Si moltiplicano, nella Hollywood contemporanea, gli attori con ambizioni più estese, che impongono una sorta di "autorialità" alle proprie interpretazioni e partono dal cinema indipendente per passare dall'altra parte della macchina da presa. Non esiste solo Ben Affleck, che di questo gruppo rappresenta la punta dell'iceberg: pensiamo infatti al fratello Casey Affleck, e al suo I'm Still Here, o al più scostante e indipendente di tutti, Vincent Gallo, o ancora - personaggio su cui vale la pena concentrarsi - James Franco, presente a Berlino, oltre che come attore di ben due opere, anche come regista di Interior - Leather Bar, dove immagina di ricreare i famigerati 40 minuti a luci rosse di Cruising tagliati al montaggio da William Friedkin nel 1980. Già il capolavoro friedkiniano è un film negletto e misconosciuto, figuriamoci la sua storia censoria. E invece a Franco, divenuto nel tempo un'icona underground, evidentemente interessa proprio la dimensione subculturale e misteriosa del cult movie di cui si occupa, in una sorta di mockumentary. Anche nei due film in cui non compare come regista - Maladies e Lovelace - emergono temi importanti: la solitudine degli artisti morenti, e la creazione di miti industriali, talvolta osceni, capaci di oscurare e logorare le persone reali che si nascondono dietro al personaggio.

Franco è davvero il rappresentante più autonomo di una generazione di interpreti la cui aspirazione è lavorare ai fianchi Hollywood. La sua creatività sembra straripare, secondo una pratica artistica incessante. Oltre ad essere uno scrittore tutt'altro che disprezzabile ("In stato di ebbrezza", Minimum Fax), è anche regista di videoclip e pittore. Nel primo caso, per saggiarne le doti, basta vedere il video di "Hangin with da dopeboys", singolo di Dangeruss incluso nella colonna sonora di Spring Breakers, di cui è protagonista. Anzi, il rapper è anche il principale ispiratore del personaggio interpretato da James Franco.

Il rapporto con la cultura della strada e con l'arte povera viene confermato dall'attività di pittore, tanto che Berlino, oltre ai suoi film nel festival, ospita anche la sua seconda personale, "Gay Town", fatta di opere a metà tra graffiti, collage, serigrafie, pop materico, e altre suggestioni sparse.

Il travestimento e l'ambiguità sessuale, del resto, accompagnano tutta la filmografia del 35enne californiano, come dimostrano titoli quali Milk di Gus Van Sant o Urlo tratto da Ginsberg. Perfettamente a suo agio, e integro, anche quando interpreta ruoli nei blockbuster hollywoodiani (pensiamo al ruolo di Harry Osborn nei Spider-Man di Sam Raimi o al protagonista di L'alba del pianeta delle scimmie), non disdegna, visto il volto apparentemente angelico, le parti da rubacuori, come in Mangia, prega, ama anche se il ruolo cult rimarrà probabilmente il giovane Aron Ralston di 127 ore, costretto a tagliarsi un braccio per sfuggire a morte certa, intrappolato in un crepaccio nel deserto.

Nei prossimi mesi, a conferma del vitalismo quasi esasperato di cui fa sfoggio, vedremo James Franco di continuo. Da regista sta ultimando Child of God, tratto da "Figlio di Dio di Cormac McCarthy, e As I Lay Dying, in fase di riprese, tratto da "Mentre Morivo di William Faulkner. Da attore, lo vedremo, oltre che in Spring Breakers di Harmony Korine, in Il grande e potente Oz di Sam Raimi e nei prossimi film di Paul Haggis e Gary Fleder.