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La politica degli autori: Jacques Audiard

Un figlio d'arte dallo stile ricercato e altamente evocativo.
di Mauro Gervasini

In foto Jacques Audiard.
Jacques Audiard (72 anni) 30 aprile 1952, Parigi (Francia) - Toro.

mercoledì 26 settembre 2012 - Approfondimenti

Non era facile per Jacques Audiard (Parigi, 30 aprile 1952) smarcarsi dall'ingombrante ombra del padre Michel. Non parliamo di un genitore qualsiasi, ma del principale sceneggiatore e dialoghista del cinema francese del secondo dopoguerra. Uno senza il quale Gabin, Delon o Belmondo non avrebbero mai "parlato", o avrebbero fatto le belle statuine e basta, senza epica e battute tramortenti. Jacques poteva dedicarsi ad altro per sfuggire al confronto e invece no, avendo mangiato baguette e cinema sin da bambino ha continuato la tradizione di famiglia.

All'inizio, timidamente, insieme al padre (hanno scritto Mia dolce assassina di Claude Miller, che è bellissimo) poi da solo. Nel 1994 firma anche il primo film da regista, Regarde les hommes tomber, road movie vagamente noir con Trintignant sulle tracce del presunto omicida del migliore amico sbirro, interpretato da Mathieu Kassovitz. Pare già qualcosa di nuovo per come la macchina da presa si appiccica a personaggi borderline, molto originali. Secondo giro l'anno successivo con Un héros très discret, sempre con Kasso nei panni di un uomo che è scampato alla Seconda guerra mondiale senza meriti e si inventa imprese eccezionali alle quali la gente crede per come lui le rende possibili. Il film viene accolto benissimo dalla critica e vince al Festival di Cannes il premio per la migliore sceneggiatura. Che per il figlio dello sceneggiatore più grande di tutti equivale a una sorta di definitivo affrancamento dalla figura del padre. Audiard decide a questo punto di cominciare a scrivere insieme a un amico, Tonino Benacquista, autore di polar (La commedia des ratès il più famoso) di origini italiane. Insieme firmano i copioni di Sulle mie labbra (2001) e Tutti i battiti del mio cuore (2005). Il primo racconta di una donna sorda e dimessa (Emmanuelle Devos), segretaria di una grossa compagnia immobiliare, alla quale viene affiancato un carcerato, Vincent Cassel, in libertà condizionata. Lui riempie la vita di lei, ma in cambio chiede che la donna legga le labbra di alcuni rapinatori in procinto di organizzare un colpo. Geniale e degna di Hitchcock l'idea che Emmanuelle Devos debba scoprire dove è nascosto il grisbì "ricordandosi" i rumori fatti dal gangster mentre lo nascondeva. A tracciare una poetica precisa è però la storia dei due protagonisti, "menomati" entrambi, il giovane drop out e la fanciulla bruttina e schernita da tutti, non udente. Si evidenzia una delle caratteristiche del cinema di Audiard: l'urgenza di uomini e donne marginali di codificare il mondo per poterlo affrontare. Anche una questione di linguaggio: quello dei segni di Sulle mie labbra o quello opposto dei suoni e delle note. Romain Duris in Tutti i battiti del mio cuore è un giovane violento e tormentato che potrebbe trovare nella passione per la musica un nuovo strumento di comunicazione con gli altri e con se stesso.

Senza contare il linguaggio elementare di Il profeta (2009). Capolavoro di Audiard, da un soggetto di Abdel Raouf Dafri, altro talentaccio al quale si deve la seconda stagione di Braquo, Il profeta racconta la storia di un ragazzo di origine araba, Malik, che entra in carcere sperduto e semianalfabeta ed esce in grado di plasmare il mondo a sua immagine e somiglianza. Tra le sbarre si finge sordo e muto e invece impara ad ascoltare e a parlare la lingua degli altri (il corso, l'arabo...), accetta una apparente schiavitù ma intanto è lui a disegnare la geometria del suo futuro criminale, ponendosi al centro di un nuovo ordine. Il profeta vince a Cannes il Grand Prix della giuria (2009) e ha in Francia un grande successo di pubblico. Il nuovo film, Un sapore di ruggine e ossa (mercoledì 3 ottobre in ANTEPRIMA WEB su MYMOVIESLIVE! e dal 4 ottobre al cinema), sceglie ancora di raccontare la relazione tra due personaggi ai limiti: una istruttrice di orche rimasta senza gambe dopo un tragico incidente e un pugile che l'aiuta a riacquistare il "senso" del proprio corpo. Massima celebrazione della sensualità di due vite disperate, Un sapore di ruggine e ossa è la nuova tappa di una ricognizione dell'umano che Audiard conduce attraverso uno stile ricercato e altamente evocativo, davvero unico nel panorama cinematografico contemporaneo.

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