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5x1: Bill Murray, il comico triste

Acchiappafantasmi per sostituire Belushi, da allora non si è più fermato.
di Stefano Cocci

È l'attore feticcio di Wes Anderson
Bill Murray (William James Murray) (73 anni) 21 settembre 1950, Wilmette (Illinois - USA) - Vergine. Interpreta il sindaco Cole nel film di Gil Kenan Ember - Il mistero della città di luce.

martedì 16 dicembre 2008 - Celebrities

È l'attore feticcio di Wes Anderson
Ha la faccia di uno zio buono, uno di quelli che a Natale divertono i bambini con i trucchi da mago ma che sembra nascondere, tra le pieghe del viso, una grande tristezza. Bill Murray ha un solido curriculum da comico dell'irreale e dell'irriverente, un battutista incontinente cresciuto alla scuola del Saturday Night Live. Per il Natale 2008 decide di lanciarsi nell'immaginifico mondo fantascientifico di Ember, una sfida inusuale per un attore che ama confrontarsi con l'ironia e giocare su un'alzata di sopracciglia o un angolo della bocca.
Cresciuto in una famiglia poverissima, quinto di nove figli, Murray si è fatto da sé divertendo e divertendosi ma mantenendo sempre l'eterna maschera dell'artista accigliato, uno di quei comici di cui stenteresti a pensare che a casa riesca a fare un sorriso o almeno a strapparlo agli altri. Nel frattempo, tra Ghostbusters, una momentanea scomparsa e la sua rinascita grazie a Wes Anderson e il suo Rushmore, Murray è riuscito a stupire tutti in film e ruoli anche seri rimanendo sempre se stesso: con la sua faccia svagata e lo spirito mai domo da eterno Peter Pan, un po' triste, del cinema

. Ghostbusters
Per il pubblico americano non era certo una sorpresa quando, da solido autore e interprete di sketch del Saturday Night Live, vestì i panni, larghi, che erano stati pensati per John Belushi, e decise di sfidare fantasmi e spiritelli nei panni di Peter Venkman, lo scienziato scapestrato, geniale e anche un poco incompetente che cerca di sedurre Sigourney Weaver mentre dà la caccia alle apparizioni che stanno assediando New York. Nessuno ci restituirà l'opportunità - svanita per una iniezione di "speedball" - di rivedere in questo esuberante film i Blues Brothers insieme con Eddie Murphy; ma questo gioiello comico, mezza fantascienza e mezza commedia, ha regalato una stella di prima grandezza.

Ricomincio da capo
Il successo a volte sconvolge. Accadde lo stesso a Bill Murray che dopo Ghostbusters si ritrovò sostanzialmente fermo. Tanti piccoli ruoli, ancora incassi milionari con il secondo episodio della guerra ai fantasmi. Fu con Tutte le manie di Bob del 1991 che tornò a divertire, davvero, il pubblico. In questa pellicola di due anni dopo è diretto dall'amico e collega acchiappa - fantasmi Harold Ramis, compagno di tante avventure, che lo volle preferendolo a Tom Hanks per interpretare un vanesio metereologo che si reca in una amena cittadina di campagna per assistere al giorno della marmotta (da qui il titolo inglese "Groundhog Day", espressione utilizzata anche per indicare un giorno noioso e ripetitivo). Per uno strano caso resta incastrato sempre nelle stesse ventiquattro ore, inciampando sempre nella stessa pozzanghera (nella città in cui sono state effettuate le riprese c'è una targa con scritto "Bill Murray è inciampato qui") e confrontandosi sempre con gli stessi problemi e fantasmi dell'animo. Sempre con grande spirito e divertimento.

Le avventure acquatiche di Steve Zissou
L'amico Wes Anderson lo vuole con sé tutte le volte che può. Dopo il meraviglioso Rushmore – un percorso in comune tra un geniale ma inconcludente quindicenne ed un vuoto e arido riccone di provincia – e l'introspezione nel cuore di una famiglia americana con I Tenenbaum, Anderson cerca il salto, anche dal punto di vista produttivo, con questo affresco, musicale oseremmo azzardare, sulla vita e le avventure di un oceanografo e documentarista, lo Zissou del titolo, della ricerca dello squalo giaguaro che ha divorato un suo collega e delle scoperte che, nel corso delle avventure acquatiche, farà su se stesso, la vita e la famiglia. È l'apoteosi dello stile di Anderson – che forse, non ce ne vogliano i suoi fans, si perde qua e là per seguire le sue geniali intuizioni spesso inconcludenti – ma è anche l'ennesima prova che la svagata intensità di Murray non ha eguali: nessuno come lui è capace di sparare battute facendole sembrare la cosa più naturale – e scema - del mondo.

Il treno per il Darjeeling Un cameo, niente più, in quello che può essere considerato come il migliore dei film di Wes Anderson, la summa definitiva del viaggio che il cineasta sta compiendo intorno alla famiglia. Gli spunti e le riflessioni e le suggestioni sono vive dietro ogni curva dei binari che portano Adrien Brody, Owen Wilson e Jason Schwartzman in giro per un'India colorata e sconvolgente. In tutto questo a Murray resta in un ruolo apparentemente marginale: un anonimo viaggiatore che corre a perdifiato per prendere il treno. Un piccolo gioiello che chi ha amato il film non può dimenticare a cuor leggero.

Lost in translation È il film che ha consacrato Murray attore "serio", anche se la sua interpretazione gioca tutto su piccole gag uniche capaci di strappare un sorriso: Bill/Bob Harris che fa il karaoke, che non riesce a fare la doccia, che chiede aiuto in palestra mentre cerca di liberarsi di un macchinario lanciato a folle velocità, che tenta di capire cosa gli stia dicendo la raffinata escort giapponese. Qualcosa perso nella traduzione tra due culture, due linguaggi e soprattutto due amici che si incontrano, si conoscono, si piacciono senza che accada niente di più che una tenera amicizia. Bob e Charlotte sono il punto di svolta delle carriere di Bill Murray e soprattutto Scarlett Johansson che con questo film vinse il premio come Miglior Attrice al Festival di Venezia del 2003.

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