narrazioni lineari che non sconvolgono il linguaggio cinematografico. Totalmente imprevedibile invece il responso degli spettatori, attraverso un Premio del Pubblico che ci riguarda molto da vicino.

Sorprendentemente, specie dopo le critiche per l'inclusione in concorso di una commedia su temi religiosi, Se Dio vuole di Edoardo Falcone ha infatti conquistato il cuore del pubblico giapponese. Al suo primo film da regista, dopo una carriera di sceneggiatore di commedie, Falcone ha sempre lamentato il fatto di non avere il controllo completo sulle sue opere. In Se Dio vuole la commedia all'italiana ritorna in auge: quella di metà anni '60 de I mostri e Il sorpasso, e la sua galleria di maschere, talora anche riprovevoli ma più umane dell'umano. Una trasfigurazione ideale per meglio rappresentare ieri il trasformismo dell'italianità e oggi la crisi di identità che ci attraversa. Il protagonista, un liberal ateo, ex-sessantottino ora imborghesito, reagisce alla notizia della volontà di sacerdozio del figlio con lo sconcerto che, secondo il luogo comune, sarebbe riservato a una rivelazione di omosessualità: un segno dei tempi, irriverente e politicamente scorretto, che preme con forza sul vulnus di una società cambiata, forse più nella forma che nella sostanza. Quel che era tabù oggi è incontestabile, e viceversa. Un azzardo di grande coraggio collocare il film in concorso (quante commedie riescono ad accedervi nei festival internazionali?), specie per il timore di insormontabili barriere linguistiche. Invece l'universalità del tema e la forza comunicativa di Marco Giallini, attore quanto mai sottovalutato, e Alessandro Gassman ha potuto più dell'abisso culturale e linguistico che apparentemente separa Italia e Giappone.

Il palmares selezionato dalla giuria, invece, rientra più agevolmente nei canoni del cinema d'autore. Benché i riflettori fossero puntati soprattutto su The Walk di Robert Zemeckis in apertura e sul mélo nipponico di Terminal in chiusura, ad aggiudicarsi i premi principali sono film che non provengono dall'Asia né dagli Stati Uniti. Il Tokyo Grand Prix e il premio per la Migliore Attrice vanno infatti al brasiliano Nise da Silveira: Senhora das Imagens (titolo internazionale Nise: The Heart of Madness) di Roberto Berliner, biografia di una psicanalista junghiana dai metodi inconsueti, che bandisce elettrochoc e lobotomie, favorendo la riabilitazione dei pazienti attraverso l'arte. Nise, interpretata da un'intensa Gloria Pires, diviene icona di ribellione, osteggiata per il suo anticonformismo in odore di "pseudo-comunismo" e per il fatto di essere una donna in una società in cui sono solo gli uomini a contare. Film di denuncia, che non sfugge a una chiara connotazione di genere, ma che ha conquistato la giuria.
Così è stato anche per Nous trois ou rien di Kheiron, rivisitazione autobiografica della vita del regista iraniano tra la prigionia sotto lo Scià di Persia e la fuga in Francia. La difficile esistenza del cineasta è rivissuta in chiave di commedia popolare, dove Marjane Satrapi in Persepolis ricorreva all'animazione: confezione a misura di mercato internazionale e dalla chiara impronta francese.
Il premio come Miglior Regista va invece al turco Mustafa Kara per Cold of Kalandar, suggestivo racconto, fortemente ispirato dal cinema di Nuri Bilge Ceylan, di una famiglia di contadini che cerca di esaltare il fascino bucolico in un contesto di miseria. Migliore Attore alla coppia di amici interpretata da Roland Møller e Louis Hofman in Land of Mine, dramma danese su un episodio poco noto della Seconda guerra mondiale, quando per disattivare i milioni di mine disseminate dai tedeschi sulla costa occidentale della Danimarca - Hitler temeva che da lì potessero sbarcare gli alleati - vennero inviati, in una missione suicida, gli ultimi coscritti della Wehrmacht, dei ragazzini senza alcuna colpa.

Tutti i premi
Competition:
Tokyo Grand Prix: Nise - The Heart of Madness di Roberto Berliner
Special Jury Prize: All Three of Us di Kheiron
Award for Best Director: Mustafa Kara (Cold of Kalandar)
Award for Best Actress: Gloria Pires (Nise - The Heart of Madness)
Award for Best Actor: Roland Møller, Louis Hofman (Land of Mine)
Award for Best Artistic Contribution: Family Film di Olmo Omerzu
WOWOW Viewer's Choice Award: Cold of Kalandar di Mustafa Kara
The Audience Award: Se Dio vuole di Edoardo Falcone

Asian Future
Best Asian Future Film Award: The Island Funeral di Pimpaka Towira
The Spirit of Asia Award by the Japan Foundation Asia Center: Degena Yun, A Simple Goodbye

Japanese Cinema Splash
Best Picture Award: Ken and Kazu di Hiroshi Shoji

Samurai Award:
Yoji Yamada, John Woo

ARIGATO Award:
Kirin Kiki, Akihiro Hino, Suzu Hirose, Mamoru Hosoda, Lily Franky

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