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Rupert Everett: l'eterno bohémien compie 50 anni

Sempre incontenibile e irriverente è l'icona gay del cinema moderno.
di Paola Monticelli

Mi farei un lifting al fondo schiena
Rupert Everett (Rupert James Hector Everett) (64 anni) 29 maggio 1959, Norfolk (Gran Bretagna) - Gemelli.

venerdì 29 maggio 2009 - Celebrities

Sarà forse per essere proprio perfetto nel giorno del suo cinquantesimo compleanno, ma Rupert Everett ha recentemente conquistato le copertine di tutti i giornali, esibendo il risultato di un bel botox che ne ha ringiovanito prepotentemente il volto. Eppure quando qualche anno fa una giornalista gli aveva chiesto se pensava di far ricorso un giorno alla chirurgia plastica, aveva risposto "Sì, ci ho pensato, mi farei volentieri un lifting al fondo schiena!". Sempre incontenibile, irreverente e decisamente sopra le righe, soprattutto nei confronti della stampa, è l'icona gay del cinema moderno.
Raccontare il mezzo secolo di Rupert Everett vuol dire uscire dai binari della filmografia classica e finire per parlare della sua vita in senso assoluto, con tanto di eccessi, coming out e dichiarazioni imbarazzanti. La sua indole ribelle era già chiara quando il giovane aveva soli sette anni e studiava in una scuola sotto l'ala severa dei monaci benedettini, suonando il pianoforte ma sognando una vita da rockstar. E così che a soli quindici anni, lasciò quel pianoforte per entrare alla Central School of Speech and Drama di Londra: il sogno dell'attore aveva appena sostituito quello della rockstar. Ma, sempre per onorare il suo carattere da ragazzaccio, si fa espellere per liti col corpo docente. Ma il palcoscenico buono è dietro l'angolo, è quello del Glasgow Citizen's Theater, su cui il giovane Rupert muove i primi passi artistici. E quando recita, accanto a Colin Firth, nelle piece teatrale "Another Country" giunse la conferma: era nata una nuova stella. Quel titolo gli porta fortuna, tanto che, dopo alcune apparizioni in pellicole di poco conto, ne diventa protagonista nell'adattamento cinematografico dall'omonimo titolo e diretto da Marek Kanievska. L'interpretazione di una spia inglese per conto dei sovietici, gli vale la nomination ai BAFTA come migliore promessa cinematografica. L'Inghilterra intera si aspetta grandi cose da lui e tutta quella pressione della stampa, dopo una serie di pellicole non all'altezza di Another Country, sfocia in un momentaneo addio all'arte cinematografica. Tornato alla musica, e dopo la pubblicazione di due album dagli esiti disastrosi, arriva per Rupert la parentesi italiana a metà degli anni '80. E se pochi se lo ricordano nelle fugaci apparizioni al Drive In, di sicuro lo ricorderanno alla corte di Giuliano Montaldo per Gli occhiali d'oro o accanto alla nostra Ornella Muti in Cronaca di una morte annunciata. Ma una delle interpretazione nella nostra lingua che va assolutamente citata è quella di DellaMorte DellAmore di Michele Soavi, allievo di Dario Argento ma con un pizzico di ironia in più, che adatta allo schermo un romanzo di Tiziano Sclavi, dando a Rupert le sembianze del becchino Francesco DellaMorte, costretto a far fuori i morti viventi che si levano dalle tombe in cerca di carne umana.

Ma la carriera di questo inglese di nobile famiglia, dal fisico scultoreo e dallo sguardo magnetico, sembra viaggiare col freno a mano tirato. Le critiche della stampa, le chiacchiere sul suo orientamento sessuale, i flop al botteghino lo rendono inquieto e depresso. E poi finalmente il coming out liberatorio: "Sono contento di essere gay. Se fossi eterosessuale, con la promiscuità che ha contraddistinto la mia vita, probabilmente avrei un sacco di figli e sarei senza un soldo perché avrei speso tutto in alimenti alle mie ex mogli". E così quella scelta, descritta dai più come azzardata, si rivela invece la sua fortuna: a Rupert Everett vengono recapitati tanti copioni di successo e il mittente si chiama Hollywood. Quello che lo consacra definitivamente è la commedia Il matrimonio del mio migliore amico di Paul J. Hogan; è il 1997 e Rupert Everett nei panni dell'editore di Julia Roberts in versione critico gastronomico è il perfetto amico gay che ogni donna sogna di avere. Pungente, ironico, bellissimo e altrettanto irraggiungibile, balla con la scaricata Roberts sulle note di "I say a little pray for you" di Aretha Franklin prima dell'arrivo dei titoli di coda. Il ruolo lo rilancia nell'olimpo hollywoodiano con le nomination ai BAFTA, Golden Globe, Mtv Movie Award.
La seconda scalata al successo della sua carriera passa per traguardi intermedi come Sai che c'è di nuovo? (accanto alla sua migliore amica Madonna), Insieme per caso di cui si ricordano i divertentissimi duetti verbali con Kathy Bates, per poi concedersi a Oscar Wilde e William Shakespeare: un piccolo ruolo nel pluripremiato Shakespeare in Love e il ruolo di Oberon in Sogno di una notte di mezza estate, prima di ritrovarsi nella Londra del 1890 nei panni di Un marito ideale e poi nella brillante rivisitazione cinematografica di una delle commedie più ironiche di Wilde e costruita sul ritmo incalzante degli equivoci, L'importanza di chiamarsi Ernest, dove ritrova il caro amico Colin Firth. Il suo charme e l'eleganza che regala nelle vesti di damerino inglese, lo riportano sui teatri della Londra del Seicento, quando le donne lottavano contro il divieto di salire sul palcoscenico come attrici, per la pellicola Stage Beauty. Divertendosi anche come doppiatore, prestando la voce a uno degli eroi della Dreamworks, l'antiorco Shrek, lo ritroveremo poi nei panni addirittura di Miss Fritton nella commedia St. Trinian's, a luglio nelle nostre sale, che solo dal trailer ci propone un Everett travestito da donna che sarà sicuramente esilarante.

Forse pochi sanno di un Rupert Everett anche ottimo scrittore: "Hello, Darling, Are you Working?" è diventato un best-seller in Inghilterra, ma anche se non è ancora uscito in lingua italiana possiamo consolarci con la sua autobiografia "Bucce di banana", dove Everett dà sfogo alla sua indole pettegola, svelando dettagli piccanti sulla sua vita. E' da qui che veniamo a conoscenza di tutti gli eccessi che solo un ribelle come lui, per giunta anche star hollywoodiana, può vivere nella sua vita: la droga, il sesso, la scoperta dell'omosessualità, la prostituzione tra Parigi e Londra, l'eroina, gli incontri con Andy Warhol e Versace e la paura dell'Aids: "sono arrivato a Londra che avevo 15 anni e ho vissuto in prima persona l'ultimo periodo di promiscuità selvaggia. L'arrivo dell'aids ha cambiato tutto: all'inizio, se eri gay, la gente ti guardava in modo diverso. Era scioccante." Rivela dettagli segreti sulle dive Madonna e Julia Roberts (la prima "rumorosa ma composta, elegante ma ordinaria. Trasuda sesso e pretende da chiunque una reazione sessuale"; la seconda "puzza un po' di sudore, come tutte le grandi dive") e racconta la morte del suo compagno il giorno dell'attacco alla Torri Gemelle, con quella sincerità cruda e disarmante, che abbiamo imparato a conoscere.
Stanco di Hollywood, tanto da pensare di ritirarsi dalle scene, salvo poi ripensarci perché dice di non essere abbastanza ricco, sta aspettando da anni il ruolo dell'agente segreto più famoso del grande schermo, 007. "Sarei perfetto come James Bond, ma non mi daranno mai la parte perché sono gay", ennesima stoccata tipicamente nel suo stile alla Hollywood omofobica.
Uno stile inconfondibile che abbiamo imparato ad apprezzare, anche senza il ruolo dell'agente segreto Everett. Buon compleanno eterno bohémien!

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