mirko bradley
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domenica 19 aprile 2015
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un film sul cinema e sul dolore
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Margherita (Margherita Buy) è una regista impegnata in campo sociale e sta girando un film sulla crisi economica in Italia. La sua vita privata non è serena a causa della malattia della madre Ada (Giulia Lazzarini), un’ex insegnante di latino in pensione, della fine della relazione col suo compagno Vittorio (Enrico Ianniello), e delle inquietudini adolescenziali della figlia Livia (Beatrice Mancini). Inoltre, durante le riprese del film, Barry (John Turturro), un attore da lei diretto, mostra dei chiari disturbi di memoria. Unica persona cui appoggiarsi, che sembra darle conforto, è il fratello Giovanni (Nanni Moretti).
Non è un mistero che Moretti, nel corso del montaggio di Habemus Papam (2011), perse la madre.
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Margherita (Margherita Buy) è una regista impegnata in campo sociale e sta girando un film sulla crisi economica in Italia. La sua vita privata non è serena a causa della malattia della madre Ada (Giulia Lazzarini), un’ex insegnante di latino in pensione, della fine della relazione col suo compagno Vittorio (Enrico Ianniello), e delle inquietudini adolescenziali della figlia Livia (Beatrice Mancini). Inoltre, durante le riprese del film, Barry (John Turturro), un attore da lei diretto, mostra dei chiari disturbi di memoria. Unica persona cui appoggiarsi, che sembra darle conforto, è il fratello Giovanni (Nanni Moretti).
Non è un mistero che Moretti, nel corso del montaggio di Habemus Papam (2011), perse la madre. Quest’avvenimento rende Mia madre un lavoro innanzitutto profondamente autobiografico. Ma qual è il rapporto tra cinema e realtà, tra cinema e vita? Qual è la funzione del cinema? Sono le domande dalle quali sembra partire il regista, che ha anche scritto questo suo dodicesimo lungometraggio con Francesco Piccolo e Valia Santella. Moretti ha abituato noi spettatori all’alternanza di opere di denuncia civile, si pensi a Il Caimano (2006), con opere più intimiste, come La stanza del figlio (2001), cui probabilmente Mia madre maggiormente assomiglia. Nella figura di Margherita si proietta una certa intolleranza dell’autore romano nei confronti dei cliché cinematografici e del cinema ideologico. Ne emerge un’idea della settima arte come laboratorio narrativo, non necessariamente solo introspettivo e onirico, né per forza realistico. Quel che conta, sembra dirci Moretti, è la capacità di raccontare storie che ci facciano riflettere ed emozionare.
Il risultato non è un Moretti che va oltre Moretti, come pure a tratti parrebbe nelle intenzioni, ma piuttosto una riflessione sul proprio lavoro e su se stesso. Davvero suggestiva la scena che vede la nipote a fianco della nonna, entrambe impegnate nella propria lotta, la prima contro il latino, la seconda contro la morte.
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dinoroar
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lunedì 20 aprile 2015
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un lento affondo ...
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Un lento affondo …
Moretti & Moretti che impersona se stesso e l’alter ego nella figura della sorella, affonda la lama con lentezza e misura, distillando il dolore per l’inevitabile che si avvicina, tormentato dai dubbi ed i rimorsi di ogni figlio, diviso tra amore, nostalgia, disperazione, inadeguatezza, consapevolezza di non poter mollare. Un essere umano forte delle sue infinite incertezze mascherate, le sue passioni ed i suoi fallimenti, in bilico tra la maturità di un adulto impegnato ed il desiderio di riavvolgere il nastro di molti anni.
L’insostenibile “pesantezza” dell’essere, davanti agli impegni che distolgono dalle cose che sai essere fondamentali e non delegabili e che nonostante tutto sei costretto a delegare sapendo che questo porterà un inestinguibile senso di colpa.
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Un lento affondo …
Moretti & Moretti che impersona se stesso e l’alter ego nella figura della sorella, affonda la lama con lentezza e misura, distillando il dolore per l’inevitabile che si avvicina, tormentato dai dubbi ed i rimorsi di ogni figlio, diviso tra amore, nostalgia, disperazione, inadeguatezza, consapevolezza di non poter mollare. Un essere umano forte delle sue infinite incertezze mascherate, le sue passioni ed i suoi fallimenti, in bilico tra la maturità di un adulto impegnato ed il desiderio di riavvolgere il nastro di molti anni.
L’insostenibile “pesantezza” dell’essere, davanti agli impegni che distolgono dalle cose che sai essere fondamentali e non delegabili e che nonostante tutto sei costretto a delegare sapendo che questo porterà un inestinguibile senso di colpa.
Non c’è spettacolo ed anche la retorica è in buona misura evitata, considerando che alcuni passaggi sono inevitabili per una efficace narrazione. Un film che non sfocia in un urlo liberatorio di ribellione (inutile) contro l’ineluttabile, ma che più realisticamente annichilisce in un grido muto di profondo dolore, quello che ti cambia la vita ed il rapporto con la morte e, come è nella natura dell’essere umano, nel finale, davanti a tanto umano dolore e smarrimento, una piccola … gigantesca … frase di umana speranza.
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nexum
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mercoledì 22 aprile 2015
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moretti si è superato!
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Moretti si è arreso alla schiacciante logica della vita sociale e intima italiana e non solo. Questo film è un manifesto di estrema dolcezza che ritrae la vita del regista da sempre impegnato in tematiche sociali che ormai lo hanno sfibrato e deluso: in questo ruolo si vede un'eccellente Margherita Buy. Allo stesso tempo mostra tramite il legame materno e fraterno una dimensione introspettiva e intimistica che in una società come la nostra, in cui è tutto pubblico e mediatico, stride e pesa allo spettatore che ha comunque la possibilità di percepire in questo un cambiamento di strategia di lotta da parte di Moretti. Ora lui non è più il contestatore di una volta, ma non neppure diventato reazionario.
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Moretti si è arreso alla schiacciante logica della vita sociale e intima italiana e non solo. Questo film è un manifesto di estrema dolcezza che ritrae la vita del regista da sempre impegnato in tematiche sociali che ormai lo hanno sfibrato e deluso: in questo ruolo si vede un'eccellente Margherita Buy. Allo stesso tempo mostra tramite il legame materno e fraterno una dimensione introspettiva e intimistica che in una società come la nostra, in cui è tutto pubblico e mediatico, stride e pesa allo spettatore che ha comunque la possibilità di percepire in questo un cambiamento di strategia di lotta da parte di Moretti. Ora lui non è più il contestatore di una volta, ma non neppure diventato reazionario. Ha deciso che oggi la nostra vita sociale decisamente da cambiare, così come lo era vent'anni fa, può farlo solo partendo da un sistema di relazione affettive e valoriali che si assumono con lo scambio diretto tra persone, siano essi familiari, amici, colleghi. Una nota di merito va a John Turtutto che nei panni di Barry Huggins rende la vita dello spettatore un po' più leggera ma non pecca di banalità. Unica nota stonata del film sono le musiche che forse non sono all'altezza di un ottimo film.
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[+] bel sorpasso!
(di critico relativista)
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[+] film tedioso- prolisso ma con ottimi attori
(di marcobrenni)
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howlingfantod
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giovedì 23 aprile 2015
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l' 8 e 1/2 di moretti
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Per dare una lettura di questo film mi sento di rifarmi a due passaggi uno quasi all’inizio del film e uno semplicemente la scena finale: In uno dei primi spezzoni un grande John Turturro che interpreta il divo americano del film dentro il film di Moretti si avventura durante una cena su una terrazza romana in un minisaggio sul cinema e sul suo poter essere letto su piani diversi , io in poltrona dopo 20 minuti li avevo i intuiti questi piani pur chiamandoli diversamente, registri diversi, ma la sostanza non cambia: dice uno splendido Turturro nella parte di un divo americano, viziato pazzoide e tarantolato e sempre sul punto di esplodere che un film gira sempre intorno a piani diversi si avvita su se stesso si confonde e poi ritorna a sè stretto sulle storie, che è poi forse il senso del cinema e dell’arte, il piacere di narrare di stupire ed emozionare.
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Per dare una lettura di questo film mi sento di rifarmi a due passaggi uno quasi all’inizio del film e uno semplicemente la scena finale: In uno dei primi spezzoni un grande John Turturro che interpreta il divo americano del film dentro il film di Moretti si avventura durante una cena su una terrazza romana in un minisaggio sul cinema e sul suo poter essere letto su piani diversi , io in poltrona dopo 20 minuti li avevo i intuiti questi piani pur chiamandoli diversamente, registri diversi, ma la sostanza non cambia: dice uno splendido Turturro nella parte di un divo americano, viziato pazzoide e tarantolato e sempre sul punto di esplodere che un film gira sempre intorno a piani diversi si avvita su se stesso si confonde e poi ritorna a sè stretto sulle storie, che è poi forse il senso del cinema e dell’arte, il piacere di narrare di stupire ed emozionare. Questo fa il film, una specie di scrittura circolare e di piani contrapposti. C’è il piano del cinema dentro il cinema, c’è il sociale qui presente sottoforma della trama del film che la Buy (alter ego del vero regista) cerca di dirigere, un sociale così presente nello sfondo di tutto il cinema di Moretti in epoche passate magari più protagonista, ora in un Moretti più riflessivo, maturo e disincantato forse, intimista e/o metafisico, più rivolto all’ inquietudine e alle grandi domande sulla vita e sulla morte, c’è il piano familiare, gli affetti quelli più veri e profondi, di giovani uomini e donne cresciuti in famiglie “borghesi” con buone e sane relazioni, buone letture ed educazione alla bellezza, la famiglia dalla quale viene Moretti, ci sono anche ed come è normale che sia in alcuni di questi piani evidenti i contrasti che si palesano: L’ingegnere Giovanni che si può permettere di prendere l’aspettativa o addirittura licenziarsi dal lavoro per poter stare vicino alla mamma, (quale grande scelta) ma ad esempio gli operai a rischio di licenziamento del film dentro il film non se lo potrebbero permettere. C’è tutto l’autobiografismo di Moretti, la sua autoanalisi tramite i film e le sue vecchie e nuove ansie ed inquietudini dove tramite la sua arte cerca di rispondere per …liberarsene? C’è l’autocompiacimento auto-ruffianesco Morettiano, Turturro che dice alla Buy regista, “grande…grande grande, grande sensibilità” ( che poi Moretti la ha davvero a capire e mostrare certi moti più o meno silenziosi), c’è il cinema certo, c’è molto amore per il cinema nel film e non solo per il film dentro il film, ma anche le citazioni e gli omaggi, palesi e nascosti ad alcuni grandi maestri, ci sono i tic e le ossessioni del mondo del cinema, le sue nevrosi e gli inghippi di lavorazione, l’impossibilità di viverci e di uscirne fuori allo stesso tempo (Turturro il divo che dice di voler tornare nel mondo reale), il dolore per i cinema vuoti, (a proposito eravamo in due dico due, nella sala multiplex che stranamente passava il film che ho visto ieri), questo nella scena da contrappasso della interminabile fila all’ ingresso di un cinema, c’è anche in questo tutto l’autobiografismo di Moretti, il suo ruolo di cineasta, di artista che nella sua torre d’avorio ormai consapevolmente lontana dal poter essere in grado di raccontare “qualcosa” della società, sua la confessione di non esserne in grado, anche fosse anche solo per interpretarla e non per cambiarla (sono lontani i bei tempi dei girotondi) e qui appare l’analisi su sé stesso del regista Buy-Moretti la riflessione sul suo ruolo e sull’amor proprio ferito, nel copione nella scena dell’ex amante di Margherita al chiosco che le sputa in faccia il suo giudizio, amor proprio ferito forse proprio come ognuno di noi perso nelle proprie vicende umane e nascosti nelle nostre occupazioni, registi, come metalmeccanici, cicloamatori o avvocati o che ne so io e che una volta scavati e aperti a puntino ci appariamo fragili e indifesi e magari anche un pò bruttini.
L’altro passaggio è la scena finale che ci apre alla speranza comunque e allo stesso tempo è un grande atto di amore per la madre in un film che in fondo è sulla madre pur essendo molte altre cose:“Mamma a che pensi?” “ A domani” E’ la promessa di un altro capolavoro? È l’atto di amore più forte verso una madre che non c’è più e che qui parla con la voce del figlio…volendosela in questo modo sentire vicina ancora in qualche modo? Quella frase è comunque molte cose e in ogni caso una grande opera di elaborazione del lutto, grande lutto, grande film che un artista ha la fortuna di poter in modo così ardito e complesso e terribilmente semplice allo stesso momento potuto attuare, con amore e con arte
Accompagnare l’attore e il personaggio o qualcosa del genere dice Margherita, Moretti ha accompagnato se stesso ed un po’ c’è e un po’ ci fa come è normale che sia, parla di questa inquietudine come pure aveva fatto in Habemus Papam e del tema dell’inadeguatezza e del suo rappresentarla dopo averla sentita e vissuta ne ha fatta una occupazione, un arte, un lavoro, sfruttandola anche come una liberazione, da un lutto e da molte altre cose, ne ha fatto un film, un 8 e ½ in salsa tardomorettiana. Complimenti maestro. Noi intanto (a domani) aspettiamo, a dispetto della stanchezza, dei dubbi, del tempo che passa.
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(di howlingfantod)
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maumauroma
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giovedì 23 aprile 2015
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due film in uno
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DUE FILM IN UNO,APPARENTEMENTE INDIPENDENTI .IL PRIMO CON UNA MARGHERITA BUY IMPROBABILE REGISTA DI UN IMPROBABILE FILM SULLA LOTTA DI CLASSE TRA OPERAI E PADRONI,IL SECONDO SOTTILE,INTIMISTA,DISCRETO SULLA INEVITABILE MORTE DI UNA MADRE A LUNGO AMATA E NON COMPRESA.BANALI ALCUNE SCENE COME L'ALLAGAMENTO DELLA CASA DELLA REGISTA E MOLTE SCENE CON PROTAGONISTA UN JOHN TURTURRO FUORI RUOLO(VERAMENTE SPRECATO),MOLTO BELLE ALTRE,SOPRATTUTTO QUELLE CON PROTAGONISTA LA MADRE,GIULIA LAZZARINI E LA BRAVA NIPOTE.MOLTO BELLA L'ULTIMA SCENA.UN NANNI MORETTI MINORE A MIO AVVISO,CHE COMUNQUE CI FA SEMPRE RIFLETTERE E EMOZIONARE
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mister dp
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mercoledì 29 aprile 2015
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un’idea del mondo e un’idea del cinema
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Dopo averci instillato certezze, titillato le nostre compiaciute esistenze intellettualoidi, Moretti ci rende partecipi delle sue ansie e dei suoi dubbi attraverso un film sincero e commovente. Tenendo fede alla massima di Truffaut ci offre uno sguardo alla ricerca del senso perduto della vita e del cinema. Ci assesta un pugno nello stomaco e, questa volta oltre al cervello ci stimola anche emozioni più intime, personali. Dalla sala si esce un po’ malconci. Se qualche speranza sembra esserci per la vita, molte meno sembrano quelle per il cinema.
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maurizio meres
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venerdì 17 aprile 2015
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il grande patrimonio del cinema italiano
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Una cosa è sicura questo è un film che farà riflettere molte persone di tutte l'età sul significato della vita ,tutti abbiamo passato dei momenti tristi e nello stesso tempo liberatori ,e con una miriade di domande sul perché ,in tutti noi ci sono momenti di realtà vissuta e di finzione così com'è il cinema che in questo film si specchia in se stesso.
Moretti in uno scorrere di ricordi ed emozioni ripercorre alcuni momenti della sua vita,tristemente toccata nella realtà dalla perdita della madre ,nella sceneggiatura si sente tutta la sua sensibilità e la grande professionalità ,in un disagio personale ,una confusione mentale che rispecchia in pieno quello che oggi seppur nascondendo siamo,mancanza di fiducia verso gli altri,facili illusioni,correre sempre perché il progresso non aspetta non ammette distrazioni.
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Una cosa è sicura questo è un film che farà riflettere molte persone di tutte l'età sul significato della vita ,tutti abbiamo passato dei momenti tristi e nello stesso tempo liberatori ,e con una miriade di domande sul perché ,in tutti noi ci sono momenti di realtà vissuta e di finzione così com'è il cinema che in questo film si specchia in se stesso.
Moretti in uno scorrere di ricordi ed emozioni ripercorre alcuni momenti della sua vita,tristemente toccata nella realtà dalla perdita della madre ,nella sceneggiatura si sente tutta la sua sensibilità e la grande professionalità ,in un disagio personale ,una confusione mentale che rispecchia in pieno quello che oggi seppur nascondendo siamo,mancanza di fiducia verso gli altri,facili illusioni,correre sempre perché il progresso non aspetta non ammette distrazioni.
Come suo solito Moretti nei suoi film elogia e da un'immagine della cultura intesa come concetto di vita, libera da pregiudizi che lo spettatore attento riesce a percepire attraverso gesti,sguardi,e frasi ,è sempre in una interpretazione personale.
Tutto il film scorre benissimo con dialoghi semplici e concisi privi di falsità scenica ma totalmente disinvolti quasi reali .
Attori al di sopra delle parti iniziando dalla bravissima Margherita Buy,sempre più brava nei ruoli che rispecchiano la realtà con tutte le problematiche della quotidianità della vita questa volta interpreta una regista alla ricerca di stessa tra crisi esistenziali e soprattutto professionali con il dolore e le preoccupazioni sia per la madre malata e dei suoi problemi famigliari,la Lazzarini grande professionista recita teatralmente detta i tempi anche nelle pause ,Turturro e il personaggio che spezza durante il film i momenti di tensione con la sua ironica malinconia ,e con una personalità nell'adattarsi in più ruoli che lo contraddistinguono ottimo.
Moretti bravo sia come regista che come attore è sempre se stesso ,un regista che ci mette sempre del suo" questa volta molto evidenziato"e anche se non viene giustamente a volte capito ,egli fa del libero pensiero un credo di vita, non influenzabile ma con una grande sensibilità è una grande bagaglio socioculturale,personalmente non sono un suo accanito fans ma una cosa è certa egli fa parte del grande patrimonio cinematografico Italiano .
Complimenti.
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[+] a questo non si sfugge
(di alberto58)
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folignoli
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venerdì 24 aprile 2015
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attori superlativi
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Ma come si permettono certi utenti di scrivere recensioni così negative su questo film? Moretti racconta ciò che più drammatico avviene nella vita di un uomo: la morte della madre. Lo fa in maniera delicata e rispettosa, senza voler assurgere a protagonista e senza mercificare il suo dolore . Margherita Buy (come in molti hanno scritto) diventa Nanni. Impersona le contraddizioni e le filastrocche del pensiero Morettiano. Lei è lui e lui al contempo, riveste il ruolo del fratello più coscienzioso e padrone di se. È lui ( il Giovanni del film e non il Nanni reale) a farle capire che le parole poco comprensibili dei medici, stanno a significare che alla madre resta poco da vivere.
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Ma come si permettono certi utenti di scrivere recensioni così negative su questo film? Moretti racconta ciò che più drammatico avviene nella vita di un uomo: la morte della madre. Lo fa in maniera delicata e rispettosa, senza voler assurgere a protagonista e senza mercificare il suo dolore . Margherita Buy (come in molti hanno scritto) diventa Nanni. Impersona le contraddizioni e le filastrocche del pensiero Morettiano. Lei è lui e lui al contempo, riveste il ruolo del fratello più coscienzioso e padrone di se. È lui ( il Giovanni del film e non il Nanni reale) a farle capire che le parole poco comprensibili dei medici, stanno a significare che alla madre resta poco da vivere. È lui che nelle prime scene, porta la cena (quasi da ristorante) alla madre ricoverata in ospedale, mentre lei “nasconde” la cena che anch’essa le aveva portato.
È un film nel film. Come Fellini in 8 e mezzo, mentre il film che vediamo sullo schermo si avvia alla conclusione, quello girato dalla regista Margherita incontra numerosi problemi, tali da rendere dubbio il suo compimento. E i problemi arrivano da quel Barry (Turturro) che ha il compito di rallegrare un film molto triste. Barry (vedi Barry Lindon) è il protagonista del film nel film: egli dichiara che ha lavorato con Kubrick, ma in realtà non è vero. Fin dalla prima scena, (quando dorme su una panchina della stazione e quando si addormenta in macchina di Margherita) apprezziamo il personaggio caricaturale interpretato dall’ottimo Turturro. Subito dopo invita Margherita a farle compagnia nella stanza da letto. È sempre lui a creare problemi perché non si ricorda le battute. Il film scorre su due piani: quello grottesco di Turturro e quello melodrammatico della malattia della madre.
Personalmente la scena più bella e che mi ha fatto commuovere è stata quella in cui la figlia di Margherita, viene svegliata dal padre che parla al telefono. Dalle sue parole capisce che la nonna è morta. Si volta dall’altra parte e inizia a singhiozzare. Ecco, quella scena, di grandissima umanità, da sola vale tutto il film.
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[+] pienamente d'accordo
(di maurizio meres)
[ - ] pienamente d'accordo
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(di no_data)
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(di bebarenzimonini)
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flyanto
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venerdì 24 aprile 2015
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il proprio io di fronte ad una grave perdita
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L'ultima pellicola girata da Nanni Moretti è una pellicola autobiografica che parla dell'iter e del conseguente dolore provato dal regista stesso alla morte della propria madre avvenuta realmente nel 2010. Nel film il personaggio del regista Moretti è interpretato da Margherita Buy, ma questo poco importa ai fini della presentazione della sofferenza vissuta per un lutto così grave e la stessa Buy, pertanto, incarna tutte le caratteristiche, le paure, il dolore e persino le manie del vero regista romano.
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L'ultima pellicola girata da Nanni Moretti è una pellicola autobiografica che parla dell'iter e del conseguente dolore provato dal regista stesso alla morte della propria madre avvenuta realmente nel 2010. Nel film il personaggio del regista Moretti è interpretato da Margherita Buy, ma questo poco importa ai fini della presentazione della sofferenza vissuta per un lutto così grave e la stessa Buy, pertanto, incarna tutte le caratteristiche, le paure, il dolore e persino le manie del vero regista romano. Così si assiste al lungo percorso che la regista Buy/Moretti intraprende prima della dipartita finale della genitrice, alle sue molteplici visite in ospedale dove quest'ultima è ricoverata per seri problemi al cuore, alla sua assistenza psicologica, ai rapporti che ella intreccia con le persone varie (fratello, figlia, ex-marito, ultimo amante e colleghi vari del set cinematografico) nonchè al suo lavoro di regista che sta girando a Roma un film dalle non poche problematiche a causa di un attore bizzoso, ma anche tutto sommato simpatico, ed alla difficoltà della sua stessa realizzazione.
Qui Moretti in pratica "si prende quasi in giro" o, meglio, si mette a nudo completamente definendosi infatti un personaggio strano, nervoso, con le proprie manie e dunque con cui è difficile rapportarsi in generale. Anche nelle altre sue pellicole precedenti egli ha sempre più o meno esplicitamente parlato di sè e delle sue fobie, ma qui il ritratto è più diretto e riguarda un fatto personale che lo ha toccato ovviamente dal profondo e molto da vicino, pertanto l'immedesimazione, sebbene appunto la sua persona sia stata trasposta nella figura femminile della Buy (come quasi a volerne prendere le distanze) il ritratto è quanto mai chiaro che sia il suo personale in tutto e per tutto.
L'opera nel complesso risulta perfettamente riuscita poichè fortunatamente si risolve essere un rappresentazione asciutta e reale di particolari e quanto mai personali stati d'animo e senza fortunatamente inutili sdolcinature od edulcorazioni. La stessa materia del film è di per sè commovente e lo spettatore non può fare a meno che riflettere su dipartite di questo tipo riguardanti familiari strettissimi oppure, addirittura, rivivere vicende e sofferenze purtroppo già provate. Si evince che il film pertanto è quanto mai sincero e diretto da parte di Moretti e che da lui è stato particolarmente sentito e soprattutto voluto, quasi a voler "metabolizzare" un dolore sicuramente ancora vivo e, forse, non del tutto superato. Alcuni momenti ironici, per non dire comici (soprattutto per ciò che concerne le scene in cui appare l'attore americano John Turturro) servono a stemperare sapientemente un'atmosfera di per sè già molto pesante ed aiutano così a sollevarla in una maniera più leggera ma per nulla superficiale.
Ottimi tutti gli attori: da Margherita Buy che, appunto, interpreta il regista stesso in maniera alquanto credibile e vera, a l'anziana Giulia Lazzarini, direi, perfetta e toccante nella parte della madre ammalata del regista, sino al già sopra menzionato John Turturro, qui in una parte insolita per lui ma molto ben calzante di attore pieno di sè ed assai capriccioso, e Nanni Moretti stesso in quello del fratello della protagonista, ancehe lui profondamente toccato dal dolore ma sicuramente con reazioni differenti dalla sorella in quanto individuo più razionale e meno impulsivo di lei, benchè sempre, ovviamente, addolorato. Insomma, una coralità di interpretazioni che ben si amalgama e che contribuisce alla riuscita perfetta del'opera intera.
Da non perdere.
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maria f.
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domenica 26 aprile 2015
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evviva i buoni film!
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E’ un film dove il regista ha spaziato offrendoci molteplici situazioni e argomenti che si riferiscono alla vita di tutti giorni, gli spunti inducono lo spettatore a riflettere.
I protagonisti sono due fratelli, Margherita regista impegnata e molto esigente e Giovanni un ingegnere che ha preso un periodo di attesa sul lavoro per assistere la loro madre Ada malata di cuore.
La storia parte da questo trio centrale e poi a ventaglio si dipana tutta una serie di temi che riguardano questi personaggi sia nella veste di genitori, figli, amanti, lavoratori, datori di lavoro, sono presi in considerazione i loro rapporti con i congiunti e con tutte quelle persone con le quali per forza di cose sono in contatto.
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E’ un film dove il regista ha spaziato offrendoci molteplici situazioni e argomenti che si riferiscono alla vita di tutti giorni, gli spunti inducono lo spettatore a riflettere.
I protagonisti sono due fratelli, Margherita regista impegnata e molto esigente e Giovanni un ingegnere che ha preso un periodo di attesa sul lavoro per assistere la loro madre Ada malata di cuore.
La storia parte da questo trio centrale e poi a ventaglio si dipana tutta una serie di temi che riguardano questi personaggi sia nella veste di genitori, figli, amanti, lavoratori, datori di lavoro, sono presi in considerazione i loro rapporti con i congiunti e con tutte quelle persone con le quali per forza di cose sono in contatto.
Si racconta la fatica della vita, la difficoltà di dover far collimare tutti gli impegni sia privati che di lavoro cercando di ottimizzare e non trascurare nulla e nessuno, e i pensieri e i sentimenti che affollano il cuore e la mente e la necessità di doverli controllare, perché un adulto maturo, ha la responsabilità di cercare di non lasciarsi andare e rassicurare tutti.
Nella vita, ognuno deve combattere con la propria fragilità e spesso ciò ci fa sentire inadeguati.
Lottiamo affinché la nostra disistima non affiori in modo così prioritario da renderci incapaci di affrontare le situazioni più banali, i nonnulla quotidiani, che ci sovrastano come montagne e che possono toglierci l’entusiasmo e la forza di fronteggiare la vita: problemi con i figli, questioni lavorative, rapporti interpersonali.
Perché Moretti ha voluto chiamare quest’opera “Mia madre”?
In un primo momento sono rimasta confusa, perduta, poi ho riflettuto, francamente ho faticato ad agguantare, a individuare la spiegazione che ogni volta sembrava volermi sfuggire.
Gli interventi di Ada sono pochi ma essenziali, decisivi per la comprensione del film.
Poche battute, che hanno dato però il nocciolo, la sostanza, la risposta al perché Moretti ha voluto dare questo titolo al film.
I nostri genitori, nonni, (non tutti a dire il vero), ci trasmettono valori, autentici pilastri a sostegno della nostra vita. Se prestiamo attenzione alle loro parole, al loro comportamento, possiamo avvalerci del loro esempio che servirà per fortificarci ed esplorare la realtà anche quando seduti sullo scomodo strapuntino, ultimo posto a noi assegnato dalla vita.
Da Ada, Margherita, Giovanni ma anche la giovane nipote Livia, potranno raccogliere un’eredità fatta di modelli di comportamenti, segni di un’esistenza pienamente vissuta con piglio, dignità, fierezza e soprattutto con tanta generosità e avranno come patrimonio e insegnamento:
Il desiderio di continuare, ma anche la consapevolezza che non sempre basta la volontà per andare avanti e quindi bisogna accettare i propri limiti (mi riferisco alla scena in cui Ada chiede a Margherita di aiutarla a scendere dal letto e a condurla alla vicina sedia a rotelle che distava solo tre passi, ma si rende conto di non potercela fare);
L’esigenza di indagare, verificare, impegnarsi in una ricerca approfondita che porterà a una scelta più corretta;(alludo alla scena in cui Ada aiuta Livia in una versione dal latino suggerendole di non fermarsi mai al primo significato, all’accezione iniziale di un verbo sul vocabolario);
l’appetito di progettare per il futuro prossimo (a questo proposito è molto efficace la scena in cui Margherita le chiede a cosa stesse pensando e la risposta immediata di Ada è stata: “A domani”).
Film ricco di situazioni e considerazioni profonde, ogni battuta, mi è sembrata degno elemento di analisi. Grazie a tutti.
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