Perché dover scomodare il Santo Padre per fare un film sull'inadeguatezza? Non bastava mettere al centro della vicenda un addetto alla catena di montaggio al suo primo giorno di lavoro che, con la chiave inglese in mano, non se la sente di stringere quel bullone che di chissà che pannello di quale apparecchiatura farà parte... poteva scegliere un anestesista chiamato a dare il sonno al suo primo intervento.... oppure un presidente del consiglio il giorno dopo la sua elezione... ehm, è proprio qui che sta la motivazione della scelta estrema e senza che il film abbia niente a che fare con la Chiesa o con eventuali critiche ad essa. Il paradosso. Era necessario il paradosso laddove però ci fossero i presupposti perché qualcosa come l'assegnazione di un grave incarico arrivasse inaspettata e non cercata.
La bellezza di questo film di Moretti non è da ricercarsi nel grottesco dell'urlo sgraziato del neo-Papa dietro le quinte del balconcino con conseguente ritirata dell'annunciatore. Non è nemmeno nella simpatica sequenza del campionato di pallavolo. Così come non va trovata nella macchietta della guardia svizzera che simula i movimenti del pontefice nell'appartamento disabitato. Il senso è piuttosto fuori dai confini del Vaticano. E' nelle strade, in teatro, al ristorante, sull'autobus. Ma non solo lì.
Questo è ciò che fa di Habemus Papam finalmente il capolavoro di Nanni Moretti, il fatto che non si possa trovare il bello nella parte ma nel tutto. E' alla fine del film che si può finalmente affermare: ho capito. E se se ne coglie il senso, e non è facile non coglierlo, si esce dal cinema con una maggiore consapevolezza di sé e dei propri limiti. Un gran bel lavoro.
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