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Walter Chiari è tornato

Libri, eventi, retrospettive, nuova fiction.
di Pino Farinotti

Walter Chiari (Walter Annichiarico) Altri nomi: (W. Chiari ) 8 marzo 1924, Verona (Italia) - 20 Dicembre 1991, Milano (Italia).

lunedì 18 luglio 2011 - Focus

Non c'è più da vent'anni, così riemerge Walter Chiari, uno che difficilmente passava inosservato. È come se premesse per dire "sono qui, non è passato poi tanto tempo, da quando vi divertivo tutti". Si parla molto della fiction, ormai in fase di montaggio, Il nostro amico Walter, prodotta dalla Rai (con Casanova Multimedia), diretta da Enzo Monteleone. Il regista è una garanzia. Sa fare televisione e anche cinema, soprattutto sa scrivere. Gli dobbiamo il più bel film di guerra italiano dell'era recente, El Alamein – La linea del fuoco. Sarà Alessio Boni, un altro garante, a fare Chiari. Ma prima della fiction, ad evocarlo ci aveva pensato Milano che era la sua città, anche se era nato a Verona. E ci aveva pensato l'editoria, col volume Walter Chiari – un animale da palcoscenico, di Michele Sancisi. Il libro è stato presentato nell'ambito dell'omaggio Walter Show: una mostra fotografica al Teatro Dal Verme, e una rassegna cinematografica al cinema Gnomo, organizzata dalla Fondazione cineteca italiana. Anch'io ho dato un mano.

Giganti
Era del 1924, generazione impegnativa: Mastroianni ('24), Sordi ('20), Gassman ('22) Tognazzi ('22). Era anche coetaneo, esattamente, di Bongiorno e di Corrado. Era un loro compagno di televisione. Ecco, era troppo assiduo in tutte le discipline, e questo paradossalmente, lo ha penalizzato. Nel cinema non ha lasciato il segno di quelli detti sopra. Si può dire che quei modelli insuperabili lo abbiano magari tenuto un po' distante. Un richiamo in questo senso, esemplare, c'è quando Dino Risi lo volle protagonista del "Giovedì". Era il 1963, il momento d'oro del regista con titoli come Una vita difficile, Il sorpasso, I mostri. Walter fu bravo, ma... non era Sordi, appunto. Tuttavia è stato una sorta di unicum. I servizi che lo riguardano in questi giorni raccontano la parte mondana, quella che oggi chiamiamo gossip (e quanta aria ha dato Walter a quelle trombe). Raccontano di Ava Gardner, fra le infinite altre conquiste, dunque del grande tombeur; e di quel fotografo preso a pugni in via Veneto, che avrebbe ispirato l'episodio della Ekberg col marito Lex Barker nella "Dolce vita" di Fellini. Dicono.

Fisico
Quando si scrive di qualcuno che ha fatto così tanto, che faceva parte del nostro quotidiano, uno che era così vitale e fisico, il metodo è quello di lasciare che sia la prima memoria e il primo sentimento a selezionare. È un concetto che ripeto. Nel mio caso ci sono anche dei riferimenti personali, anche se non sono proprio così diretti, non c'ero ancora, o c'ero appena, sono mediati da mio padre Dante. Però sono indicativi del carattere del personaggio, sono vivi e umani, al di là del teatro, dei film, e della televisione. Successe che nel novembre del 1954, al palazzo del ghiaccio di Milano, Tiberio Mitri affrontasse Charles Humez per il titolo europeo dei pesi medi. Mitri finì al tappeto alla quinta ripresa. Mio padre era innamorato del pugile triestino, e fu un giorno tristissimo per lui. Ne avrebbe parlato per anni. E successe che seduto vicino al Dante, quasi a bordo ring, ci fosse Walter Chiari, grande appassionato di pugilato e pugile dilettante a sua volta. Parlarono, uniti nel dolore. Finì che mio padre disse a Chiari "venga a trovarmi nel mio negozio" e gli diede l'indirizzo. E successe che Walter, pochi giorni dopo, entrasse nella gioielleria di famiglia in Corso Ticinese. E non era solo, con lui c'era Achille Togliani, il cantante, anche lui un "classe 1924". Togliani era un uomo bellissimo, più bello di Chiari, non solo cantava, ma faceva film e fotoromanzi, era l'idolo delle signore. Mia madre era sognante (per Togliani), mio padre parlava ancora della tragedia-Mitri. Walter comprò un cronometro Longines, Togliani fece di più, qualche tempo dopo portò una troupe in negozio perché serviva una certa location per un fotoromanzo. L'episodio raccontava di una contessa milanese che regala un portasigarette d'oro allo gigolo Achille. Di Chiari mio padre diceva "non riesci a non ridere, è proprio come in televisione". Negli anni, un paio di volte tornò in negozio. Una volta c'ero anch'io. Ricordo che era alto, quel ciuffo sempre sugli occhi, e portava un cappotto di cammello. Soprattutto ricordo il 20 maggio del 1970. Festeggiavamo il compleanno di mio padre, quando la televisione diede la notizia dell'arresto di Walter Chiari per possesso e spaccio di cocaina. Per il Dante fu un altro dolore, peggio del "primo".

Carattere
Certo è stato, in generale, un gigante. Nel cinema, se non grande protagonista, a volte grande "carattere". Come quando ha fatto il personaggio di "Silenzio" nel Falstaff di Orson Welles ('66) oppure il padre triste in Romanzo ('86), dove sfiorò la Coppa Volpi (migliore attore) a Venezia. Nel meccanismo "essenziale, di getto", lo ricordo nel ruolo del cronista al seguito del Giro in Totò al giro d'Italia, alle prese con Coppi, Bartali e lo stesso Totò. E poi, naturalmente, nella parte del furbastro che frequenta il sottobosco di Cinecittà e spilla la Lambretta all'ingenua Anna Magnani, in Bellissima di Visconti. Ma dovendo scovare un'istantanea, una sola, ebbene non può che essere il numero del Sarchiapone, che divenne un vero lemma di linguaggio popolare. Dunque il Walter che si è ripresentato con tanta prepotenza, non è solo per i vent'anni. È che ci sarebbe bisogno di lui. Programmi e network si sono moltiplicati esponenzialmente. Così come i conduttori e gli animatori, gli opinionisti del serio e del comico. Ma un Walter Chiari non c'è. Molti (quasi tutti) degli altri, tutti insieme non lo valgono. Libri, film, fiction, retrospettive: benvenga tutto, a togliere spazio ai superflui e ai mediocri.

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