Esperimento audace, ambizioso, colmo di immagini e innovativi effetti che assicurano una resa visivamente affascinante anche quando la narrazione diventa opaca e impenetrabile.
Secondo capitolo di una trilogia lanciata due anni fa con They Are The Dogs, il riferimento ai cani nel titolo è puramente metaforico. Il film si apre su quella che è a tutti gli effetti un'allucinazione psichedelica, un montaggio rapido fa da contrappunto ad uno sfondo musicale nauseante di colpi rirtmici e crepitii. L'effetto è un'opera surreale e straniante, destinata ad un pubblico di nicchia disposto a sacrificare l'aspetto narrativo in virtù della sperimentazione visiva.
La combinazione di echi stilistici dei maestri della Nouvelle Vague come Jean-Luc Godard e Agnes Varda si ritrova nell'utilizzo di una tavolozza di colori vivaci, molto contrastati, che ricorda oltremodo il lavoro del direttore della fotografia australiano Christopher Doyle.