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Animal Kingdom - La serie, vince il più forte e il più spietato

Da oggi su Infinity, il serial remake del film del 2010 sposta l'azione in California ma mantiene la stessa carica di violenza e tensione.
di Lorenza Negri

mercoledì 9 novembre 2016 - Serie TV

Crimini di famiglia: quelli dei genitori nei confronti dei figli - e viceversa -, quelli dei fratelli - inferti l'uno all'altro -, quelli che i consanguinei Cody, tutti rapinatori, perpetrano in barba alla Legge.

Animal Kingdom è da oggi su Infinity, la serie remake statunitense dell'omonima pellicola drammatica australiana del 2010 presentata al Sundance Film Festival e valsa una candidatura all'Oscar e una ai Golden Globe alla melliflua Jacky Weaver per il ruolo di Smurf.
Lorenza Negri

La storia strizzava senza pietà le anime di tre fratelli: il maggiore, il sociopatico killer Pope (il Ben Mendelsohn di uno show evocativo di Animal Kingdom, Bloodline); il drogato, spericolato e tatuato Craig (il cui interprete era sullivan Stapleton, anche lui approdato alla serialità americana con il procedurale Blindspot), e il più piccolo dei tre, Darren, influenzabile e al contempo restio alla vita criminale. L'equilibrio dei Cody veniva interrotto dall'arrivo dell'adolescente Joshua, nipote dei tre rimasto solo dopo la morte della madre per overdose: accolto dalla nonna, finiva coinvolto nelle attività malavitose di famiglia, sotto l'egida dell'imperturbabile Smurf, la quale, dietro l'amichevole nomignolo (la cui traduzione è "puffo") e i dolci ed enigmatici sorrisi celava una senso pratico spietato.


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Una scena di Animal Kingdom - La serie.
Una scena di Animal Kingdom - La serie.
Una scena di Animal Kingdom - La serie.
Dal cinema alla TV

Animal Kingdom si ispirava a un caso vero, quello della faida tra una famiglia di efferati fuorilegge e di altrettanto efferate forze dell'ordine.

Il soggetto, lo stile asciutto e l'andamento flemmatico, seguito da momenti crudi e concitati e attutito da un commento sonoro straniante ispirano il remake americano prodotto dal canale TNT.
Lorenza Negri

L'emittente, specializzata in procedurali e legal innocui - da The Closer a Major Crimes, da Rizzoli & Isles a Franklyn & Bash, da Leverage a Perception - aveva manifestato l'interesse a una messa in scena più cruda e violenta solo con l'aspro poliziesco Southland, dal quale questo rifacimento di Animal Kingdom supervisionato dal regista e dalla produttrice dell'originale - David Michôd e Liz Watts - eredita uno dei protagonisti, Shawn Hatosy (Alpha Dog, è Pope).


Una scena di Animal Kingdom - La serie.
Una scena di Animal Kingdom - La serie.
I protagonisti di Animal Kingdom - La serie.
Ellen Barkin, la femme letale

Il remake sposta l'azione in California: Pope si trasforma in una versione testa calda del suo corrispettivo australiano, appena uscita di galera; Craig è un gigante tatuato governato da istinti sensuali e Deran (da "Darren") è più incline alle attività criminali di famiglia e fa di tutto per celare la sua omosessualità ai congiunti. Meno enigmatica, più aggressiva e soprattutto più provocante della controparte autraliana, la "Smurf" della situazione incarnata da Ellen Barkin, quintessenza della femme fatale nel più torbido dei noir degli Anni Ottanta, The Big Easy (1987).

La Barkin non ha perso un briciolo della sua prorompente sensualità animalesca, ideale per un personaggio incline a ostentare la propria avvenenza e a esercitare il controllo sui figli con un'affettività ambigua ai limiti dell'incesto.
Lorenza Negri

"Rock", autoritaria e con una tendenza alla manipolazione della prole che si nutre di complessi edipici, evoca la shakesperiana regina della banda di motociclisti contrabbandieri di Sons of Anarchy Gemma. Non certamente l'ultima di una dinastia di matriarche del crimine - un ruolo analogo, ma più sibillino e affrancato dalle provocazioni del sesso è valso un Emmy a Margo Martindale nella parte di Mags Bennett in Justified, e anche Helen McCrory si diletta nei panni della zia mafiosa dei criminali Shelby nel crime period Peaky Blinders prodotto da Steve Knight - è senz'altro la più magnetica.


Una scena di Animal Kingdom - La serie.
Una scena di Animal Kingdom - La serie.
Una scena di Animal Kingdom - La serie.
Una narrazione serrata e languida

Come altre serie ispirate a pellicole australiane prodotte in economia e ben accolte ai festival - di recente anche l'horror Wolf Creek, presentata a Cannes (e il suo sequel a Venezia) è diventato uno show -, Animal Kingdom predilige il formato di stagione breve: solo dieci episodi (che negli USA hanno debuttato lo scorso giugno e ai quali è già stato assegnato un seguito), per non alienarsi lo spettatore con puntate filler ("riempitive").

La narrazione è serrata e languida al tempo stesso, come convulse sono le rapine messe a punto dai Cody e indolenti e fiacchi i pomeriggi a bordo piscina di Smurf.
Lorenza Negri

Il conflitto che scatena la serie di eventi drammatici del film - le successione di rappresaglie e ritorsioni tra i Cody e la polizia locale - lascia spazio all'analisi circostanziata di una famiglia devastata da problemi mentali, abuso di droghe, perversioni affettive e dalla solitudine emotiva, mai lenita neanche dalle partner romantiche che si avvicendano. Smurf, come nota la moglie di Baz (il quarto figlio, adottivo, di mamma Cody, apparentemente pacato e maniaco del controllo, interpretato dallo Scott Speedman del dramedy cult Felicity), Catherine, non tollera che altre presenze femminile mettano a repentaglio la sua posizione di ape regina. Per questo, si libera - o le tollera se non le ritiene una minaccia - sistematicamente delle potenziali rivali. Nel regno animale vince il più forte e il più spietato - non importa chi sia l'avversario -, e i Cody sono creature ferali.


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